Greenpeace: “Basta trivellazioni nel Canale di Sicilia, si crei una riserva marina”

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“Nuove richieste per esplorazioni petrolifere offshore minacciano le zone più sensibili del Canale di Sicilia, i banchi d’alto mare. L’Audax Energy, già famosa nel Canale per le esplorazioni in acque tunisine, punta adesso ai giacimenti italiani al largo di Pantelleria”. Lo denuncia Greenpeace nel rapporto Le mani sul tesoro. Perché proteggere il Canale di Sicilia dalla corsa all’oro nero (in .pdf) in cui documenta l'enorme bellezza e il valore biologico dell’area e ne chiede la tutela con la creazione di una riserva marina.

“Il nemico numero uno del Canale di Sicilia è la compagnia petrolifera Audax Energy Ltd (ADX) che sta provando a ottenere permessi di esplorazione i queste acque attraverso una piccola compagnia, l’Audax Energy Srl, di cui è totalmente proprietaria ma con sede legale in Italia e con un capitale sociale assolutamente irrisorio di 120 mila euro. Un modo per evitare ogni tipo di responsabilità in caso di disastro ambientale” – sottolinea la nota di Greenpeace. L’associazione inoltre afferma di aver “riscontrato chiare violazioni procedurali nelle richieste dei permessi: documentazione incompleta e studio ambientale totalmente insufficiente e inesatto”.

Greenpeace, a bordo della Rainbow Warrior, ha effettuato una ricognizione preliminare sui banchi Skerki, Talbot, Avventura e Pantelleria. La notevole documentazione fotografica raccolta conferma come i banchi siano aree spettacolari. Particolarmente ricche di pesci, dalla murena al torpedo comune, e di habitat chiave, come le praterie di posidonia, ospitano anche importanti aree di riproduzione di specie commerciali come il nasello e la triglia. Bellissime le grotte e le pareti rocciose ricoperte da organismi filtratori come il corallo arancione Astroides calycularis. “Non si tiene minimamente in considerazione l’incredibile biodiversità dell’area, né la sua importanza per le risorse ittiche, mentre è chiaro che le attività proposte causeranno seri impatti sulla vita marina” – dichiara l’associazione.

Al piano delle compagnie petrolifere che vogliono trasformare il Canale di Sicilia in un nuovo Golfo del Messico, Greenpeace contrappone la proposta di una riserva marina, che vieti nelle aree più sensibili ogni attività estrattiva, compresa la pesca. “Purtroppo, a causa dell’eccessivo e distruttivo saccheggio da parte dell’uomo, le risorse sono in crisi e solo con la tutela di aree chiave si potranno ripopolare i nostri mari. I banchi per la loro ricchezza in biodiversità sono l’ultima speranza per ridare una chance al settore. È fondamentale che in questo momento comunità locali e pescatori facciano sentire le loro ragioni non solo per lottare contro l'imminente minaccia delle perforazioni ma per tutelarli in maniera duratura”.

Greenpeace ha perciò chiesto con urgenza al Ministro dell’Ambiente, Stefania. Prestigiacomo, di “bloccare ogni folle progetto di esplorazione petrolifera nel Canale di Sicilia e di attivarsi immediatamente per garantire la dovuta tutela per le aree più vulnerabili”. I comitati locali, di cui Greenpeace fa parte, hanno presentato ieri al Ministero dell’Ambiente la propria opposizione al progetto di esplorazioni petrolifere nel Canale. La denuncia di Greenpeace fa seguito a quella della Goletta Verde di Legambiente che nelle scorse settimane aveva lanciato l’allarme affermando che continuando di questo passo il “Mare Nostrum” sarà presto “un mare di trivelle”.

Nei giorni scorsiIl Fatto Quotidiano in un articolo intitolato Sicilia, trivelle pronte per l’oro nero. E per la Prestigiacomo è un affare di famigliaha accusato il ministro dell’Ambiente di avere familiari coinvolti nel Consorzio Coemi “che ha acquistato e trasformato la petroliera Leonis, un colosso da 110mila tonnellate, che deve essere ormeggiata alla piattaforma per raccogliere il greggio estratto”. Una commessa da 30 milioni di euro. Coemi, scrive Il Fatto, “come dice lo stesso sito della società, è nata come impresa di famiglia dei Prestigiacomo. L'amministratore delegato è Maria Prestigiacomo, sorella maggiore del ministro dell'Ambiente. Di più: la Coemi è oggi proprietà della società Fincoe, di cui Stefania Prestigiacomo deteneva il 21,5 per cento fino al novembre 2009 quando l'ha donato alla madre Sebastiana Lombardo, oggi azionista di maggioranza”.

Sul tavolo del ministero dell'Ambiente – si legge nel rapporto di Greepeace - ci sono 29 istanze di ricerca che interessano il tratto marino compreso tra Sicilia e Tunisia; solo 8 sono bloccate perché si trovano in aree adesso interdette, perlopiù al largo delle Isole Egadi a causa della presenza di un'area marina protetta. Sedici sono invece le istanze fuori dalle zone di divieto e che, quindi, proseguiranno l'iter, mentre altre 5, essendo al confine della linea di demarcazione fra le due aree, verranno soltanto ridotte”. “Il pericolo - sostiene l'associazione ecologista - non è per niente scongiurato: zone chiave del Canale, non adeguatamente tutelate, rimangono completamente alla mercé degli interessi dei magnati del petrolio”.

Il Canale di Sicilia è stato oggetto negli ultimi anni di numerose esplorazioni petrolifere. Grandi compagnie come Shell, ENI o Northern Petrolium si sono affrettate a chiedere permessi per trivellare i fondali tra Italia e Tunisia alla ricerca del petrolio, e sembra che lo abbiano trovato, attirando così la bramosia di nuovi “cercatori di oro nero”. “In certi casi parliamo di compagnie da capitali irrisori, come la San Leon Energy, detentrice di domande di ricerca al largo della costa occidentale - da Sciacca a Marsala, e proprietaria di un capitale sociale di soli 10mila euro. In altri casi di compagnie che arrivano addirittura dall’Australia per minacciare i nostri mari, come appunto l’ADX Energy” – nota l’associazione.

È ora che il nostro paese si impegni per garantire un’effettiva tutela dei propri mari” – conclude Greenpeace. “Invece di svendere le pro­prie ricchezze ai magnati del petrolio, l’Italia assuma una leadership nella creazione urgente di una rete di aree protette in grado di proteggere habitat chiave del Mediterraneo a cominciare dai banchi del Canale di Sicilia”. [GB]

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