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Inquinamento atmosferico: “solo” 8 milioni di morti all’anno
Carburanti
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Quando parliamo di inquinamento atmosferico ci riferiamo alla possibile presenza nell’atmosfera di circa 3.000 contaminanti, prodotti per lo più dalle attività umane, che di solito non sono presenti nella normale composizione dell’aria e che causano effetti misurabili sull’essere umano, sugli animali, sulla vegetazione ed anche su diversi materiali. Uno di questi effetti è misurabile con le conseguenze sanitarie dell’esposizione dell’uomo a questi agenti inquinanti che secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) “costituiscono, a livello mondiale, il rischio più grave in materia di salubrità dell’ambiente”. Ogni anno, infatti, “4,3 milioni di decessi sono imputabili all’esposizione all’inquinamento dell’aria all’interno delle abitazioni e 3,7 milioni all’inquinamento dell’aria esterna”.
È quanto è emerso dalla 68esima World Health Assembly (Wha) dell’Oms che, tra il 18 e il 26 maggio scorso a Ginevra, come ha spiegato la direttrice generale Margaret Chan, ha preso “diverse risoluzioni e decisioni storiche” in materia di inquinamento atmosferico enfatizzando il “ruolo centrale delle autorità sanitarie nazionali per sensibilizzare l’opinione pubblica sul fatto che un’azione efficace contro l’inquinamento dell’aria permetterebbe di salvare delle vite e di ridurre le spese sanitarie”. Secondo la Chan per porre un freno all’inquinamento occorre un’azione urgente: “i diversi settori interessati al fenomeno devono allacciare una solida cooperazione e tutte le politiche nazionali, regionali e locali relative all’inquinamento dell’aria devono integrare i problemi della salute”. Il che non significa chiudere le industrie o bloccare per sempre il traffico e l’attività economica, ma piuttosto "valutare con attenzione i costi sanitari in termini di vite umane ponendo dei limiti agli inquinanti e promuovendo il più possibile le energie rinnovabili".
Gli Stati membri dell’Oms sono stati così invitati a “migliorare subito i sistemi di controllo della qualità dell’aria e dei registri sanitari”, per monitorare meglio l’evoluzione di tutte le malattie legate all’inquinamento dell’aria e a “promuovere delle tecnologie e dei combustibili puliti per la cucina, il riscaldamento e l’illuminazione oltre a rafforzare i trasferimenti internazionali di competenze, di tecnologie e di dati scientifici nel campo dell’inquinamento dell’aria”. La risoluzione emersa da Ginevra impegna inoltre il segretariato dell’Oms a “rafforzare le sue capacità tecniche per sostenere gli Stati membri nella lotta contro l’inquinamento dell’aria”, in particolare per quanto riguarda il rispetto e l’applicazione delle linee guida dell’Oms per la qualità dell’aria indoor ed esterna.
Quelle dell’Oms non sono raccomandazioni inutili o eccessive. Per Génon Jensen, fondatrice e direttrice esecutiva della Health and Environment Alliance (Heal), “La risoluzione sull’inquinamento dell’aria è una tappa fondamentale per la prevenzione delle patologie respiratorie e cardiache, nonché del cancro e degli ictus, legati a cause ambientali. Si tratta di un potente punto di appoggio per un maggiore impegno sulla strada del summit di Parigi sul clima”. Secondo l’Europe Climate Fundation, la risoluzione dell’Oms riguarda da vicino anche l’Europa e l’Italia: “Nell’Unione Europea il costo in vite umane dovuto ad una scarsa qualità dell’aria è, infatti, più elevato di quello degli incidenti stradali, rendendola la prima causa ambientale di morte prematura in Ue”. Come se non bastasse “l’inquinamento dell’aria causa la perdita di giorni di lavoro, costi sanitari, e colpisce in misura maggiore le fasce di popolazione più vulnerabili come bambini e anziani”. Un problema enorme quindi, frutto di regolamenti poco stringenti con ricadute sociali ed economiche troppo spesso ignorate. La Commissione Europea stima che “il costo diretto dell’inquinamento atmosferico per la società nel suo complesso ammonta a circa 23 miliardi di euro l’anno e le esternalità legate al solo impatto sulla salute sono stimate intorno ai 940 miliardi di euro”, una cifra che vale circa il 9% del Pil dell’Unione.
Ma anche se la Commissione Europea riconosce ormai da anni l’inquinamento dell’aria come “una delle preoccupazioni principali a livello politico” e si è impegnata a “sviluppare e implementare gli strumenti appropriati per migliorare la qualità dell’aria”, gli standard Ue riguardo al particolato fine PM 2.5 sono ancora significativamente più accomodanti di quanto raccomandato dall’Oms. Il limite Ue per i PM 2.5 è fissato attorno ad una media annuale di 25 microgrammi per metro cubo, contro i 10 di media annuale raccomandati dall’Oms, un limite quindi sensibilmente più basso. Lo stesso vale per il PM 10. L’Ue pone il limite a 40 microgrammi per metro cubo (sempre media annuale), mentre l’Oms ne consiglia 20, esattamente la metà. Nella realtà che succede? Un esempio su tutti: Roma. Nel 2014, secondo i dati dell’Arpa Lazio, la città eterna ha avuto una media di PM 2.5 di 15,6 microgrammi per metro cubo, più bassa del limite UE, ma più alta di quanto raccomandato dall’OMS e la stessa cosa è stata rilevata per le PM 10 con una media di 26,1 microgrammi per metro cubo.
Davanti a situazioni come quella di Roma, non dissimile da altre capitali europee, la Heal ha deplorato ad oggi l’assenza di richieste di misure vincolanti per affrontare il problema da parte dei ministri della Sanità, anche se la risoluzione dell’Oms “rappresenta in ogni caso un gran passo avanti verso un maggiore impegno e maggiori risorse per ministeri ed autorità sanitarie al fine di affrontare definitivamente il problema dell’inquinamento dell’aria”. Infatti, finalmente questa risoluzione include esplicitamente la messa in opera di “strategie per una migliore qualità dell’aria nei programmi nazionali di prevenzione delle malattie” e attacca senza paura due dei principali colpevoli dell’inquinamento atmosferico: le centrali termoelettriche a carbone e il diesel per il trasporto su gomma, chiamando i Governi europei a precisi e non più rimandabili impegni concreti nella salvaguardia della salute pubblica.
Alessandro Graziadei

Sono Alessandro, dal 1975 "sto" e "vado" come molti, ma attualmente "sto". Pubblicista, iscritto all'Ordine dei giornalisti dal 2009 e caporedattore per il portale Unimondo.org dal 2010, per anni andavo da Trento a Bologna, pendolare universitario, fino ad una laurea in storia contemporanea e da Trento a Rovereto, sempre a/r, dove imparavo la teoria della cooperazione allo sviluppo e della comunicazione con i corsi dell'Università della Pace e dei Popoli. Recidivo replicavo con un diploma in comunicazione e sviluppo del VIS tra Trento e Roma. In mezzo qualche esperienza di cooperazione internazionale e numerosi voli in America Latina. Ora a malincuore stanziale faccio viaggiare la mente aspettando le ferie per far muovere il resto di me. Sempre in lotta con la mia impronta ecologica, se posso vado a piedi (preferibilmente di corsa), vesto Patagonia, ”non mangio niente che abbia dei genitori", leggo e scrivo come molti soprattutto di ambiente, animali, diritti, doveri e “presunte sostenibilità”. Una mattina di maggio del 2015 mi hanno consegnato il premio giornalistico nazionale della Federazione Italiana Associazioni Donatori di Sangue “Isabella Sturvi” finalizzato alla promozione del giornalismo sociale.