Del 2020 ricorderemo anche il caldo?

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Foto: Ametsoc.org

Di solito i bilanci si fanno a fine anno: si tira una riga, di qui i più, di là i meno et voilà, ecco il quadro sintetico di come sono andate le cose. A volte però il punto della situazione occorre più tempo per farlo, non solo per la miriade di dati necessari ad avere uno sguardo complesso e il più possibile completo sulla questione, ma anche perché certe volte, per misurare gli effetti delle nostre azioni, serve allontanarsene un po’. A parlare ora del 2020 sembra di scontare un ritardo sui tempi? Forse. E poi è così tanta la voglia di lasciarsi certe annate alle spalle. Eppure è uscito da poco un rapporto che non possiamo ignorare, e che dello scorso anno dà un verdetto inappellabile: uno degli anni più caldi dalla metà del ‘900 ad oggi, sia per mare che per terra.

La Società meteorologica americana (AMS), supervisionata dall’Agenzia federale per l’amministrazione degli Oceani e dell’Atmosfera (NOAA), ha rilasciato un ultimo studio sul clima, raccogliendo nel report “State of the Climate 2020” alcuni dati decisamente allarmanti: le temperature sono in continua crescita in tutto il mondo, i livelli di anidride carbonica hanno raggiunto nuovi record negativi e i ghiacciai continuano inesorabili a fondersi. Lo afferma un network di 530 scienziati che lavorano in 60 diversi Paesi e che hanno radunato misurazioni e dati raccolti in database indipendenti: un bilancio esaustivo e dettagliato che non lascia grande spazio alla speranza per la situazione climatica attuale e che è purtroppo confermato anche dall’andamento del 2021: il mese di settembre appena conclusosi è stato dichiarato come il quinto più caldo dal 1880.

Lo studio fa riferimento a indicatori specifici che danno evidenza di come il nostro Pianeta si stia sempre più surriscaldando. Tra i principali parametri considerati ci sono per esempio quelli relativi ai gas serra: nonostante i rallentamenti significativi provocati dalle chiusure dovute alla pandemia, le emissioni nocive hanno comunque stabilito un nuovo record (il livello più alto degli ultimi 800 mila anni!), raggiungendo una media annuale nell’atmosfera di 412,5 ppm (parti per milione) – erano 410 nel 2019.

Non se la passano meglio gli oceani, che nel 2020 hanno assorbito 3 mld di tonnellate di CO2 in più rispetto a quella prodotta, un valore superiore al 30% rispetto alla media degli ultimi 20 anni. Senza contare che nel 2020 la temperatura delle acque (dalla superficie fino a 2 km di profondità) è stata la più alta di sempre– una situazione che peggiora a vista d’occhio anche per l’innalzamento del livello dei mari (ca. 3 cm ogni 10 anni) e che contribuisce ad aumentare l’intensità di fenomeni estremi (p.es. gli uragani) e ad accelerare la fusione dei ghiacci. La regione Artica, ne abbiamo già riportato anche noi in interventi precedenti, sta vivendo un momento molto delicato, che comprende non solo manifestazioni meteorologiche inusuali come la pioggia, ma anche lo svilupparsi di incendi.

Annus horribilis anche per quanto riguarda la febbre della terra, aumentata di ca. 0,5 gradi rispetto ai livelli medi rilevati nel trentennio 1980-2010: un risultato che purtroppo non ha sorpreso gli scienziati, che hanno dovuto constatare come dal 2014 in poi la situazione sia andata gradualmente peggiorando rispetto agli ultimi secoli. Il 2020 è stato l’anno più caldo mai registrato anche in Europa (+1,9 °C rispetto alla media), con manifestazioni di diverso segno (troppe poche piogge al sud, troppe al nord), ma annoverabili alle stesse cause.

Che il clima stia cambiando è evidente, e forse una delle constatazioni più banali, ma personali e rilevabili con mano, è che nei nostri armadi non esistono più i capi per le mezze stagioni: si passa dalle maniche corte ai piumini nel giro di pochi giorni, avvicinando sempre più la distanza tra quel clima temperato che studiavamo a scuola come tipico delle nostre latitudini e i climi monsonici che ci sembravano così lontani e ostici. Certo è che complessivamente le tendenze – non quelle degli armadi, ma quelle scientifiche – confermano un trend che non dà purtroppo speranze, delineando una situazione che per il Pianeta – e ovviamente per noi e per tutte le altre creature che lo abitano – diventa sempre più insostenibile. Lo capiranno alla COP26?

Anna Molinari

Giornalista freelance e formatrice, laureata in Scienze filosofiche, collabora con diverse realtà sui temi della comunicazione ambientale. Gestisce il progetto indipendente www.ecoselvatica.it per la divulgazione filosofica in natura attraverso laboratori e approfondimenti. È istruttrice CSEN di Forest Bathing. Ha pubblicato i libri Ventodentro (2020) e Come perla in conchiglia (2024). Per la testata si occupa principalmente di tematiche legate a fauna selvatica, aree protette e tutela del territorio e delle comunità locali.

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