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Di ritorno nei cieli d’Italia gli uccelli migratori
Conservazione
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Foto: Unsplash.com
In questo periodo resto in terrazzo molto più del solito. E penso che anche le forzature hanno qualche lato positivo, a volerlo vedere. Il mio sono loro: fanno virate acrobatiche contro il cielo di primavera terso e soleggiato, impennano e si rincorrono, indaffarate nei loro giri su ali di piume e di vento. Sono giorni in cui si fa caso alle cose, al mondo, e speriamo non solo attraverso le notizie sugli schermi, ma anche grazie alla vita osservata con più attenzione oltre le finestre.
Scorgo i loro nidi tra le travi delle nostre case. Sono capolavori di statica, architettura, edilizia aerea: foglie, piume, erba, piccoli rami, ma anche strisce di tessuto o pezzetti di carta o plastica, tutto ciò che può tornare utile a dare il miglior rifugio alle uova e poi ai piccoli nel periodo riproduttivo, riparando le nuove generazioni da avversità climatiche e da predatori. Attraverso il nido si racconta la storia dell’evoluzione delle specie, della loro esperienza sedimentata della natura, dei suoi pericoli e delle sue potenzialità, anche se non tutti costruiscono miracolosi ripari come il pendolino, con il suo “fiasco sospeso” sui rami dei salici… alcuni nemmeno lo fanno un nido, come ad esempio il falco pellegrino, che considera più sicuro lasciare le uova su superfici scoscese difficili da raggiungere, o il pinguino imperatore, che custodisce l’uovo tra le zampe per tutto il periodo della cova!
Guardo queste rondini, pennellate di quotidianità che in questi giorni più che mai ancorano alle cose belle, scompigliano curiosità che in altri contesti sarebbe stato più difficile trovare il tempo di approfondire. Sono stupefacenti e forse ancora troppo poco noti gli straordinari comportamenti intelligenti degli uccelli: la loro capacità di orientarsi nelle migrazioni seguendo rotte impresse nei loro geni o traiettorie individuate attraverso il magnetismo terrestre e i cosiddetti landmark (punti di riferimento sulla superficie terrestre, come le montagne o le autostrade), la loro invidiabile abilità nel leggere le stelle, di scegliere i giorni più giusti in base ai cambiamenti nel fotoperiodo e nelle temperature. Non solo quindi furbi trucchetti per rubare qualche briciola dal tavolo, ma capacità di apprendimento, concentrazione e attenzione decisamente più sviluppate di quanto il comun sentire non si porti appresso nei suoi modi di dire e nelle sue superstizioni. Non serve andare lontani, per esempio fino alle cornacchie della Nuova Caledonia che risolvono problemi più in fretta di bambini sotto i 5 anni, ma anche nei giardini di casa possiamo essere testimoni di prodezze di interazione con le altre specie e con l’ambiente naturale, dalle cince che ricordano quando le mangiatoie vengono riempite di cibo ai corvi che approfittano delle automobili ai semafori come schiaccianoci.
E se secondo un detto popolare “una rondine non fa primavera”, qui nel cielo se ne vedono ormai parecchie: ambasciatori della bella stagione, molti uccelli migratori stanno tornando dalle rispettive destinazioni di svernamento per accoppiarsi e riprodursi alle nostre latitudini. A marzo sono già arrivati il cardellino (Carduelis carduelis), con la sua inconfondibile mascherina rossa che si può avvistare tra Sardegna e Liguria; la cicogna bianca (Ciconia ciconia), che ha ricolonizzato il nostro Paese solo a partire dagli anni ’80; il nibbio bruno (Milvus migrans), rapace dall’aspetto nobile che nidifica lungo la fascia prealpina e nelle fasce tirreniche; ma anche molti altri, come l’usignolo, l’allodola, la ballerina bianca, il tordo bottaccio, il migliarino di palude, il luì piccolo, il codirosso spazzacamino, la capinera, la passera scopaiola. E in questi giorni, chi sta arrivando? Aprile è infatti il mese dove si registra il picco dei ritorni verso l’Europa dall’Africa, e l’Italia è ponte di questi viaggi avventurosi e inimmaginabili per la capacità di resistenza messa in campo. Ecco allora che si cominciano a rivedere upupe (Upupa epops), dal piumaggio zebrato e dalla cresta rossa, presenti quasi ovunque sulla Penisola; il torcicollo (Jynx torquilla), picchio dalle tonalità grigio brune che si mimetizza benissimo ma che con un po’ di pazienza e passione si può scorgere dalle Alpi alla Calabria e alla Puglia; il cuculo (Cuculus canorus), dal canto squillante e dalle abitudini curiose (usurpa infatti i nidi di altri uccelli per farsi covare le uova e per nutrire i propri piccoli); ma l’elenco è molto più ricco, perché in aprile arrivano anche i pettirossi e le ghiandaie marine, il prispolone, il verzellino, il balestruccio, il codirosso comune, il rondone comune, la balia nera.
Insomma, in questo periodo dove a tenere gli occhi ad altezza schermo si vedono poche cose belle, non ci resta che cogliere l’occasione preziosa di alzarli una volta in più verso il cielo e farci catturare dalla curiosità per le vite che ci volano intorno.
Anna Molinari

Giornalista freelance e formatrice, laureata in Scienze filosofiche, collabora con diverse realtà sui temi della comunicazione ambientale. Gestisce il progetto indipendente www.ecoselvatica.it per la divulgazione filosofica in natura attraverso laboratori e approfondimenti. È istruttrice CSEN di Forest Bathing. Ha pubblicato i libri Ventodentro (2020) e Come perla in conchiglia (2024). Per la testata si occupa principalmente di tematiche legate a fauna selvatica, aree protette e tutela del territorio e delle comunità locali.