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Europa: lo sviluppo sostenibile parte da energia e trasporti
Carburanti
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Energia e trasporti: sono queste le sfide principali che attendono la nuova Europa nei prossimi anni, i settori che globalmente possono più incidere sia nell'Europa politica che in quella fisica sullo sviluppo sostenibile ed equilibrato del Continente. Sono pertanto i temi che Legambiente porta alla Quarta Conferenza ministeriale su Ambiente, salute e infanzia, organizzata a Budapest dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, dal 23 al 25 giugno.
Per l'energia e i trasporti, settori dalle forti ricadute ambientali e sanitarie, la Ue sicuramente si presenta quale buona opportunità di scelte integrate e condivise. Puntando, in ultima analisi, su un'effettiva e omogenea riduzione delle emissioni climalteranti e imparando un po' dall'Est e un po' dall'Ovest, come si può evincere dalla ricerca compilata da Legambiente.
Nel quadro rilevato dall'associazione ambientalista, i numeri disegnano chiaramente un'Europa a 25 suddivisa in due blocchi distinti: i soliti vecchi 15 e i nuovi 10 Paesi entrati a maggio scorso. Tanto la mobilità, quanto il sistema energetico, per produzioni e consumi, seguono infatti un andamento diametralmente opposto tra la parte orientale e quella occidentale dell'Unione Europea. Mentre l'Est è caratterizzato da un sistema di trasporti pubblici esteso e capillare, pur nella sua arretratezza, che assorbe la stragrande maggioranza degli spostamenti delle persone e delle merci sia su scala urbana che nazionale, a Ovest la rete dei trasporti su ferro e il trasporto pubblico locale sono decisamente più moderni ma in alcuni Paesi - e tra questi soprattutto l'Italia - l'auto e i Tir assorbono la quota più alta degli spostamenti. Sul fronte dei consumi finali di energia, l'Europa dei 15 ha subito un aumento del 10% dal 1990 al 2000; nell'arco dello stesso periodo, i 10 nuovi Paesi dell'Unione hanno visto invece una diminuzione del 21%. Ma la questione è più complessa. L'est europeo è dotato di un sistema di produzione energetica obsoleto e inquinante, con una forte presenza di nucleare e vecchie centrali mentre il quadro energetico della vecchia Europa risulta prevalentemente in grado di puntare sull'innovazione, sulle rinnovabili e sull'efficienza, nonostante una buona dose di eterogeneità. Basti pensare, per esempio, al divario tra la Germania, che ha già messo in atto importanti performance ed è in ottima posizione rispetto al rispetto degli accordi di Kyoto, e l'Italia che non può certo vantare prestazioni lusinghiere nel campo delle rinnovabili e ha un sistema energetico che non è in grado di puntare decisamente verso uno sviluppo innovativo, moderno, compatibile.
Il panorama dell'Europa a 25 sul fronte energia, trasporti e ambiente è, insomma, chiaramente variegato - a testimonianza del mancato perseguimento comune di una svolta radicale nella lotta alle emissioni - ma l'andamento differenziato dei due blocchi è evidente. Come confermano i numeri.
Nell'Europa dei 15, la densità media delle linee ferroviarie è di 47 Km/1000 KmⲀ e ha subito tra il 1995 e il 2000 un leggero decremento. La densità media dei 10 paesi da poco entrati in Europa è invece di 67Km/1000 KmⲀ
Il trasporto stradale, invece, ha conosciuto e conosce tuttora un trend in continua espansione: nei 15, c'è stata una costante crescita nella densità delle autostrade e delle superstrade (i due estremi sono Olanda e Belgio con 56Km/1000KmⲀ e Irlanda e Finlandia rispettivamente con 1 e 2Km/1000KmⲀ) mentre per i 10 paesi entrati da poco nell'Unione europea, la densità delle strade è piuttosto bassa (con l'eccezione di Cipro e Slovenia). La densità di autostrade e superstrade si attesta nella Ue dei 15 sui 16Km/1000KmⲀ mentre nei 10 è di 4Km/1000KmⲀ. Il tasso di motorizzazione privata, a Est come a Ovest, è in continuo aumento. Tuttavia, il valore medio dei primi 15 paesi Ue è 478 auto ogni 1000 abitanti, quasi il doppio rispetto alla media dei nuovi entrati che consta di 275 auto ogni 1000 abitanti.
Il consumo totale di energia relativo all'Europa dei 15 ha subito un aumento del 10% dal 1990 al 2000. L'aumento più cospicuo si è avuto nel settore dei trasporti, con un +22% nell'ultimo decennio, mentre nel settore industriale l'aumento è stato del 2%. Nei 10 nuovi paesi Ue si nota un andamento opposto: dal 1990 al 2000 il totale dei consumi finali di energia è diminuito del 21%. La riduzione maggiore dei consumi si è registrata nel settore industriale, con un -38%. Solo il settore dei trasporti nello stesso periodo ha registrato un aumento dei consumi, con un +16%.
La capacità installata di impianti di produzione di energia elettrica dal 1990 al 2000 nell'Europa dei 15 è aumentata del 16%, per un totale di 581.903 MW. Il settore con la capacità installata più alta è quello del termoelettrico che ha subito un incremento del 19% nell'ultimo decennio. Per l'insieme dei 10 nuovi Paesi Ue la capacità installata totale è, nel 2000, di 61.645 MW. Anche per quanto riguarda loro, la capacità installata più importante è quella degli impianti termici (con il 74% della capacità totale installata nel 2000), seguita dagli impianti idroelettrici (13%) e dal nucleare (13%). Praticamente inesistente la produzione da fonti rinnovabili nei Paesi dell'est, mentre nei 15 la capacità installata per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili è aumentata del 21.7% nel decennio 1990-2000. Nel 2000 per i paesi Eu 10 l'idroelettrico rappresenta praticamente la totalità della capacità installata tra le rinnovabili (con un incremento rispetto al 1990 del 263%).
Il miglioramento complessivo del sistema energetico europeo e lo sviluppo delle fonti rinnovabili, la progressiva uscita dal nucleare, un nuovo modello nel settore dei trasporti, la consistente riduzione delle emissioni inquinanti e dei gas serra: sono le priorità che Legambiente individua per rendere più sostenibile lo sviluppo. Attraverso una forte innovazione nei prodotti e nei processi produttivi, lo sviluppo delle fonti rinnovabili, la conversione ambientale del parco termoelettrico tradizionale, la conversione del sistema della mobilità, l'incremento degli ecosistemi naturali in grado di trattenere la CO2 e gestione dei "meccanismi flessibili". Tutti obiettivi alla portata dell'Europa, che possono portare benefici innegabili non solo all'ambiente e alla lotta all'effetto serra ma anche alla realizzazione di una economia più florida e duratura, al miglioramento delle condizioni sanitarie della popolazione, alla qualità della vita.