Libertà per la Scozia! Un referendum, molte incognite

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Lo Scottish National Party è il giovane partito nazionalista di orientamento socialdemocratico che dal 2005 guida il governo scozzese. A capo di questa formazione siede, a partire dal 2005 appunto, Alex Salmond, che Enrico Franceschini su Repubblica paragona a “un highlander che assomiglia al Commissario Basettoni”. Salmond ha costruito la sua affermazione sulla promessa dell’indipendenza scozzese, avanzata, secondo l’Economist, “con una chutzpah politica al limite dell’arte performativa”, tanto che nessuno tra i suoi rivali lo ha mai preso troppo seriamente. Oggi, tuttavia, Salmond è vicino come mai prima d’ora al suo obiettivo. All’inizio di quest’anno, nelle vesti di premier scozzese, Salmond ha infatti presentato in Parlamento il documento dal titolo Your Scotland Your Referendum, che contiene le linee guida del governo per il referendum sull’indipendenza della Scozia.

Il quesito referendario. Nel documento si chiariscono diverse questioni. Anzitutto la domanda referendaria, che sarà: Do you agree that Scotland should be an independent country?” (“Siete d’accordo che la Scozia diventi una nazione indipendente?”). La data del referendum è fissata per l’autunno del 2014, in coincidenza con il 700mo anniversario della storica battaglia di Bannockburn, decisiva per l’allora indipendenza della Scozia. Il referendum sarà valido anche se non venisse raggiunto il quorum del 50 per cento. Dal punto di vista procedurale, la bozza finale del Referendum Bill sarà presentata in Parlamento all’inizio del 2013 per essere approvata entro novembre dello stesso anno. Se dovessero vincere i “sì”, l’indipendenza dal Regno Unito dovrebbe divenire effettiva entro il 2016.

La reazione di Londra. L’eventualità di un referendum, figuriamoci quella dell’indipendenza, non è ovviamente gradita a Londra. Il premier britannico Cameron sta mettendo in atto una strategia basata su due mosse per mettere in scacco Salmond. Da una parte, Downing Street punta sul contropiede proponendo che il referendum si tenga il prima possibile, giocando sul fatto che i numeri sono al momento sfavorevoli alla causa indipendentista: secondo un sondaggio realizzato da British Future, gruppo di ricerca indipendente, il 54% degli scozzesi si dice favorevole a restare nel Regno Unito. Altri sondaggi presentano numeri ancora meno favorevoli alla causa indipendentista. Allo stesso tempo, Cameron continua ad offirire significative concessioni alla Scozia nella duplice logica di allontanare l’interesse dal referendum e giocare sull’aggiunta di un possibile terzo quesito – il cosiddetto devo max – che darebbe alla Scozia un’autonomia fiscale pressoché totale ma non l’indipendenza politica. Questo quesito potrebbe spaccare in due il fronte indipendentista.

Conseguenze oltre la Manica. Non solo Londra, comunque, si preoccupa dei risvolti degli ultimi sviluppi, le cui conseguenze sono eccezionalmente vaste. La sola possibilità del referendum apre nuovi spazi per piccole nazioni europee che da tempo avanzano simili richieste, a partire dai Fiamminghi del Belgio che sembrano ormai orientati nella stessa direzione. In Italia, chi guarda con particolare interesse a questi sviluppi è senz’altro l’Alto Adige e la sua minoranza germanofona – la Südtiroler Volkspartei (SVP), primo partito provinciale, nel cui statuto dice esplicitamente che “L’appartenenza spirituale e culturale all’area linguistica tedesca e all’ambiente culturale dell’Europa centrale è un elemento strutturale fondamentale della politica della SVP”.

Senza allontanarsi troppo da Edimburgo, comunque, conseguenze immediate sono prevedibili per Galles e Irlanda del Nord, che a loro volta potrebbero ora reclamare maggiori spazi di autonomia dopo la devolution del 1997. Infine, restano moltissime domande rispetto a come sarebbe una Scozia del futuro: che moneta avrebbe, come calcolerebbe il proprio debito pubblico, avrebbe le proprie forze armate? E soprattutto, si chiede il Guardian, chi eserciterebbe controllo sul Mare del Nord, una risorsa economica fondamentale nell’economia contemporanea? Il dibattito sul referendum scozzese sta entrando nel vivo, e c’è da aspettarsi che saranno in molti ad parteciparvi, visto che gli interessi in gioco sono enormi e riguardano una moltitudine di attori politici ed economici.

Lorenzo Piccoli

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