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Un vortice freddo surriscalda il mondo?
Cambiamento climatico
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Vortice polare… sembra quasi il nome di una mozzafiato attrazione da luna park. Invece no. È una beffa. Lo dicono in tanti, svariati metereologi (improvvisati o laureati) lo sostengono, negando ogni evidenza del cambiamento climatico in corso. Certo, con questo freddo com’è possibile che sia in corso un riscaldamento globale? Le temperature percepite di oltre 50 gradi sotto lo zero che hanno sferzato nei giorni scorsi gli Stati Uniti ne sono un gelido esempio. Nemmeno possiamo dirle marziane, perché su Marte fa più caldo! Ma facciamo un passo indietro.
Il vortice polare è un’area di bassa pressione che in maniera semi permanente staziona in quota sopra il Polo Nord. Un’area depressionaria che, fino agli ’70, era considerata una superficie di separazione tra l’aria artica e quella della medie latitudini: in parole semplicissime, una sorta di sacca d’aria fredda la cui corrente antioraria viene alimentata dalla rotazione terrestre condizionando su larga scala la situazione meteorologica dell’emisfero boreale e interagendo a distanza con gli anticicloni subtropicali. Quella che interessa la parte nord del continente americano in questi giorni è la conseguenza di un allineamento “inconsueto” di una serie di condizioni meteo, che hanno portato il vortice polare artico a dividersi in due grandi “lobi” (per l’inserimento di masse d’aria miti convogliate da cicloni extratropicali) e a spingersi molto più a sud del consueto, sorprendendo in maniera ancor più invadente perché arrivato dopo mesi di pesanti anomalie termiche positive. Il cinismo è ben lontano dalle mie parole se dico che i morti (al momento 21) per il freddo che attanaglia gli Stati Uniti sono solo una piccola parte del problema, così come lo sono i treni bloccati, gli oltre 11000 voli cancellati, il traffico ingolfato, i rifugi di emergenza allestiti in fretta e furia.
Il consulente scientifico del presidente Obama, John Holdren, replica in un video a chi sostiene che il freddo record del Paese confuti, anziché confermare, il riscaldamento del Pianeta: “Nessun episodio meteorologico può singolarmente provare o smontare la tesi del cambiamento climatico a livello globale. Chiamiamo “clima” il comportamento ricorrente che osserviamo geograficamente e stagionalmente, che viene individuato tramite medie, variazioni e probabilità ma…”, precisa Holdren, “crescenti prove suggeriscono che il tipo di freddo estremo in corso mentre parliamo è un evento che ci aspettiamo di vedere con maggiore frequenza visto che il riscaldamento globale continua”. E questa è la ragione: nel riscaldamento generale di cui siamo testimoni, le zone artiche si stanno surriscaldando al doppio della velocità rispetto alle medie latitudini, e questo fa sì che la differenza di temperatura che rispettivamente le caratterizza si riduca sempre più. Ciò causa un movimento maggiore del vortice. Più freddo verso sud, più caldo verso nord.
Per “frotte di eccitati eco-scettici” questo significa ben poco. A me mai sarebbe venuto in mente di apostrofare così i negazionisti del cambiamento climatico, ma probabilmente l’espressione è calzante per definire coloro i quali, cogliendo al volo una facile e deresponsabilizzante motivazione servita su un piatto d’argento, si chiamano fuori dalla responsabilità ambientale ciascuno di noi ha in quanto tutore della Terra che abita in comodato d’uso. Allo stesso modo è bene ricordare che il cambiamento climatico si misura valutando a livello continentale le tendenze globali del tempo meteorologico nel corso di decenni, non gli eventi che accadono in pochi giorni in una piccola regione. Nessuna manipolazione dell’opinione pubblica quindi nel sostenere che i recenti fatti siano in qualche modo correlati ai cambiamenti in atto su larga scala. Semplicemente un monito per ricordare che, siano le cause del cambiamento climatico più o meno dirette, esse derivano principalmente da varie e sempre più originali forme di inquinamento (gas serra principalmente). E se non possiamo agire sulla “casualità” della natura, certo possiamo intervenire sull’azione dell’uomo.
Qualcuno (per la precisione Hunter Lovins, co-fondatore del Rocky Mountain Institute) definisce il riscaldamento globale piuttosto come “global weirding“: efficace maniera di condensare l’attenzione sul fatto che l’aumento delle temperature medie a livello globale condurrà con ogni probabilità ad ogni sorta di bizzarrie. Se siano dell’uomo o della natura, questo è da vedere.