Bolivia: richiesta l'estradizione per Sanchez de Lozada

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A Seguito della Carovana internazionale in Bolivia promossa da A Sud lo scorso ottobre, con una interrogazione parlamentare alcuni senatori italiani hanno chiesto l'estradizione del Presidente Sanchez De Lozada, rifugiatosi negli Stati Uniti, perché sia giudicato in Bolivia per i crimini commessi durante la guerra del Gas dell'ottobre del 2003. L'ex Presidente è accusato di aver ordinato alle truppe militari di sparare ad altezza uomo sui manifestanti: vennero uccise 67 persone e ferite circa 400.

Legislatura 14⺀ - Aula - Resoconto della seduta n. 958 del 10/02/2006

MONTINO, IOVENE, ANGIUS, BASSO, BONAVITA, GASBARRI, LONGHI - Al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro degli affari esteri -

Premesso:

che nell'ottobre del 2003 la Bolivia, in particolare la zona della ex capitale La Paz, è stata scossa da violente manifestazioni popolari a seguito dell'annuncio dell'allora Presidente della Repubblica Gonzalo Sanchez De Lozada che il gas boliviano di Tarija sarebbe andato a finire in Cile, attraverso il consorzio Pacific Lng, composto da British gas, Panamerican Energy e Respol, per poi essere esportato principalmente verso Stati Uniti e Messico;

che già dal 1994 il governo boliviano aveva dato carta bianca ad alcune multinazionali per vendere a un prezzo pari a quasi la metà di quello di mercato (0,7 dollari per mille piedi cubici contro 1,3 dollari) 5 milioni di miliardi di piedi cubici di gas grezzo, incassando però solo il 18 per cento della somma pattuita sotto forma di royalty;

che a seguito di ciò i boliviani furono costretti a ricomprare dalle stesse compagnie il gas e il petrolio che le multinazionali acquistavano a costo ribassato; che i prezzi dei carburanti nel Paese andino diventarono in poco tempo i più alti dell'intera America Latina ed a seguito di ciò si determinarono giornate di intense mobilitazioni sociali e di blocchi stradali al fine di impedire il rifornimento di gas Iniziò uno sciopero generale illimitato convocato [⅀] per la difesa delle risorse nazionali e contro le politiche neoliberiste economiche e sociali;

che l'allora governo militarizzò l'intera zona intorno a El Alto, affidando all'esercito il compito di reprimere violentemente l'insurrezione;

che l'11 ottobre 2003 il presidente Sanchez de Lozada ha ordinato alle truppe d'élite del Quarto Cavalleria Ingavi, di stanza a El Alto, di sparare sulla folla. E' una carneficina. A terra rimangono - secondo le stime ufficiali - 67 morti e 400 feriti. Stime ufficiose alzano il numero delle vittime a più di ottanta. Fra loro due bambini di otto e cinque anni. Ma anche donne in stato di gravidanza, vecchi, passanti e tanti padri e mariti, che hanno lasciato le loro donne e i loro figli senza alcun tipo di reddito;

che il 17 ottobre 2003 de Lozada e tre suoi Ministri sono fuggiti in elicottero, trovando rifugio presso il governo degli Stati Uniti. Abbandonano il paese, che elegge ad interim Carlos Mesa, che il 7 novembre consegna ad un'esigua parte dei familiari delle vittime la somma di 400 bolivianos (corrispondenti a circa 40 euro) come risarcimento. Attualmente la maggior parte dei familiari delle vittime non riceve alcun tipo di sussistenza;

che nel novembre 2003 il deputato Evo Morales - allora candidato e poi divenuto Presidente della Repubblica nelle elezioni del 18 dicembre 2005 - diede inizio all'iter per l'incriminazione dell'ex presidente Gonzalo Sanchez de Lozada e dei suoi Ministri;

che il 13 ottobre 2004, dopo settimane di mobilitazioni pacifiche da parte delle organizzazioni delle vittime e delle organizzazioni sociali boliviane, con il decreto n. 0040/04-05 il Congresso Nazionale della Repubblica ha autorizzato il processo penale contro l'ex Presidente boliviano, contro Carlos Sanchez Berzaìn, allora Ministro della difesa, e contro Jorge Berdindoague, ex Ministro degli idrocarburi, tutti attualmente residenti negli Stati Uniti, e contro il resto del gabinetto dei Ministri, formato da: Yerko Andrei Kukok del Carpio, Javier Torrez Gotia Caballero, Hugo Carvajal Doloso e altri;

che ben nove ministri sono stati formalmente accusati mentre il giudizio sull'ex presidente Sanchez de Lozada è in questo momento ostacolato dallo scoglio della legge interpretativa n. 2445, che riguarda il giudizio di responsabilità per gli alti dignitari di Stato; che la priorità delle associazioni delle vittime, in primis il "Comité Impulsor el Judicio de Responsabilidades", presieduto dall'avvocato dottor Rogelio Mayta di La Paz, è quella di sbloccare la pratica legale contro Sanchez de Lozada, in mano ad un pool di avvocati statunitensi, e fare in modo che la rogatoria emessa dalla cancelleria boliviana sia accolta dalle autorità statunitensi e venga così notificata l'accusa all'ex Presidente, all'ex Ministro della difesa e all'ex Ministro degli idrocarburi, perché questi si presentino in Bolivia e presentino la loro dichiarazione informativa;

considerato:

che il 18 dicembre 2005 si sono svolte in Bolivia le elezioni presidenziali che hanno visto prevalere con il 53,7% dei voti il leader del Movimento per il Socialismo (MAS) Evo Morales, indigeno aymara presidente delle sei federazioni di piantatori di coca, deputato di Cochabamba;

che la Bolivia si posiziona al secondo posto, dopo il Venezuela, nel ranking dei paesi latinoamericani in quanto a riserve naturali, con i suoi 78 giacimenti che garantiscono riserve pari a 70 trilioni di piedi di cubi di gas; che la Bolivia, anche se paese ricco di risorse naturali, ha un indice crescente di estrema povertà, si chiede di sapere se il Governo non ritenga di dover intervenire in tutte le sedi internazionali, nonché presso il governo statunitense, affinché il processo di estradizione degli imputati abbia inizio. (4-10193)

Roma, 21 febbraio 2006

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