Mitigazione: I paesi industrializzati sotto esame

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Si è chiuso lunedì 8 Dicembre, il primo storico Multilateral Assessment (Valutazione Multilaterale), un esercizio finalizzato a coinvolgere tutte le Parti nel valutare gli sforzi di mitigazione del clima dei paesi industrializzati (tecnicamente, i paesi Annex 1 della Convenzione). Si tratta del secondo step all’interno di un processo più ampio - l’International Assessment and Review (IAR) - iniziato a gennaio 2014 con la sottomissione dei Report Biennali sugli sforzi di mitigazione dei paesi sviluppati e la successiva review tecnica. L’MA è iniziato sabato 6 dicembre con le presentazioni di Unione Europea e alcuni stati membri, tra cui l’Italia. È poi continuato ieri, con i contributi di altri paesi Annex 1, tra cui Nuova Zelanda e Stati Uniti. Questo esercizio, previsto dall’accordo di Durban (2011), è stato salutato dalle Parti come un’occasione per favorire una maggiore trasparenza e condivisione nelle esperienze nazionali intraprese per ridurre le emissioni.

In realtà, è sembrato di assistere piuttosto ad un esercizio accademico, con le presentazioni PowerPoint da parte degli stati “sotto esame” e con poca discussione ed analisi critica a seguire. Questo è emerso soprattutto durante il primo giorno di MA. Non per nulla l’agguerrita delegazione brasiliana ha più volte richiamato l’attenzione su questo punto, raccogliendo il supporto dello presidente del Subsidiary Body for Implementation (SBI), organismo ausiliario alla convenzione all’interno del quale il MA si è svolto. In effetti, lunedì la situazione è un po’ migliorata e le domande sono state tanto numerose da generare ritardi sia nella sessione della mattina che quella del pomeriggio. Fiji, Brasile, Cina, Arabia Saudita si sono contraddistinti per essere tra i paesi in via di sviluppo più attivi ed agguerriti durante la sessione, affiancati da USA, Canada e Australia per quanto riguarda i paesi sviluppati.

Da un punto di vista formale, la MA rappresenta una piattaforma importante per fare il punto su ciò che stanno facendo i paesi sviluppati in termini di impegni di mitigazione. Tuttavia, questo esercizio potrebbe essere migliorato notevolmente. In particolare, i risultati presentati sono poco confrontabili tra di loro, principalmente a causa delle diverse metodologie adottate dai singoli paesi per la valutazione. Inoltre, la sensazione è che gli effettivi sforzi in questo esercizio da parte dei paesi sviluppati siano stati abbastanza diseguali. Se la presentazione dell’Unione Europea era basata un rapporto biennale di 200 pagine, quello statunitense era lungo poco più di 30. Non a caso, gli USA sono stati letteralmente sommersi dalle domande da paesi in via di sviluppo e non. L’esercizio continuerà l’anno prossimo a Bonn in giugno e in dicembre a Parigi. La speranza è che questa prima esperienza possa essere da stimolo ad un miglioramento, in modo tale da rendere MA realmente utile e a supporto della trasparenza all’interno della Convenzione.

In questi giorni, non solo i paesi sviluppati hanno dovuto rendere conto dei propri sforzi di mitigazione. Venerdì scorso si è infatti celebrato il NAMA (Nationally Appropriate Mitigation Actions) day, volto a presentare gli impegni volontari intrapresi dai paesi in via di sviluppo nella riduzione delle proprie emissioni climalteranti. Introdotti dalla COP13 (2007), i NAMA si caratterizzano come iniziative di mitigazione calibrate sulla base delle specifiche condizioni socio-economiche e degli imperativi di sviluppo dei paesi promotori. La giornata ha visto numerose presentazioni di NAMAs supportati da governi nazionali, organizzazioni internazionali, banche di sviluppo nazionali e multi-laterali, il settore privato e le ONG.

Elisa Calliari - Agenzia di Stampa Giovanile

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