Di cosa parliamo quando parliamo di agricoltura rigenerativa

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Foto: Unsplash.com

I recenti episodi di contestazione da parte degli agricoltori mettono in evidenza come ormai il sistema agroalimentare, così come è stato progettato dai fautori della cosiddetta rivoluzione verde del secolo scorso, sia oggi insostenibile per gli aspetti ecologici, economici e sociali e – perché no ? - etici.

In questa situazione di disagio generale, le proposte che si pongono l’obiettivo di elaborare un modello diverso di produzione e consumo si moltiplicano. Alcune provengono dalla comunità scientifica, altre dalle aziende agricole stesse o da centri di innovazione che sviluppano ricerche partecipate che coinvolgono diversi componenti delle filiere agroalimentari. Tutte queste esperienze, di diversa natura e potenzialità, stanno sperimentando e applicando nuovi principi e pratiche, sviluppando proprie tecnologie. Chi non è del settore non sempre riesce a orientarsi e seguire il dibattito interno.

Tra le molte “agricolture del cambiamento” l’agricoltura rigenerativa (AR) appare promettente perché propone non solo di cambiare alcune parti del sistema, ma di elaborare e applicare nuovi principi e pratiche al fine di dare nuova vita, rigenerare gli agroecosistemi degradati, restituendo loro la capacità di produrre diffusamente alimenti sani e ricchi di elementi nutritivi. Vediamo quali sono le sue caratteristiche. 

Gli esordi dell'agricoltura rigenerativa

I ricercatori Gabel e Ho-Ping utilizzarono per primi l’espressione "agricoltura rigenerativa" nel lontano 1979, per indicare una svolta del sistema agro-alimentare all’interno dello scenario internazionale. Negli stessi anni il termine fu utilizzato anche da Robert Rodale, figlio del fondatore del Rodale Institute, dove si erano avviate sperimentazioni per valutare in pratica i principali caratteri e i risultati dell’agricoltura biologica rigenerativa. Si rivoluzionava il sistema allora predominante attraverso alcuni forti cambiamenti: era adottato un approccio olistico per superare un riduzionismo considerato controproducente e per integrare gli aspetti di miglioramento ambientale e sociale, escludendo l'uso di fertilizzanti e fitosanitari di sintesi (vedi i sette principi dell’agricoltura rigenerativa). In seguito, Rodale e molti altri scienziati utilizzarono il termine "rigenerativo" per indicare qualcosa che potesse andare oltre al concetto di sostenibile.

Questa prima fase pionieristica, seguita da un periodo di interesse non particolarmente acceso, è comunque stata un trampolino di lancio per il forte risveglio avvenuto con il nuovo secolo.

Le tante definizioni

La più recente fioritura di pubblicazioni scientifiche che riportano l’attenzione sull’agricoltura rigenerativa s'inserisce all’interno del dibattito sulla sostenibilità in generale e sulle forme di agricoltura sostenibile, alternative all’agricoltura convenzionale di stampo industriale. Il numero di articoli di ricerca che utilizzano il termine "agricoltura rigenerativa" è aumentato esponenzialmente nell’ultimo decennio e ciò ha determinato un forte incremento di definizioni non sempre concordanti. Alcuni autori la descrivono sulla base dell’approccio sistemico basato su principi e pratiche necessarie per ripristinare le risorse e aiutare gli agricoltori a gestire la complessità; Ravenscroft, professore all'International Agriculture University, la definisce «una forma di impresa che coinvolge una comunità di persone impegnate nel lavoro collettivo di produzione e fruizione del cibo, di coltivazione della terra, di cura del paesaggio e di spazi di ricreazione». Secondo Malik e Verma, l'agricoltura rigenerativa è un insieme di tecniche modificate che si evolve nel tempo che prevede l'uso di metodi di agricoltura biologica. Altri autori la descrivono attraverso l’insieme dei principi su cui si basa: (i) l'abbandono della lavorazione del terreno; (ii) la riduzione degli eventi spazio-temporali di suolo nudo; (iii) il miglioramento della fertilità del suolo; (iv) la diversificazione dei sistemi colturali con l'integrazione del bestiame; (v) l'aumento della biodiversità; (vi) l'aumento del sequestro del carbonio; e (vii) la riduzione o l'eliminazione dei prodotti chimici di sintesi. Alcuni ricercatori sostengono che l'agricoltura rigenerativa , grazie a un nuovo approccio, ha la capacità di auto-rinnovamento e di resilienza, contribuisce alla salute del suolo, aumentando l’immagazzinamento idrico, migliorando e conservando la biodiversità e sequestrando il carbonio. Anche Schreefel e colleghi sottolineano il carattere di nuovo approccio dell'agricoltura rigenerativa che utilizza la conservazione del suolo come punto di partenza per rigenerare e contribuire a molteplici servizi ecosistemici...

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