Lo stato di New York cancella il fracking!

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L’oro nero non passa mai di moda, soprattutto negli Stati Uniti! Secondo i dati del Fiancial Times rilanciati dal settimanale Internazionale ad agosto sono stati estratti 8,87 milioni di barili di greggio a stelle e strisce al giorno, poco meno dell’Arabia Saudita (9,7 milioni) e della Russia (10,1 milioni). Come mai? Nel corso del 2014 l’industria petrolifera statunitense è stata trasformata dalla cosiddetta “rivoluzione dello scisto”, l’estrazione del petrolio intrappolato in particolari rocce sotterranee, grazie alla tecnica del fracking o fratturazione idraulica, che permette di liberare, attraverso l’immissione di liquidi che creano delle spaccature nelle rocce e/o dei micro-sismi, il gas o il petrolio che a questo punto può essere immagazzinato e avviato alla raffinazione. L’aumento del prezzo del greggio rispetto al decennio scorso ha reso queste tecniche di estrazione più evolute e convenienti tanto che molti pozzi in Texas e North Dakota sono tornati produttivi.  Fin qui tutto bene, se non fosse che questo “liquido da fratturazione idraulica” è una miscela di acqua, sabbia e un cocktail di prodotti chimici tossici che ha pesanti conseguenze sul terreno e sulle falde acquifere

Così dopo la Florida, che la scorsa estate grazie alla campagna Florida Panther degli ambientalisti del Sierra Club, Conservancy of Southwest Florida, Preserve our Paradise e South Florida Wildlands Association è riuscita a bloccare le trivellazioni petrolifere nelle Everglades e Big Cypress Watersheds, preservando l’habitat del puma della Florida (che qui chiamano pantere), ora è toccato allo stato di New York dire no al fracking avviando la procedura per vietarelo nel suo territorio. Lo studio “A Public Health Review of High Volume Hydraulic Fracturing for Shale Gas Development” (.pdf) pubblicato lo scorso 17 dicembre ha stroncato il fracking rilevando che, seppure i rischi diretti per a salute pubblica non siano eccessivi, “il processo estrattivo potrebbe inquinare molte falde acquifere di New York”, mentre il vantaggio economico per lo Stato sarebbe “nettamente inferiore alle previsioni iniziali”.

Il commissario alla salute di New York, Howard Zucker ha sottolineato che lo staff del suo dipartimento ha lavorato per 4.500 ore complessive alla public health review e per compilare tutta la ricerca peer-reviewed sui potenziali effetti sulla salute del fracking. “Le domande a cui vorremmo dare una risposta sono: l’acqua che bevo è sicura? L’aria che respiro è sicura? Posso coltivare ortaggi nel mio giardino? Quali sono gli effetti sulle riserve di acqua potabile dei 9 milioni di persone a New York? Quel che abbiamo trovato è una mancanza di studi a lungo termine per prendere una decisione consapevole. La linea di fondo è che non abbiamo prove definitive per provare o confutare le affermazioni sugli effetti negativi sulla salute. Ma tutte insieme le preoccupazioni ci danno un buon motivo per essere scettici”. A domanda diretta Zucker, non ha però usato mezzi termini: “Vorrei vivere in una comunità con il fracking? In base alle informazioni che abbiamo adesso, dopo aver esaminato la pletora di rapporti, la mia risposta è no. Non posso appoggiare un elevato volume di fratturazione idraulica nel grande Stato di New York”.

Così dopo aver presentato i risultati di questo esaustivo studio durato 5 anni sui potenziali effetti del fracking sulla salute pubblica, l’ambiente e l’economia, il commissario del Department of Environmental Conservation dello Stato, Joseph Marten, ha detto che verrà emessa una “Dichiarazione giuridicamente vincolante sui risultati”, per arrivare in breve tempo ad un più stringente divieto. Descrivendo i risultati del rapporto, Marten ha anche dipinto un quadro con grandi rischi e pochi benefici. “I potenziali impatti negativi sono ampi ed estesi, compreso l’aumento del traffico di camion e gli incidenti, il potenziale inquinamento dell’aria e dell’acqua e l’incapacità delle piccole comunità di affrontare gli enormi costi delle misure di sicurezza”. Marten ha anche citato i divieti proposti o già in atto a New York, tra cui il “legal game changer”, frutto di una recente sentenza della Corte d’appello di New York che consente alle amministrazioni locali di vietare il fracking in alcune aree. “Con una tale decisione che limita la ricerca di petrolio con questa tecnica se vicino a falde acquifere e nei parchi statali, circa 7,5 milioni di acri e il 63% del Marcellus Shale, sarebbero già off limits al fracking” ha concluso il commissario dello Stato. 

Di fatto la decisione rappresenta una “continuità” più che una novità, visto che nello Stato di New York è già in atto dal 2008 una moratoria anti-fracking ed il governatore democratico Andrew Cuomo ha sempre detto che non avrebbe mai preso in considerazione l’abolizione del divieto fino a che non fosse stata completata l’indagine sui possibili impatti sull’ambiente e sulla salute. La sua posizione sulla fratturazione idraulica era riassumibile nella frase “Non sono uno scienziato”, che ha ripetuto anche durante la presentazione del rapporto, lasciando agli esperti quella valutazione finale negativa sull’impatto del fracking per lo Stato della Grande Mela. Gli ambientalisti esultano, per un risultato confermato anche nei fatti: 170 città e paesi dello Stato di New York hanno già votato divieti e moratorie al fracking. Una speranza per la salute e l’ambiente a stelle e strisce nel 2015.

Alessandro Graziadei

Alessandro Graziadei

Sono Alessandro, dal 1975 "sto" e "vado" come molti, ma attualmente "sto". Pubblicista, iscritto all'Ordine dei giornalisti dal 2009 e caporedattore per il portale Unimondo.org dal 2010, per anni andavo da Trento a Bologna, pendolare universitario, fino ad una laurea in storia contemporanea e da Trento a Rovereto, sempre a/r, dove imparavo la teoria della cooperazione allo sviluppo e della comunicazione con i corsi dell'Università della Pace e dei Popoli. Recidivo replicavo con un diploma in comunicazione e sviluppo del VIS tra Trento e Roma. In mezzo qualche esperienza di cooperazione internazionale e numerosi voli in America Latina. Ora a malincuore stanziale faccio viaggiare la mente aspettando le ferie per far muovere il resto di me. Sempre in lotta con la mia impronta ecologica, se posso vado a piedi (preferibilmente di corsa), vesto Patagonia, ”non mangio niente che abbia dei genitori", leggo e scrivo come molti soprattutto di ambiente, animali, diritti, doveri e “presunte sostenibilità”. Una mattina di maggio del 2015 mi hanno consegnato il premio giornalistico nazionale della Federazione Italiana Associazioni Donatori di Sangue “Isabella Sturvi” finalizzato alla promozione del giornalismo sociale.

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