Legambiente: pesticidi nel 45% della frutta in vendita in Italia

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Il 46% della frutta in vendita in Italia risulta ancora contaminata da pesticidi, mentre per la verdura la percentuale si riduce al 15%, ma aumentano i rilevamenti di sostanze chimiche nei derivati e permangono alcuni casi eclatanti di prodotti con presenza contemporanea di numerosi principi attivi, laboratori che effettuano controlli esigui, regioni come Calabria e Molise che dichiarato di non aver svolto analisi e casi di presenza di sostanze vietate da molti anni. Sono questi, in sintesi, i dati del rapporto "Pesticidi nel Piatto 2006" di Legambiente, l'indagine annuale che raccoglie ed elabora i risultati delle analisi realizzate dai laboratori pubblici di Asl, Arpa e Istituti Zooprofilattici italiani, sui residui di pesticidi nei prodotti ortofrutticoli.

"Il miglioramento, anche se lieve, delle analisi - afferma Francesco Ferrante, direttore di Legambiente - dimostra come anche grazie alle nostre insistenti denunce, sia aumentata negli anni la sensibilità delle istituzioni e dei consumatori, ma soprattutto degli operatori del settore e delle associazioni agricole che hanno fortemente contribuito a ridurre l'uso della chimica in agricoltura". Molto però rimane da fare: "Permane - riprende Ferrante - un grave buco normativo per il quale chiederemo alle associazioni agricole e dei consumatori di contribuire ad un nuovo testo di legge che consideri i multiresidui e i loro effetti sull'organismo umano a partire da quello dei bambini, visto che anche nuovi e rigorosi studi dimostrano la loro maggiore sensibilità agli effetti sanitari dei pesticidi".

"E' bene ricordare che l'Italia non si è ancora dotata di un piano di riduzione dell'uso di pesticidi - sottolinea Sofia Parente, coordinatrice del Pesticide Action Network Europe di Londra - E' questo uno degli obiettivi del PAN Europe, di cui Legambiente è membro effettivo, e con la quale cercheremo di mettere in atto delle azioni in questo senso, come già accade in molti paesi europei".

Da segnalare l'esiguità dei controlli della Puglia, della Basilicata e dell'Abruzzo; bandiera nera meritata da Calabria e Molise che addirittura dichiarano di non aver effettuato alcun controllo. Va ricordato che le analisi meno positive, quelle cioè con un maggior numero di campioni irregolari o con residui, non stanno ad indicare le regioni "peggiori" ma solo quelle che conducono le analisi con maggior precisione e completezza, anche perché i campioni analizzati sono stati prelevati tra quelli in commercio e possono provenire da ogni luogo d'Italia e dall'estero.

Da segnalare inoltre l'aumento dei controlli sui prodotti biologici, ma malgrado il numero dei campioni sia aumentato rispetto alla scorsa indagine (431 campioni rispetto ai 279 del 2005), sono ancora pochissime le regioni che effettuano queste analisi in maniera utile e significativa come fanno soprattutto l'Emilia Romagna e il Piemonte. La lettura dei dati forniti è in generale positiva, con pochi casi di irregolarità, dei quali però non viene specificata la causa.

Per quanto riguarda invece la contaminazione genetica delle colture convenzionali e biologiche, commentando le recenti conclusioni del Consiglio Ue che considerano non necessaria, per il momento, una legislazione di armonizzazione europea sulla "coesistenza" Legambiente sottolinea che "non viene riconosciuto il diritto dei governi nazionali e delle regioni di istituire aree ogm-free al fine di prevenire tale contaminazione" e chiede all'Italia di assumere la leadership per ottenere dalla Ue una normativa rigorosa che scongiuri il rischio di contaminazione tra colture transgeniche e convenzionali. [GB]

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