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Nigeria: crisi sociale tra petrolio e debito
Carburanti
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Hanno riaperto e ripreso la propria produzione le due piattaforme nel Delta del Niger (la regione petrolifera nel sud della Nigeria) appartenenti a una multinazionale del petrolio americana che nei giorni scorsi erano state occupate da elementi della ‘Forza volontaria popolare del Delta del Niger' (Ndpvf): il movimento indipendentista legato all'etnia Ijaw che reclama la scarcerazione del suo capo Alhaj Dokubo Asari. Proprio Asari, attraverso un suo avvocato, ha fatto pervenire un invito alla calma ai suoi uomini che nei giorni scorsi avevano minacciato di "far saltare" tutte le piattaforme del Delta. L'esercito non ha commentato le accuse di percosse e di violenze (che avrebbero costretto molti alla fuga) ma ha confermato che perquisizioni sono in corso nella zona di Port Harcourt in cerca di alcuni degli esponenti del Ndpvf che la scorsa settimana avevano assaltato una delle due piattaforme riaperte tra ingenti misure di sicurezza.
Sulla situazione creatasi interviene l'Associazione per i Popoli Minacciati che chiede l'immediata liberazione del leader delle milizie Mujahid Dokubo-Asari e del suo avvocato Uche Okoko, entrambi arrestati martedì con l'accusa di alto tradimento. Entrambi si impegnano per la creazione di uno stato indipendente nella zona nel delta del Niger che da decenni è completamente trascurato dal governo centrale. Secondo l'APM, "invece di preoccuparsi del miglioramento delle condizioni di vita delle minoranze locali che subiscono tutte le conseguenze negative legate all'estrazione del petrolio, il governo nigeriano accusa di tradimento il discusso leader delle milizie, rendendolo così un martire e provocando ulteriori spargimenti di sangue". I profondi conflitti etnici, religiosi e sociali dello stato multietnico nigeriano non possono essere risolti tacendo sui conflitti stessi e criminalizzando tutti coloro che chiedono con sempre più urgenza la risoluzione di questi problemi. Dal 1999 ad oggi oltre 20.000 nigeriani hanno subito violenza a sfondo etnico mentre preoccupa la crescente arbitrarietà e violenza con cui le forze di sicurezza nigeriane procedono contro chi critica la politica nazionale.
"Un'incredibile quantità di petrolio viene esportata e sfruttata da multinazionali straniere senza che gli abitanti di queste terre possano beneficiarne in alcun modo". Lo dice all'agenzia Misna monsignor Festus Okafoa, vicario della diocesi di Port Harcourt, la ‘cassaforte' dei circa 2,5 milioni di barili di petrolio nigeriano esportati ogni giorno. "Pur non condividendo le loro azioni, possiamo comprendere i motivi delle rivendicazioni" aggiunge Okafoa, ex-docente di filosofia nella locale università. "Quello che accade è oggettivamente un'ingiustizia sociale: le risorse naturali vengono sfruttate dall'esterno e la popolazione locale vive in una situazione di assoluta miseria, senza strade, ospedali o infrastrutture e, soprattutto, senza lavoro". Quando i giovani - per qualche motivo - si recano ad Abuja, la "nuova" capitale costruita dal nulla a partire dal 1976 su progetto dell'architetto giapponese Kenzo Tange - "hanno la sensazione che i proventi del petrolio della loro regione siano utilizzati soprattutto in quella città, dotata di illuminazione, ampie strade e grandi palazzi", aggiunge l'interlocutore. "Al loro ritorno - prosegue - la frustrazione è ancora maggiore, perché l'impatto con Port Harcourt mette in evidenza le differenze e le contraddizioni".
Alla diffusa povertà si aggiungono i "danni" provocati dalle multinazionali del petrolio: "L'inquinamento dei terreni e delle falde acquifere ha immediate ripercussioni sulla vita di tutti i giorni, soprattutto a carico delle famiglie più povere che non hanno altre fonti di approvvigionamento dell'acqua" osserva ancora monsignor Okafoa. Che si rende conto delle difficoltà di denunciare le gravi ingiustizie di questa terra, anche tra chi se ne rende ben conto: "Negli ambienti universitari che ho frequentato per molti anni - dice ancora alla MISNA - si sa che il Delta del Niger costituisce la base del bilancio dell'intera Nigeria. Ma nessuno osa aprire bocca, perché teme di essere rimosso dall'incarico o punito". Alcune società straniere, per placare la rabbia delle popolazioni locali, hanno realizzato qualche scuola o qualche centro sanitario, investendo somme di denaro risibili rispetto ai proventi che annualmente vengono generati dall'estrazione dell'"oro nero" nigeriano, il cui ‘peso politico' sta crescendo significativamente per gli Stati Uniti a causa delle difficoltà di accesso al mercato mediorientale.
Nonostante le grandi riserve petrolifere, il paese rimane in balia del pagamento degli interessi sul debito estero. La Nigeria riceve in aiuti procapite dall'Occidente solo 2 dollari l'anno e ne paga 12 per gli interessi sul debito. "E' inconcepibile - ha affermato il Presidente della Commissione delle Finanze della Camera dei Deputati della Nigeria - che negli ultimi due anni la Nigeria abbia versato 3.5 miliardi di dollari e che il debito sia aumentato di 3.9 miliardi, senza aver richiesto altri prestiti. Così non si può andare avanti. Dobbiamo ripudiare il debito". Il Presidente del Senato Udo Udoma ha dichiarato: "Il debito ci sta soffocando. I creditori pretendono che il Governo Nigeriano destini al pagamento del debito da tre a quattro volte la somma che assegna all'educazione e quindici volte quella destinata alla Sanità. Siamo al limite della sopportazione e il livello di frustrazione è molto alto". I politici hanno richiamato l'attenzione sulle condizioni dei 134 milioni di nigeriani che vivono ad un livello di povertà tra i più bassi del pianeta. Ogni mese 79.500 bambini muoiono prima di aver raggiunto i cinque anni per mancanza di acqua potabile, cure sanitarie, cibo e alloggio. Udo Udoma sostiene inoltre che la cancellazione del debito andrebbe a favore i Paesi occidentali, dal momento che la Nigeria beneficerebbe di una crescita economica più veloce e aumenterebbero così le importazioni di beni e tecnologie prodotti in Occidente. "La miglior politica sull'immigrazione consiste nell'investire nei Paesi poveri. Come dicono i nigeriani, se il tuo vicino è affamato le tue galline non sono al sicuro". [AT]