26 aprile: a vent'anni dal disastro di Cernobyl

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Il 25 aprile Legambiente sarà davanti alla centrale nucleare, con la sua nutrita delegazione in partenza dall'Italia il 24 aprile, per manifestare insieme alla popolazione locale perché non ci sia un'altra Cernobyl. Legambiente è in Ucraina dal 24 al 27 aprile, per richiamare l'attenzione sulla situazione tuttora difficile delle zone contaminate e sulla necessità di un intervento della comunità internazionale per la messa in sicurezza del reattore. E propone per il 26 aprile un minuto di silenzio nelle scuole per ricordare la catastrofe nucleare di Cernobyl e di spiegare a chi ha meno di vent'anni o è troppo giovane per ricordarlo il significato di quell'immane disastro ambientale.

"A vent'anni dal peggior disastro della storia del nucleare civile - ha dichiarato Roberto Della Seta presidente nazionale Legambiente - è tempo di bilanci e riflessioni. È utile per evitare altre Cernobyl spiegare a chi ha meno di vent'anni cosa è stato e cosa ha significato quella catastrofe. Una sensibilizzazione sicuramente maggiore andrebbe invece indirizzata ai governi: nonostante la pressione del mondo ambientalista e la storica vittoria nel referendum, contro il nucleare non è stata avviata in questi anni su scala nazionale e internazionale né una politica di risparmio energetico né una politica di investimento nelle fonti rinnovabili che possano definirsi tali. Nel ricordo delle vittime di quella tragedia - ha concluso Della Seta - ma soprattutto per il futuro di quei bambini che da anni Legambiente ospita in Italia, vorremmo che il ventennale dell'incidente nucleare sollecitasse un un ulteriore cambiamento di rotta".

La manifestazione in Ucraina chiuderà le iniziative organizzate per il ventennale, dalla presentazione dei libri "Ti ricordi Cernobyl?" sulla storia e le conseguenze dell'incidente e la raccolta fotografica "Cernobyl 1986-2006, una storia lunga vent'anni" alla mostra "Dal nucleare alle rinnovabili", la realizzazione di un video-documentario e la messa in scena dello spettacolo teatrale "Reportage Cernobyl" di Roberta Biagiarelli, co-prodotto da Legambiente, già portato all'attenzione del pubblico in diverse città italiane per proporre storie e testimonianze dei protagonisti dell'incidente nucleare del 1986.

Cernobyl è infatti ormai lontana nel tempo, e di anno in anno l'attenuarsi dell'attenzione dell'opinione pubblica - spesso anche delle stesse organizzazioni ecologiste - creano le condizioni per il riaffacciarsi dell'opzione nucleare come soluzione "conveniente" e sicura ai problemi di un consumo energetico in costante crescita. Il lavoro di questi anni di Legambiente, ufficializzato dal "Progetto Cernobyl", ha favorito l'incontro di migliaia di persone che si sono strette intorno al dramma derivato da un errore umano che potrebbe verificarsi ovunque e che ha dato al mondo intero un chiaro ed evidente segnale di insicurezza e di pericolosità dell'utilizzo del nucleare. E la scorsa settimana ha organizzato in Campidoglio una conferenza internazionale in collaborazione con Greenpeace e Wwf per fare il punto sulla situazione della centrale di Cernobyl, sulla diffusione delle fonti rinnovabili e sulle prospettive della produzione energetica mondiale.

La notte del 26 aprile 1986 due esplosioni, una dietro l'altra, al reattore della quarta unità di Cernobyl causarono il rilascio di 11 miliardi di miliardi di Baquerel di radioattività, un valore 30 miliardi di volte superiore alla dose massima utilizzata per terapie radiologiche di tumori: 6 pompieri, 24 dipendenti e 31 liquidatori morirono per effetto delle radiazioni. Ci vollero10 i giorni per spegnere gli incendi, e 130.000 abitanti dei 76 villaggi furono evacuati nel raggio di 30 km dalla centrale. La centrale di Cernobyl ha cessato la sua attività il 15 dicembre del 2000, ma ancora oggi le conseguenze sono gravissime. Il fall-out radioattivo, infatti, ha interessato oltre 1500 chilometri quadrati di territorio tra Bielorussia, Ucraina e Russia, coinvolgendo più di 3 milioni di persone.

A ottobre 2005 nel continente europeo erano presenti 204 reattori nucleari, con una potenza netta elettrica installata di 171.997 MWe, mentre 8 nuove unità erano in costruzione, per potenza netta elettrica installata di 7.930 MWe. Nei Paesi dell'Unione Europea, nel 2004, il 35% dell'elettricità era generato dall'energia nucleare: Francia in testa con il 78%, seguita da Belgio (55%), Svezia (52%), Germania (31%). La produzione di elettricità dall'energia nucleare ammontava al 72% in Lituania, al 55% nella Repubblica Slovacca e al 38% in Slovenia, che si accingevano a entrare nella Ue.

La produzione di energia nucleare, così come anche la fabbricazione di armi atomiche e la loro dismissione, comporta un accumulo di materiale fissile altamente radioattivo. I processi che vanno dall'estrazione dell'uranio, alla sua trasformazione e al cosiddetto decommissioning, cioè lo smantellamento degli impianti nucleari, rappresentano operazioni che implicano tutte problemi di sicurezza poiché prevedono passaggi delicati che possono rilasciare notevoli quantità di residui radioattivi e che rappresentano l'eredità non certo gradita dell'utilizzo del nucleare. Soprattutto se, come spesso accade, questi materiali non sono nemmeno adeguatamente custoditi. Tutto il processo, dall'estrazione alla produzione di uranio per le centrali atomiche fino alla dismissione degli stessi impianti, è scandito dunque dalla "generazione" di materiale radioattivo, e cioè dalla produzione di rifiuti. A seconda della concentrazione di radioattività e del tempo di decadimento si parla di rifiuti a bassa (decadimento nell'ordine di alcuni mesi o al massimo qualche anno), media (decadimento nell'ordine di centinaia di anni) e alta (decadimento in migliaia di anni) attività.

Riguardo alle quantità prodotte, si calcola che attualmente nel mondo ci siano più di 250.000 tonnellate di rifiuti altamente radioattivi in attesa di essere sistemati in siti di stoccaggio. Nel 2015 secondo i dati Aiea saranno prodotte 400.000 tonnellate, mentre intorno al 2050 l'accumulo, considerando una debole attività legata all'utilizzo del nucleare, ammonterà a un milione di tonnellate. Al di là di questo problema legato alla sistemazione, esiste anche la necessità di rendere inutilizzabile il materiale fissile di scarto per la possibile costruzione di bombe. Questa operazione non sempre è praticabile e necessita di ulteriori trattamenti. Sono circa 80 (ma destinati ad aumentare) i depositi di scorie nel mondo. La maggior parte di questi, per non dire quasi tutti, sono depositi superficiali in grado di ospitare rifiuti radioattivi a bassa (Dss) o a media (Dsi) attività. In sintesi si può tranquillamente affermare che non esistono ad oggi soluzioni concrete al problema dello smaltimento dei rifiuti radioattivi derivanti dall'attività delle centrali o del loro decomissioning. Lo stesso si può dire del problema del terrorismo globale che ha fatto diventare gli impianti nucleari degli obiettivi sensibili e che fa aumentare sempre di più il rischio di trafugazione di materiali radioattivi e della proliferazione di armi a testata nucleare.

Un sondaggio Eurobarometro condotto tra febbraio e marzo 2005 ha analizzato l'opinione dei cittadini europei sull'energia nucleare rivelando una mancanza di conoscenza della materia, insieme a una crescente sfiducia nei confronti dei governi e dei mezzi di comunicazione sulle questioni relative alla gestione dei rifiuti radioattivi. Dal sondaggio, realizzato dalla società di ricerca Tns su un campione di circa 25.000 individui in tutti gli Stati membri, emerge che i tre quarti dei cittadini europei (74%) ritengono di non essere adeguatamente informati sui rifiuti radioattivi. Sono gli svedesi a ritenere di saperne di più sulla materia (51%), seguiti dagli sloveni (46%) e dai finlandesi (43%). Gli intervistati di Grecia, Italia (16%), Spagna e Portogallo (15%) si collocano invece agli ultimi posti. Tuttavia il 79% degli interpellati ha risposto di ritenere "tutti i rifiuti radioattivi" estremamente pericolosi. Complessivamente, dunque, solo 4 europei intervistati su 10, infatti, hanno risposto di essere favorevoli all'energia nucleare. [GB]

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