Vietnam: lo strano caso dei pesci morti

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All’alba della nuova legislatura il Vietnam si è svegliato con un forte dolore allo stomaco. In alcune provincie del Vietnam Centrale il popolo del dragone si sta confrontando con uno dei più grossi incidenti ambientali mai capitati alla nazione. Passato più di un mese restano ancora dubbie le cause che hanno prodotto il disastro ma effettive e sempre più preoccupanti sono le problematiche e le conseguenze che stanno affiorando nell’area centrale del paese.

Il fatto. Lo scorso 6 aprile, lungo le coste della provincia di Ha Tinh, i pescatori locali si sono trovati di fronte ad un fenomeno anomalo per quello che concerne l’ecosistema marino della zona: migliaia di pesci morti rinvenuti sulle rive delle proprie spiagge. Il numero delle segnalazioni sono progressivamente aumentate nelle settimane seguenti coinvolgendo anche le comunità che vivono nelle tre province a sud di Ha Tinh. In poco tempo la portata di questo disastro ha assunto livelli considerevoli diventando un fatto d’interesse nazionale. Verso fine aprile le autorità vietnamite hanno parlato di perdite settimanali, per la sola provincia di Ha Tinh, che si aggirano attorno ad un valore di 200.000 dollari ed un danno ambientale inestimabile a ragione della perdita di rarissime specie di pesci e piante marine. A tali privazioni va poi sommato il disagio socioeconomico che si sta generando nelle comunità che vivono nella zona. Per molte famiglie locali la filiera ittica è un’importantissima fonte di auto-sostentamento e di guadagno. In queste settimane si sta mettendo in seria crisi l’equilibrio dell’area in quanto sta venendo a meno la possibilità per i pescatori di portare avanti le proprie attività. Un settore dell’economia nazionale, quello ittico, che negli ultimi anni ha sempre avuto una bilancia commerciale in attivo e permesso al Vietnam di guadagnare nell’ultimo anno 6.6 miliardi in esportazioni.

La preoccupazione tangibile del fenomeno è amplificata dall’incertezza informativa che sta ruotando attorno l’incidente. Tutt’ora il Paese sta cercando di capire quale sia il motivo che ha portato a questa situazione. Rimangono tutt’ora sospese le cause, le modalità d’intervento e soprattutto i tempi di riassestamento.

Ufficialmente, l’ipotesi accreditata dal Ministro dell’Ambiente Tran Hong Ha, suggerisce che la morte dei pesci sia dovuto ad un insieme di concause dovute alla mano dell’uomo (reo di aver immesso sostanze tossiche, in particolare fertilizzanti, nel mare) e a delle risorgenze di alghe cresciute eccessivamente a causa dell’eutrofizzazione dell’acqua (dovuta proprio ai fertilizzanti), le quali avrebbero impoverito di ossigeno l’acqua. Per molti questa ricostruzione dei fatti non è credibile e sostengono che sia condizionata da interessi politici ed economici che non permetterebbero di svelarne la verità. La seconda ipotesi, che inizialmente pareva essere percorsa anche dalle autorità nazionali, riconduce l’incidente alla mala gestione del sistema di scarico di un’acciaieria sino-taiwanese dislocata in una zona economica speciale proprio nella provincia di Ha Tinh.

Secondo questa tesi la colpa sarebbe della Hung Nghiep Formosa Ha Tinh Steel Corp una sede staccata della Taiwan-based Formosa Plastics Group che avrebbe scaricato dolosamente in mare sostanze chimico-velenose distruggendo in questo modo l’ecosistema marino dell’area. A dar forza a questa idea vi sono la morte per avvelenamento di un subacqueo che stava eseguendo un lavoro appaltato dall’azienda (altri cinque colleghi sono finiti in ospedale) e le parole di un delegato della società che il 25 aprile in un’intervista alla VTC, una televisione vietnamita, ha dichiarato: “prima di acquisire l’area, abbiamo avvisato i pescatori locali di cambiare il proprio lavoro. Ma nonostante la nostra raccomandazione, i pescatori hanno continuato a pescare. Molte volte nella vita, le persone devono fare una scelta: pescare e vendere i propri prodotti o sviluppare l’industria siderurgica. Non possiamo avere entrambi”. La smentita da parte della società è stata tempestiva ma ha rinvigorito il raggruppamento che sostiene quest’ipotesi. Oltretutto la stessa società non gode di buona fama nel campo del rispetto ambientale. Nel 2009 la Taiwan-based Formosa Plastics Group ha vinto il Black Planet Award istituito dalla fondazione tedesca Ethecon dopo aver commesso dei reati ambientali negli Stati Uniti ed in Cambogia.

A causa di questo incidente e delle informazioni ufficiali ed ufficiose, si sta ampliando la frattura tra classe manageriale e parte della società civile. Numerose sono le proteste esplose ad Hanoi, Ho Chi Minh City e Da Nang nelle quali il governo ha risposto incarcerando alcuni attivisti.

Sui social network molti vietnamiti, alla domanda del delegato della Hung Nghiep Formosa Ha Tinh Steel Corp, stanno rispondendo con un perentorio “io scelgo di pescare” e non mancano denunce e critiche sia alla multinazionale che al governo. L’incidente di Ha Tinh non è un caso isolato (situazioni simili sono successe questa primavera a Than Hoa e nel fiume Dong Nai) ma sta diventando il simbolo di un malessere generalizzato nella società civile, sempre più critica di un modello di sviluppo economico intensivo che se negli ultimi due decenni ha indirizzato la crescita del Paese, oggigiorno sta iniziando a mostrare i suoi lati negativi. La tutela ambientale sta diventando sempre più pressante e sempre più invocata dalla società civile vietnamita. Accanto agli incidenti ambientali, in questa direzione vanno le proteste generate dalla costruzione di grandi infrastrutture come le dighe sul fiume Mekong. Edificate in nome dello sviluppo, nell’ultimo anno sono oggetto di dibattito per loro incidenza sulla scarsità di acqua nei rami del delta del fiume. Una sfida difficile per il nuovo governo in carica, anche alla luce delle conseguenze del cambiamento climatico: non solo il Nino sta portando siccità su tutto il Sud Est Asiatico, ma anche la questione dell'innalzamento del livello del mare, sono pressioni globali che se sommate alle questioni locali, fanno capire la gravità e l'urgenza di costruire una posizione chiara ed autorevole da parte del governo nel campo della pianificazione territoriale e della tutela ambientale.

Armin Wiedenhofer e Luca Penasa da Gtvonline.org

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