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Goletta Verde: scarichi fognari, cementificazione e trivelle minacciano il mare
Carburanti
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Sono 146 i punti critici e fortemente inquinati disseminati lungo il territorio nazionale, uno ogni 51 km di costa. Sotto i riflettori, ancora una volta, l’emergenza foci: 112 sono infatti quelle risultate off limits a conferma che il problema della mancata depurazione riguarda in primo luogo i comuni dell’entroterra. L’Oscar dell’inquinamento va alla regione Calabria, dove oltre il 60% dei cittadini scarica a mare reflui non depurati a norma di legge, seguita da Campania e Sicilia. E’ la sintesi del tour 2011 di Goletta Verde, la storica campagna estiva di Legambiente, che anche quest’anno in due mesi di navigazione e 40 tappe ha eseguito il monitoraggio dell’inquinamento microbiologico delle acque italiane, causato dall’assenza di depurazione per ben 18 milioni di cittadini a ormai 35 anni dall’approvazione della legge Merli, la prima sul trattamento delle acque reflue.
“Scarichi fognari illegali, cementificazione selvaggia delle coste e progetti energetici basati sulle fonti fossili sono i principali nemici del mare italiano” – ha commentato Stefano Ciafani, responsabile scientifico nazionale di Legambiente, nel presentare a Capalbio i risultati dell'indagine. “Serve un ‘Green new deal’ per la tutela delle coste e per il rilancio dell’economia turistica del Belpaese, fondato sulla realizzazione di opere pubbliche davvero utili alla collettività. Si devono aprire nuovi cantieri per realizzare i depuratori per quel 30% di cittadini che ne è ancora sprovvisto, per migliorare un sistema fognario inadeguato a fronteggiare i picchi turistici estivi, per abbattere a colpi di tritolo gli ecomostri di cemento che deturpano le coste. Per non aggravare una situazione già complicata si abbandonino anche progetti insensati come la svendita ai privati delle spiagge con pericolosi diritti di superficie, la corsa alle trivellazioni offshore di petrolio o le ricorrenti proposte di condono edilizio, che costituiscono solo una seria ipoteca per la tutela dell’ecosistema marino e costiero, alla base del turismo di qualità, sempre più importante per il Pil del nostro Paese”.
Se Calabria, Campania e Sicilia, nonostante l’indiscutibile bellezza dei loro litorali, si distinguono a livello nazionale per presenza di scarichi illegali o impianti non a norma o mal gestiti, le regioni dal mare più cristallino sono risultate invece la Sardegna e la Puglia.
Un altro triste capitolo è quello della cementificazione delle coste: nel nostro paese, sono infatti ben 3.495 le infrazioni per abusivismo edilizio sul demanio accertate dalle Forze dell’Ordine solo nel 2010, quasi 10 reati al giorno. Anche in questa poco onorevole classifica il podio è occupato da Sicilia (682 infrazioni), Calabria (665) e Campania (508), che rappresentano insieme il 53% del totale nazionale dei reati sul cemento illegale. Non solo, in queste tre regioni insistono anche quattro dei cinque ecomostri simbolo dell’Italia sfregiata dal cemento abusivo, censiti da Legambiente, da abbattere al più presto: le ville mai finite costruite dalla mafia con la complicità della pubblica Amministrazione a Pizzo Sella, la “collina del disonore” di Palermo; le 35 ville abusive di Capo Colonna a Crotone che, nonostante una sentenza di confisca, sfregiano l’area archeologica; l’albergo di Alimuri a Vico Equense sulla penisola sorrentina; le “villette degli assessori” sulla spiaggia di Lido Rossello a Realmonte nell’agrigentino. A completare il quadro della top five da abbattere al più presto il villaggio abusivo di Torre Mileto nel comune di Lesina (Fg) in Puglia.
Ma il cemento sulle coste non dilaga solo al Sud, ma anche al Centro e al Nord, dove prende le vie legali della speculazione edilizia, delle megaopere portuali e della bolla affaristica delle seconde e terze case. Il Veneto, con progetti di nuove darsene, porti turistici e urbanizzazioni sulla costa in provincia di Venezia, il Friuli Venezia Giulia, con l’espansione urbanistica che riguarda la città di Grado (Go), ma anche le Marche e l’Emilia Romagna, con la cementificazione costiera passata e recente, o il Lazio, con il nuovo porto a Fiumicino, pagano sotto forma di ulteriore consumo di suolo il cospicuo prezzo della bramosia di costruttori ed amministrazioni spesso compiacenti. Ad aggravare una situazione già preoccupante la proposta del cosiddetto “diritto di superficie”, inizialmente prevista e poi stralciata dal Decreto Sviluppo e ora di nuovo in discussione nell’ambito del disegno di legge Comunitaria, che rischierebbe di alimentare ancor di più la colata di cemento sulle coste italiane.
Accanto a inquinamento da scarichi non depurati e cemento legale e illegale, i tradizionali nemici del mare italiano, la minaccia più recente è costituita proprio dalle nuove trivellazioni proposte dalle società petrolifere. “Il mare italiano è vittima di un vero e proprio assedio” – afferma Legambiente. “Si tratta di permessi di ricerca già rilasciati al fine di estrarre idrocarburi dai fondali marini per un superficie di poco inferiore alla regione Campania”. “Se ai permessi rilasciati, sommiamo anche le aree per cui sono state avanzate richieste per attività di ricerca petrolifera, l’area coinvolta diventa di 30mila kmq, una superficie più grande della regione Sicilia”.
Ma il viaggio di Goletta Verde è servito anche per premiare le esperienze più positive per la tutela del mare e delle coste. Sotto questo punto di vista, si distinguono positivamente la Sardegna, la Puglia e la Toscana, le tre regioni più premiate dalle vele della “Guida Blu 2011” redatta da Legambiente insieme al Touring Club Italiano, la bussola per le vacanze di qualità che anche quest’anno ha segnalato le migliori località di mare per trascorrere una vacanza all’insegna di natura e acqua pulita.
Quest’anno è stato il Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati (COOU) il main partner della storica campagna estiva di Legambiente. La difesa dell’ambiente e del mare in particolare rappresenta uno dei capisaldi dell’azione del Consorzio. L’olio usato è ciò che si recupera alla fine del ciclo di vita dei lubrificanti nei macchinari industriali, ma anche nelle automobili, nelle barche e nei mezzi agricoli di ciascun cittadino. Se eliminato in modo scorretto, questo rifiuto pericoloso può danneggiare l’ambiente in modo gravissimo: 4 chili di olio usato, il cambio di un’auto, se versati in mare inquinano una superficie grande come un campo di calcio A contatto con l’acqua, l’olio lubrificante usato crea una patina sottile che impedisce alla flora e alla fauna sottostante di respirare. Con la propria attività di comunicazione COOU cerca di modificare i comportamenti scorretti di chi crede che piccole quantità di olio lubrificante disperse nell’ambiente provochino poco inquinamento. [GB]