La nuova ecologia: racconta la Rifiuti Connection

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Legambiente racconta, nel numero di "La nuova ecologia" in edicola, la storia della nazionale tresca dei rifiuti.
I traffici illegali di rifiuti pericolosi costituiscono, attualmente, uno dei settori di maggiore interesse di un'ampia varietà di soggetti che si muovono nell'illegalità, non solo in Italia, ma anche a livello internazionale. Nonostante le dimensioni globali di questo mercato, ben poche sono le conoscenze sulle dinamiche e i fattori di espansione di un business che è stimato attorno ai 12-15 miliardi di euro.

Il Gruppo Abele, in collaborazione con Legambiente e con l'associazione spagnola Gepec, ha appena concluso uno dei primi progetti europei di ricerca sul fenomeno dei traffici illegali di rifiuti, nell'ambito del Programma Falcone promosso dalla Commissione Europea. Attraverso un'attenta ricostruzione di una serie di casi concreti di traffico e di cattiva gestione di rifiuti pericolosi in Italia e Spagna, i ricercatori sono giunti a definire un quadro allarmante, caratterizzato dalla presenza non solo di ecomafie più tradizionali, ma anche di imprese legali, rispettabili uomini d'affari, funzionari pubblici corrotti, operatori del settore, mediatori, faccendieri, tecnici di laboratorio, ditte di trasporto e così via.
Il rapporto finale (titolo: "Il traffico illegale di rifiuti in Italia"), oltre che fornire un'accurata analisi del fenomeno, offre suggerimenti concreti su quali siano gli indicatori di rischio e le migliori pratiche in questo ambito. E propone una serie di raccomandazioni concrete su come fare a combattere il fenomeno in modo efficace e, soprattutto, su come prevenirlo.

Facciamo alcuni esempi: lo scenario del delitto è la Campania, più che mai pattumiera del Belpaese; nell'ambito dell'operazione dei Carabinieri denominata "Re Mida" (perché si trasformano i rifiuti in oro!) si è scoperto che circa 40 mila tonnellate di rifiuti, di ogni tipo, speciali, nocivi ma anche semplice immondizia urbana, finivano, partendo da Milano, alla periferia nord di Napoli. Il giro d'affari interessato era di circa 3 milioni e oltre di euro, con un'evasione fiscale pari a circa 500 mila euro. Diciannove persone sono state arrestate, 20 impianti di trattamento, compostaggio e stoccaggio sono sequestrati in mezza Italia.
Grazie a un giro di bolle falsificate e a certificati di analisi artefatti da laboratori compiacenti, i rifiuti tossici o speciali erano spacciati per terriccio da bonifica e finivano ad avvelenare falde acquifere e campi coltivati.
Gli sversamenti sono stati filmati da una videocamera del Nucleo Ecologico dell'Arma. I danni ambientali adesso sono difficili da calcolare.

Altro caso eclatante l'assalto alla Murgia: i fanghi tossici erano sversati come compost sui terreni agricoli, le cave dismesse adibite a discariche abusive, le cavità carsiche invase da ogni genere di pericolosa schifezza.
Questi sono i segni di un baratto decennale: l'integrità del patrimonio ambientale unico dell'Alta Murgia contro profitti rapidi e devastanti per pochi, incassati da agricoltori senza scrupoli né legge che hanno accettato di spalmare sulla loro terra fanghi maleodoranti, mescolati a scarti ospedalieri e di vario genere.
I rifiuti speciali erano spacciati per compost, con un semplice ritocco dei documenti di trasporto.

L'anello debole, ormai è chiaro, della catena sono soprattutto i fanghi di depurazione, in particolar modo il refluo industriale: infatti è facile riuscire a eludere le norme sullo smaltimento di questi fanghi e dei fertilizzanti e a provocare un gravissimo danno all'agricoltura.
Lo si deduce dalle quantità pericolosamente elevate di cromo, piombo e zinco presenti nei campioni prelevati su ben 350 ettari inquinati nell'ambito dell'inchiesta "Re Mida", in Campania.
Si colleziona di tutto in questa teoria degli orrori ambientali: depositi abusivi, discariche a cielo aperto, inghiottitoi invasi di pneumatici , rifiuti pericolosi dentro le neviere dismesse, oppure le lame, le doline e le varie cavità carsiche, riempite di carcasse di animali e di auto, provette di sangue o batterie d'auto o pneumatici industriali e agricoli.

Ancora sono state ritrovate ingenti quantità di rifiuti tossici illegalmente smaltiti nei dintorni dell'Enichem di Priolo (in Sicilia), seppelliti proprio sotto l'area accanto agli uffici. Accade laddove i cittadini già temono fortemente per le falde inquinate da idrocarburi, per la diossina ritrovata presso l'Enel di Augusta, in presenza di troppe nascite di bimbi deformi e in considerazione di elevati tassi di mortalità per tumore.

Per tutte queste pratiche pericolosissime e illegali, alla fine, pagano sempre i normali contribuenti, perché, ironia tragica della sorte, non si riesce quasi mai a ottenere un risarcimento in denaro serio da chi (anche laddove individuato e processato) è autore e colpevole di questo scempio.

Spesso le bonifiche sono tecnicamente impossibili, spesso le falde sono già compromesse quando si decide di intervenire, spesso i terreni si vendono 8anche a amministrazioni pubbliche) a prezzi di mercato prima che emergano i danni e gli avvelenamenti.
Così anche sotto i cantieri (ancora la folle ironia della sorte) della Tav (l'alta velocità ferroviaria) stanno venendo alla luce i reperti di una sorta di eco-archeologia che fotografa una realtà delittuosa e terribile dell'Italia nell'ultimo mezzo secolo.
Oggi rimangono decine e decine di discariche abusive, i siti inquinati e le aree contaminate riemerse durante i lavori: la povera eredità del boom all'italiana: violare la legge, deturpare il territorio, mettere in pericolo la nostra salute e quella degli altri animali.

L'articolo termina con un invito deciso: "Serve un risveglio dello Stato e della società civile, per smuovere le coscienze ormai impietrite dall'abitudine alla paura e per far rinascere quella speranza che è l'unico antidoto alla rassegnazione."[MDT]

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