Piove in Groenlandia – ci importa?

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Foto: Unsplash.com

Bombardati come siamo da notizie di ogni genere, per lo più tragiche e tristi o all’opposto inutili e futili, che importa se piove in Groenlandia? È successo all’inizio di agosto, anziché neve nel punto più alto del continente è caduta pioggia. E li contiamo sulle dita di una mano quelli che si sono preoccupati. Eppure questa precipitazione anomala dovrebbe interessarci, parecchio: perché ciò che è accaduto non riguarda solo la Groenlandia e a precipitare siamo anche noi.

Nei giorni successivi alla pioggia, circa 870 km quadrati si sono fusi, per un totale di 7 miliardi di tonnellate che hanno inondato la cima, provocando uno shock senza precedenti per l’ecosistema dell’area. Lo sostiene John Walsh, professore all’Università di Alaska Fairbanks e scienziato del Centro Internazionale di ricerca sull’Artico, da anni attento a questi temi e alle manifestazioni atmosferiche dell’area, che denotano cambiamenti epocali e che ci spingono verso territori sconosciuti. 

La Groenlandia è una zona cardine nel sistema climatico mondiale e il meteo che si verifica nei suoi cieli porta con sé implicazioni a livello globale. I mari di Labrador e della Groenlandia, che bagnano l’isola sulle coste est, sud e ovest, giocano un ruolo chiave in quello che dagli studiosi viene definito “the global conveyor belt” delle correnti oceaniche. Una sorta di “nastro trasportatore” per i centri profondi di convezione, un processo in cui l’acqua più fredda e densa scende verso il basso e quella più calda sale in superficie. Un movimento che alimenta le correnti degli oceani in tutto il mondo e che aiuta d’altro canto a stabilizzare le temperature e le precipitazioni piovose. 

Questo processo viene però ostacolato dall’acqua dolce: meno densa dell’acqua salata, si ferma sulla superficie dell’oceano come un coperchio. Quando il ghiaccio si fonde e scivola in acqua, non solo si innalza il livello del mare ma anche il processo di convezione rallenta, provocando manifestazioni meteorologiche estreme in tutto il mondo.

È come una pentola d’acqua messa a bollire sul fuoco: la temperatura si alza e avviene ogni sorta di circolazione caotica. Un fenomeno che si è già verificato durante l’ultima era glaciale e che è durato da 110 mila a 15 mila anni fa: erano giorni in cui difficilmente si assisteva a un raffreddamento uniforme e globale. Le temperature fluttuavano rapidamente in tutto il mondo e gli emisferi australe e boreale alternavano lunghi periodi di calore ad altrettanti periodi di gelo. Nel 2016, gli scienziati hanno raccolto prove che hanno confermato che queste asincronie nelle manifestazioni meteorologiche erano in larga parte causate dal rallentamento delle correnti oceaniche, soprattutto di quelle intorno alla Groenlandia. Un fenomeno che si sta riproponendo in questi anni e che ha sicuramente contribuito all’evento piovoso delle scorse settimane, preparando l’aria per l’acqua e non per la neve e spingendola verso l’entroterra, acqua che a differenza della neve non garantisce la formazione degli strati che caratterizzano il suolo. Uno scompiglio per gli ecosistemi naturali e urbani, e per gli habitat di molte specie, come per esempio le renne, molte delle quali sono andate incontro alla morte perché incapaci di scavare nell’acqua ghiacciata (cosa che invece possono fare nella neve) per raggiungere la vegetazione che ne permette la sopravvivenza nei lunghi mesi invernali. Le conseguenze non sono a costo zero neanche per le comunità indigene, che dipendono dall’alternanza delle stagioni di ghiaccio e scioglimento sia per i trasporti che per le connesse migrazioni degli animali che le popolano.

Un fenomeno che, beffa del destino, si è verificato in Groenlandia proprio pochi giorni dopo che il panel delle Nazioni Unite per il Cambiamento Climatico ha rilasciato il report “Codice rosso per l’Umanità” in cui viene evidenziata la certezza che, anche nello scenario migliore, le temperature continueranno ad alzarsi per le prossime decine d’anni. Una serie di eventi che alternano documenti e buoni propositi a una realtà inquietante, che gli stessi scienziati confessano di non poter anticipare e le cui conseguenze potrebbero essere imprevedibili.

Che piova in Groenlandia dunque dovrebbe importarci, eccome.

Anna Molinari

Giornalista freelance e formatrice, laureata in Scienze filosofiche, collabora con diverse realtà sui temi della comunicazione ambientale. Gestisce il progetto indipendente www.ecoselvatica.it per la divulgazione filosofica in natura attraverso laboratori e approfondimenti. È istruttrice CSEN di Forest Bathing. Ha pubblicato i libri Ventodentro (2020) e Come perla in conchiglia (2024). Per la testata si occupa principalmente di tematiche legate a fauna selvatica, aree protette e tutela del territorio e delle comunità locali.

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