Venezia. Darsi un limite

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Quando una giornata era tersa, limpida, una volta, di mattino presto, era possibile scorgere da una cima delle Dolomiti, prima del mare, il campanile di San Marco. Ora non più. Le ciminiere delle industrie, i camini delle navi da crociera lo sovrastano.

Ce l’ha raccontato nei particolari la prima puntata di Off the report su Rai 3. Venezia è il primo porto capolinea europeo per le crociere. Ogni anno approdano 650 grandi navi. Con la loro imponenza sovrastano i palazzi storici della città e con il moto ondoso li danneggiano.

Ma non sono solo i palazzi a risentire delle politiche onnivore che non riescono a darsi un limite ma tutto l’ecosistema lagunare.

Aria. V’è Mal’aria a Venezia. Parola di Legambiente. Nei pressi delle navi ad undici piani di altezza e relative ciminiere come tubi di scappamento i valori delle PM10 dell’intera città sono borderline rispetto al limite fissato.

Silenzio. Sotto inchiesta anche l’inquinamento acustico. In città il rumore è sempre fuori legge. Oltre i limiti concessi i decibel registrati, tre giorni su tre, sia di giorno che di notte. La città ove scrissero Goldoni, Casanova, Foscolo, Shakespeare, Mann, Pound, Sollers, Pratt con il suo Corto Maltese non c’è più: come possono ispirarsi nel frastuono i giovani promettenti?

Acqua. “Porto Mar­ghera è il sito più inqui­nato d’Ita­lia. L’inquinamento del petrol­chi­mico ha ricadute su un eco­si­stema deli­ca­to come la laguna che ospita riserve natu­rali dello Stato, un sito Une­sco e dista poche cen­ti­naia di metri da Vene­zia. Secondo Ste­fano Leoni, Pre­si­dente del WWF Ita­lia, con il d.l. 201/2011, il cosid­detto decreto ‘Salva Ita­lia’, è stata appro­vata una dispo­si­zione che permette di evi­tare la boni­fica ricor­rendo a quella ope­ra­zione defi­nita ‘Messa In Sicu­rezza Ope­ra­tiva’ (MISO), anche nel caso in cui i siti siano stati abban­do­nati. Insomma, il rilan­cio di Porto Mar­ghera, dun­que, sem­bra ispi­rarsi più al prin­ci­pio: “chi inquina, vince” che al prin­ci­pio di deri­va­zione comu­ni­ta­ria: “chi inquina, paga”.

Pesci. Inutile dire che il Mose stia devastando, per salvare Venezia che sta affondando più in fretta del previsto, i fondali di mare nostrum. Un male necessario, forse, benché, come emerge dalle inchieste di Report, il progetto pare favorisca e non rallenti lo scivolamento: intanto i fondali sono minacciati dai motopescherecci “turbosoffianti”. Queste imbarcazioni si dedicano alla pesca della vongola utilizzando la “Draga Idraulica” e, quindi, aria compressa per scavare il fondale e far entrare il materiale da prelevare nella gabbia di setaccio. Il trascinamento all’indietro della gabbia, con l’ancoraggio della barca ed il traino con verricello, consente alla draga di setacciare la totalità dei materiali superficiali presenti lungo il fondale attraversato. Molti autori (in pdf - Brambati - Giovanardi e Vaccarella) dimostrano che la pesca con draga idraulica può essere indicata come la principale causa della modificazione dei fondali marini.

Uccelli. L’Oasi di Cà Roman, che si trova nella parte meridionale di Pellestrina, rinomata per la nidificazione di diversi uccelli, sta risentendo molto dei lavori e dei ritardi del Mose. Accanto, nell’ex colonia delle suore Canossiane, verrà costruito un complesso “turistico balneare” con 84 nuove villette pari a 24 mila metri cubi di nuovi edifici. La Lipu di Venezia, il coordinamento delle associazioni ambientaliste del Lido e l’associazione “Tra mare e laguna” hanno presentato al sindaco una valanga di osservazioni per fermare lo scempio.

Uomini. Accenno solo a disabili, ciclisti e pedoni. Se arrivano dalla stazione centrale di Venezia e vogliono prendere un traghetto per percorrere la bellissima ciclovia E5 devono scavalcare il ponte di Calatrava. Il “capolavoro” costruito tra errori, ritardi e costi raddoppiati costa alla comunità veneziana 300.000 euro anno per il monitoraggio di colui che volle sfidare le leggi della fisica. Si sta infatti allargando. È vietato ai ciclisti con bici a mano, ai disabili, ai zoppi o mamme in carrozzina. Solo in seguito, per le lamentele delle associazioni, venne affrontata la questione accessibilità, con una nuova soluzione – non ancora pienamente realizzata – che propone una cosiddetta “ovovia” tipo impianti sciistici a latere del ponte. Raggiunto piazzale Roma, una piccola impresa, per andare in bicicletta ai traghetti per il Lido si devono attraversare rotatorie e cavalcavia ove le ciclabili appaiono e scompaiono tra un traffico insopportabile; tutti vogliono arrivare con l’auto sino all’autorimessa che sta sul Canal Grande, mentre i treni che arrivano attraverso il ponte parallelo sono vuoti. Follia umana.

Scrive Elena Grimaldo sul sito Report della Gabanelli: la verità è che Venezia è come un merletto o un vaso di vetro di Murano non contraffatto. Ha la preziosità e l’incanto della fragilità.

Diamoci un limite

Fabio Pipinato

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