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Sri Lanka e India: il naufragio dell’industria della pesca
Conservazione
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Foto: Unsplash.com
Gli oceani e i mari in questo ultimo decennio hanno nutrito oltre 500 milioni di persone e dato lavoro ad altre 350 milioni, per questo come abbiamo spesso ricordato su Unimondo, dal settore della pesca dipende il futuro di molte popolazioni messe a rischio da una pesca senza limiti che compromette gli stock ittici, e oggi anche dall’effetto della pandemia di Covid-19. Questo virus ha colpito tantissimi settori a tutte le latitudini, lasciando purtroppo ancora aperto il conto delle vittime e quello dei danni economici, ma la pesca sembra rivelarsi uno dei settori più delicati, perché in molte aree del Mondo coinvolge piccoli imprenditori senza grandi mezzi di sussistenza e fornisce cibo a buon mercato ad alcune delle sue comunità più fragili, come in Sri Lanka. Qui la pesca è un settore chiave che conta 175mila pescatori impegnati in attività di piccolo cabotaggio, che il Covid ha drammaticamente compromesso. Secondo Herman Kumara, coordinatore nazionale della National Fisheries Solidarity Organization (Nfso) un gruppo di organizzazioni che si batte per i diritti economici e sociali dei lavoratori del settore e che ha sollecitato il governo ad adottare misure per proteggere l’industria della pesca dagli effetti della pandemia, la disinformazione sulla propagazione del Covid-19 ha causato enormi danni ai pescatori di quest’isola asiatica. “Inizialmente i piccoli pescatori - ha spiegato Kumara - non riuscivano a vendere quanto pescato e hanno avuto molte difficoltà a svolgere la propria attività a causa del coprifuoco”. E oggi? La situazione non sembra essere migliorata!
Una normale battuta di pesca della durata di più giorni da lavoro a decine di persone, ma l’azione governativa fino ad oggi non ha evitato che i lavoratori del settore e le loro famiglie siano ridotti alla fame. Per questo il 21 novembre, in occasione della Giornata mondiale della pesca, in più dichiarazioni pubbliche gli attivisti di Nfso hanno chiesto l’intervento delle autorità con misure a sostegno dei pescatori e una più efficace campagna informativa sugli effettivi pericoli legati al coronavirus, utile a sgombrare il campo da fake-news come quella secondo la quale “Il Covid-19 si trasmette dal pesce all’uomo”. La scoperta a fine 2020 di un focolaio di Covid-19 a Peliyagoda, un mercato ittico della capitale Colombo, ha fatto crollare le vendite del settore e la popolazione teme ancora che il morbo polmonare si propaghi anche attraverso il pescato. Per Jude Vianny, un pescatore dell'Nfso, c’è un altro urgente problema che tutta la comunità deve affrontare: “Stiamo affrontando una crisi enorme. I pescatori della nostra zona non sono in grado di rimborsare i prestiti ricevuti. Il governo deve intervenire al più presto almeno comprando le riserve di pesce invendute”. Per sostenere l’attività dei pescatori in questa fase di crisi, gli attivisti sostengono che il governo dovrebbe acquistare gli stock di pesce a prezzi equi o almeno mettere a disposizione altri impianti di refrigerazione per conservare il pesce.
Per celebrare la Giornata mondiale della pesca il Nafso ha tenuto un incontro nazionale via web e con la collaborazione di altre 17 organizzazioni di settore ha organizzato molte riunioni dal vivo e in sicurezza a livello distrettuale. Durante questi meeting si sono affrontate questioni come “la politica nazionale sulle riserve ittiche dell’entroterra, la situazione sociale ed economica delle donne pescatrici e l’impatto “dell’economia blu” sulle vite dei piccoli pescatori”. Per proteggere i piccoli pescatori cingalesi, Kumara ha chiesto al Governo di Colombo di applicare da subito le Linee guida volontarie sulla piccola pesca della Fao, che sono state stilate con il contributo di organizzazioni come il Nafso. Sulla base di tale documento, nel 2018 le autorità dello Sri Lanka hanno approvato una legge che tutela i pescatori locali di fronte alle attività dei concorrenti indiani. “Adesso stiamo lavorando con le autorità e i sindacati per arrivare alla ratifica della Convezione Ilo [Organizzazione internazionale del lavoro] sulla pesca - ha spiegato Kumara - uno strumento per garantire la sicurezza sociale dei pescatori di tutto lo Sri Lanka”. L’attivista ha anche condannato i piani delle istituzioni internazionali per sfruttare le risorse ittiche e sostenere la crescita economica sotto lo slogan dell’uso sostenibile delle risorse marine: “Devasteranno ancor di più l’ambiente e la vita dei piccoli pescatori, allontanandoli dalle terre natie e privandoli dei loro beni”.
La situazione dello Sri Lanka può essere emblematica per molti altri paesi dell’Asia, a cominciare dalla vicina India, dove a Mumbai vive una delle più antiche comunità di pescatori del Paese: i Koli. Per queste “anime dell'oceano”, che si tramandano quest’antica professione di padre in figlio, la pesca è uno stile di vita, oltre che un mezzo di sostentamento. In questi anni ha dovuto fare i conti con il cambiamento climatico, le tempeste, le stagionali piogge monsoniche ed adesso con il Covid-19 e il conseguente lockdown nazionale, che si è rivelato più pericoloso dei cicloni stagionali. Anche qui come in Sri Lanka i pescatori hanno seguito le indicazioni del governo, rimanendo a casa quando gli è stato imposto e durante la prima settimana di lockdown hanno dovuto buttare 10.000 tonnellate di pesce fresco invenduto. Per la pesca in India questi mesi sono cruciali: è in questo periodo che il pesce viene pescato, smistato, essiccato e conservato per la stagione delle piogge, quando l’attività si ferma. A differenza degli agricoltori e di altri settori vulnerabili della società, i pescatori indiani al momento non possono ancora beneficiare di programmi governativi di sostegno e anche qui come in Sri Lanka l’industria ittica locale non ha a disposizione impianti di refrigerazione, conservazione e trasporto del pescato. Mentre le autorità cercano di capire come intervenire per ridurre l’impatto del disastro economico nei confronti di centinaia di famiglie di pescatori locali ridotte allo stato di sopravvivenza, ai giovani del posto non rimane che emigrare in cerca di fortuna. Per questa generazione non sembra più possibile seguire le orme dei padri.
Alessandro Graziadei

Sono Alessandro, dal 1975 "sto" e "vado" come molti, ma attualmente "sto". Pubblicista, iscritto all'Ordine dei giornalisti dal 2009 e caporedattore per il portale Unimondo.org dal 2010, per anni andavo da Trento a Bologna, pendolare universitario, fino ad una laurea in storia contemporanea e da Trento a Rovereto, sempre a/r, dove imparavo la teoria della cooperazione allo sviluppo e della comunicazione con i corsi dell'Università della Pace e dei Popoli. Recidivo replicavo con un diploma in comunicazione e sviluppo del VIS tra Trento e Roma. In mezzo qualche esperienza di cooperazione internazionale e numerosi voli in America Latina. Ora a malincuore stanziale faccio viaggiare la mente aspettando le ferie per far muovere il resto di me. Sempre in lotta con la mia impronta ecologica, se posso vado a piedi (preferibilmente di corsa), vesto Patagonia, ”non mangio niente che abbia dei genitori", leggo e scrivo come molti soprattutto di ambiente, animali, diritti, doveri e “presunte sostenibilità”. Una mattina di maggio del 2015 mi hanno consegnato il premio giornalistico nazionale della Federazione Italiana Associazioni Donatori di Sangue “Isabella Sturvi” finalizzato alla promozione del giornalismo sociale.