Riscaldati e impollinati!

Stampa

Foto: Unsplash.com

Chi ha qualche allergia stagionale e ha l’impressione che ogni anno la stagione dei pollini diventi sempre più lunga e faticosa ha ragione. Anche se diversi studi effettuati in serra hanno già scoperto che gli aumenti della temperatura e dell’anidride carbonica atmosferica, segni distintivi del cambiamento climatico di origine antropica, possono causare una maggiore produzione di polline, gli scienziati non avevano ancora esaminato le tendenze dei pollini su scala continentale in relazione al contributo del cambiamento climatico. Lo ha fatto lo studio “Anthropogenic climate change is worsening North American pollen seasons”, pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS) lo scorso febbraio da un team di ricercatori statunitensi guidato da  William Anderegg della School of Biological Sciences dell’Università dell’Utah. Finanziato da David and Lucille Packard FoundationNational Science Foundation e National institute of food and agriculture dell’United States department of agriculture (Usda), lo studio ha dimostrato che almeno negli Stati Uniti e in Canada “I cambiamenti climatici causati dall’uomo hanno svolto un ruolo significativo nell’allungamento della stagione dei pollini e un ruolo parziale nell’aumento della quantità di polline” visto che “Le stagioni dei pollini iniziano 20 giorni prima, sono 10 giorni più lunghe e presentano il 21% in più di polline rispetto al 1990”, il che significa più giorni di asma, pruriti, starnuti e naso che gocciola.

Per Anderegg se “Una serie di studi su piccola scala, di solito in serra su piante di piccole dimensioni, hanno già indicato forti legami tra temperatura e polline, adesso questo studio rivela una connessione su scala continentale e collega esplicitamente i trend del polline al cambiamento climatico causato dall’uomo”. Il team di ricercatori ha analizzato le misurazioni realizzate tra il 1990 e il 2018 in 60 stazioni di controllo dei pollini negli Stati Uniti e in Canada, gestite dal National Allergy Bureau: “Queste stazioni raccolgono polline e campioni di muffa nell’aria, che vengono poi contati a mano da contatori certificati. Le quantità di polline a livello nazionale sono aumentate di circa il 21% durante il periodo di studio e gli aumenti maggiori sono stati registrati in Texas e negli Stati Uniti del Midwest, più tra i pollini degli alberi che tra le altre piante. Le stagioni dei pollini oggi iniziano circa 20 giorni prima rispetto al 1990, suggerendo che il riscaldamento globale sta facendo sì che la tempistica interna delle piante (chiamata anche fenologia) inizi a produrre polline fin dall’inizio dell’anno”. Applicando metodi statistici ai trend del polline incrociati con una ventina di modelli climatici “I risultati hanno dimostrato che il cambiamento climatico da solo potrebbe essere responsabile dell’allungamento della stagione dei pollini e di circa l’8% della quantità di polline in aumento”. Dividendo gli anni di studio in due periodi, 1990-2003 e 2003-2018, gli scienziati hanno scoperto che “Il contributo del cambiamento climatico all’aumento della quantità di polline sta accelerando” e potrebbe ulteriormente peggiorare “nei prossimi due decenni”.

Le conseguenze? Per molti americani e canadesi le allergie al polline disperso nell’aria possono essere più di un semplice fastidio stagionale: sono legate alla salute respiratoria, con implicazioni che riguardano infezioni virali, visite al pronto soccorso e influenzano persino le prestazioni scolastiche dei bambini. Secondo Anderegg oggi “ogni respiro primaverile che facciamo aumenta la miseria umana degli allergici”. Una situazione che non riguarda solo Stati Uniti e Canada visto che i cambiamenti climatici sono fenomeni globali che interessano anche il Belpaese dove secondo i più recenti dati dell’Ispra “Nel 2019 l’anomalia della temperatura media sulla terraferma è stata di +1.56°C rispetto al periodo 1961-1990”.  Di conseguenza anche i dati su pollini e fioriture rilevati nel 2020 dal Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (Snpa) rivelano una stagione pollinica molto intensa e, in alcuni casi, molto precoce. Se la stagione estiva normalmente segna una graduale diminuzione delle concentrazioni polliniche aerodiffuse, da gennaio a maggio dello scorso anno le concentrazioni di polline sono state molto elevate e hanno caratterizzato un periodo particolarmente difficile per chi soffre di allergie. Quest’anno le temperature sono state più rigide, ma lo scorso anno “L’inizio anticipato della stagione dei diversi tipi di polline non è stata sorprendente” visto che per il Snapa “Si è registrato un inverno molto mite (da dicembre a febbraio) e una primavera particolarmente calda (da marzo a maggio). La temperatura nel mese o nei due mesi prima dell’inizio della stagione pollinica è determinante per la data della fioritura delle diverse specie”.

A quanto pare il clima soleggiato e asciutto favorisce il rilascio di grandi quantità di polline di piante ad alto fusto e degli arbusti. In particolare nel 2020 “La dispersione del polline durante il periodo di fioritura è stata raramente interrotta da giorni di pioggia nel periodo primaverile. Il mese di giugno, caratterizzato da una piovosità ricorrente, ha potenziato le funzioni vegetative delle piante, ma non ha certamente mitigato la sintomatologia allergica, né ha ridotto la carica pollinica delle piante a fioritura tardo primaverile-estiva”. In particolare fronti temporaleschi con forti raffiche di vento, fenomeni sempre più comuni in un clima che anche in Italia si va tropicalizzando, è un’altra situazione meteorologica che favorisce la diffusione di pollini e di altre particelle nell’aria, causando potenzialmente improvvise crisi allergiche o attacchi di asma, al contrario delle piogge più costanti capaci di dilavare tutte le particelle di polline dall’aria alleviando i sintomi delle persone che soffrono di un’allergia al polline. Cosa accadrà quest’anno è ancora difficile da dire, ma nonostante dei mesi invernali più rigidi del passato, la tendenza generale del cambiamento climatico fa pensare che anche in Italia il numero significativamente più alto di giorni con un più elevato numero di pollini, potrebbe diventare la normalità.

Alessandro Graziadei

Sono Alessandro, dal 1975 "sto" e "vado" come molti, ma attualmente "sto". Pubblicista, iscritto all'Ordine dei giornalisti dal 2009 e caporedattore per il portale Unimondo.org dal 2010, per anni andavo da Trento a Bologna, pendolare universitario, fino ad una laurea in storia contemporanea e da Trento a Rovereto, sempre a/r, dove imparavo la teoria della cooperazione allo sviluppo e della comunicazione con i corsi dell'Università della Pace e dei Popoli. Recidivo replicavo con un diploma in comunicazione e sviluppo del VIS tra Trento e Roma. In mezzo qualche esperienza di cooperazione internazionale e numerosi voli in America Latina. Ora a malincuore stanziale faccio viaggiare la mente aspettando le ferie per far muovere il resto di me. Sempre in lotta con la mia impronta ecologica, se posso vado a piedi (preferibilmente di corsa), vesto Patagonia, ”non mangio niente che abbia dei genitori", leggo e scrivo come molti soprattutto di ambiente, animali, diritti, doveri e “presunte sostenibilità”. Una mattina di maggio del 2015 mi hanno consegnato il premio giornalistico nazionale della Federazione Italiana Associazioni Donatori di Sangue “Isabella Sturvi” finalizzato alla promozione del giornalismo sociale.

Ultime su questo tema

Clima e climatizzatori!

18 Agosto 2025
I condizionatori d’aria mitigano la crisi climatica che contribuiscono ad aggravare? (Alessandro Graziadei)

Cosa dobbiamo raccontare ancora, di questo diabolico Risiko? Il punto

25 Luglio 2025
Si parte confine fra Thailandia e Cambogia, con una nuova guerra che pare prendere forma da vecchie dispute. (Raffaele Crocco)

Zuppa mediterranea

23 Luglio 2025
ll Mar Mediterraneo, uno dei principali hotspot climatici a livello globale, continua a scaldarsi. (Alessandro Graziadei)

Accompagnare il declino?

15 Luglio 2025
Le Terre Alte hanno veramente intrapreso un percorso di spopolamento irreversibile? (Alessandro Graziadei)

Oltre 295 milioni di persone nel mondo hanno sofferto di fame acuta nel 2024

08 Luglio 2025
Insicurezza alimentare e malnutrizione sono in aumento, colpiti 38 milioni di bambini sotto i cinque anni. Il numero di quanti soffrono di fame catastrofica è più che raddoppiato, raggiungendo 1,9...

Video

Roghi in California: la solidarietà dei giovani greci di Mati