Pakistan: arriva il colera ma non gli aiuti

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Secondo l’Unicef sono 20,3 milioni di persone vittime delle alluvioni. L’emergenza in Pakistan si presenta, per estensione geografica, complessità e durata, come la più grave cui l’ONU abbia mai dovuto rispondere, con un numero di persone coinvolte che supera la somma delle popolazioni colpite dallo tsunami del 2004, dal terremoto del 2005 in Kashmir e dal sisma di quest’anno ad Haiti.

A quasi 2 mesi dall’inizio della crisi, nella provincia meridionale del Sindh l’emergenza è in pieno corso, con vaste aree tuttora alluvionate, decine di migliaia di persone evacuate ogni giorno e 7,3 milioni di persone colpite: 2,3 milioni versano in gravi condizioni, tra cui 1,5 milioni sfollate in oltre 4.200 campi d’accoglienza spesso sovraffollati e privi di servizi.

Nelle regioni settentrionali, il ritiro delle acque sta permettendo un primo rientro delle popolazioni alluvionate, spesso prive di mezzi di sussistenza e bisognose d’assistenza immediata, mentre le acque stagnanti aumentano i rischi di epidemie di malaria, con il paese che risulta così sottoposto ad una sorta di disastri simultanei che richiedono diversa risposta.

Circa 1/5 dell’intero paese - un territorio pari alla superficie di Belgio, Austria e Svizzera – è stato colpito dalle inondazioni, una sorta di “tsunami al rallentatore” che distrutto raccolti e campi coltivabili.

Dall’inizio della crisi, a fine luglio, le persone colpite dall’emergenza sono salite da 3,2 milioni alle 20,3 milioni attuali, molte delle quali rimaste senza riparo, stremate dalla mancanza di cibo e dal caldo soffocante, con limitato accesso a strutture sanitarie, all’acqua potabile e ai servizi igienici, che per le ultime 2 non supera il 28% e 20% delle popolazioni colpite. Il numero delle vittime accertate è di 1.752 morti, con più di 2.700 i feriti, ma si teme che, una volta che le acque si ritireranno, il bilancio risulterà molto più grave.

Tutte le 5 province del paese sono state colpite dalle alluvioni protrattesi nell’arco di circa 2 mesi, con l’emergenza che si è gradualmente spostata da nord verso sud, generando una crisi complessa che richiede modalità di risposta variabili: se nella provincia di Sindh gli effetti delle piogge monsoniche hanno provocato esondazioni di fiumi e laghi anche negli ultimi giorni - con gli alluvionati passati da 4,7 milioni a oltre 7,3 milioni - in altre aree meridionali le piogge si sono arrestate, ma i fiumi e i laghi sono ancora in piena e a rischio straripamento, come avvenuto negli ultimi giorni in Balochistan.

Di contro, nel nord del paese le popolazioni hanno iniziato a tornare alle terre d’origine, soprattutto nel Punjab e nel Khyber Pukhtoonkhawa, dove 2/3 degli alluvionati sono rientrati, spesso privi di tutto, ai villaggi d’origine devastati dalle inondazioni. In altre regioni ancora, le acque si ritireranno più lentamente, anche a causa del tipo di suolo, con la formazione di acque stagnanti che aumenta i rischi di epidemie di malaria e di malattie veicolate da acqua contaminata, tra cui il colera.

Questo tipo di emergenza multipla richiede un tipo di risposta che varia dal primo soccorso nel Sud, all’assistenza alle popolazioni di rientro ai villaggi d’origine nel Nord. Di contro, tutte le popolazioni hanno bisogno d’assistenza immediata, sia per la sussistenza quotidiana, sia medico-sanitaria. Degli oltre 5,5 milioni di pazienti bisognosi di assistenza medica, il 16% è affetto da malattie della pelle, il 5% da infezioni respiratorie acute, il 16% da diarrea acuta e il 17% da sospetti casi di malaria.

L’emergenza non è destinata a finire con l’esaurirsi delle alluvioni: case, terreni agricoli, bestiame, centri sanitari e scuole sono andati del tutto in parte perduti. L’attuale crisi, inoltre, colpisce regioni già prostrate dal conflitto interno del 2009, con oltre 1,3 milioni di persone sfollate e altre 1,9 milioni da poco rientrate nelle terre origine dello Swat, dove si registrano ora nuovi problemi legati alla sicurezza.

Un mese fa AGIRE ha lanciato un appello in favore delle popolazioni colpite. I fondi raccolti sosterranno gli interventi del network che, in Pakistan, sta distribuendo acqua potabile, cibo, kit igienico-sanitari e altri generi di prima necessità e prestando cure mediche attraverso cliniche mobili. Ad oggi i loro interventi hanno raggiunto oltre 200.000 persone.

Ban Ki Moon, è ormai all’ennesimo sollecito. Ma gli aiuti tardano ad arrivare.[F.P.]

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