In Tunisia la democrazia si allontana ?

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Foto: Unsplash.com

In questi giorni estivi un forte calore ammanta la Tunisia, sia dal punto di vista climatico che da quello politico/istituzionale

Sono trascorse appena 48 ore da quando il Presidente della Repubblica Kaïs Saïed é apparso sugli schermi televisivi dichiarando di aver sospeso l’Assemblea dei rappresentanti del popolo (ARP) per 30 giorni, esonerato il Primo Ministro, oltre che i Ministri della Difesa e della Giustizia, e revocato l’immunità parlamentare ai deputati; autonominandosi anche Procuratore generale della Repubblica ed imponendo il coprifuoco, dalle ore 19 alle ore 6, fino al prossimo 27 agosto.

Ora regna una calma apparente, un fiato sospeso, in attesa di nuovi e imprevedibili sviluppi, dopo le decisioni inattese, ma forti, del Capo dello Stato. 

Una decisione, come ha sottolineato il Presidente stesso che, secondo lui, é “in linea con l’ordinamento e l’art. 80 della Costituzione”, che stabilisce le responsabilità di intervento del Cittadino supremo in caso di rischio imminente per la stabilità del Paese.

“Conformemente alla Costituzione, ho preso delle decisioni che la situazione esigeva alfine di salvare la Tunisia, le Stato e il popolo tunisino”, é scritto sulla pagina facebook della Presidenza.

E’ stato un “colpo di stato” o un presa di posizione legittima e dovuta?  E’ questa la domanda che circola all’interno e all’esterno della Tunisia, in questo momento di confusione ed incertezza.

Questo intervento ha fatto seguito a una giornata di proteste in tutto il Paese, contro un ARP rissosa e inconcludente, presieduta dal contestatissimo Rached Ghannouchi, leader anche del partito islamico Ennadha; e contro l’evidente fallimento del Governo diretto da Hichem Mechichi, sia in campo economico/sociale, che nella gestione dell’epidemia di Covid 19, con l’implosione del sistema sanitario nazionale e un tasso di infezioni ormai da mesi stabile a circa il 30% dei tamponi eseguiti giornalmente, con decessi di circa 200 persone ogni 24 ore. Cifre importanti per un Paese di meno di 12 milioni di abitanti. 

Manifestazioni popolari che sono state sollecitate da un tam-tam sui social dal “Movimento del 25 luglio”, che sulla sua pagina ufficiale ha pubblicato l’insieme delle sue rivendicazioni, fra le quali la dissoluzione del Parlamento, la scelta di una data per la tenuta di elezioni anticipate, l’attribuzione al Presidente della Repubblica della competenza di sciogliere l’Assemblea dei rappresentanti del popolo, l’abolizione dell’immunità parlamentare ai deputati e l’attivazione di procedimenti penali per i responsabili dell’alto numero di decessi dei cittadini a causa dell’epidemia del Covid 19.

Colpisce l’assonanza fra alcune delle richieste di questo movimento giovanile di protesta e le decisioni di Kaïs Saïed, e nasce il dubbio di chi dei due sia la causa e chi l’effetto.

Sintomatico che la sera stessa del 25 luglio il Presidente sia sceso in strada, accanto alle migliaia di giovani che festeggiavano le decisioni appena annunciate da quest’ultimo, nonostante il coprifuoco. 

Il 25 luglio é una data decisamente importante per la Tunisia. Oltre ad essere la ricorrenza della Festa della Repubblica, ricorda anche l’assassinio dell’esponente politico Brahimi nel 2013, e la morte del non dimenticato Presidente Bèji Caid Essebsi, nello stesso giorno del 2019.

E quest’anno é stata anche la data della vittoria di una medaglia d’oro nei 400 stile libero di nuoto, alle olimpiadi di Tokyo, del 18enne Ayoub Hafnaoui. Medaglia che si é aggiunta a quella d’argento, vinta, il giorno prima, dall’atleta di taekwondo Mohamed Khelil Jendoubi.

Un turbinio di emozioni in poche ore per il popolo tunisino: dalla gioia della gloria sportiva alla rabbia per una situazione sociale e sanitaria che sta precipitando di ora in ora; poi l’esultanza per quanto deciso dal loro Presidente. 

IL Capo di Stato ha più volte minacciato nelle ultime settimane di agire per smantellare una crisi politica che attraversa la giovane, e ancora inesperta, democrazia.

Una crisi nella quale ha giocato un ruolo primario e negativo il Capo del governo Hichem Mechichi

Quest’ultimo aveva deciso un rimpasto ministeriale lo scorso gennaio nominando anche dei Ministri che, secondo la Presidenza della Repubblica, erano sospettati “ di corruzione e conflitto di interessi”. Giudizio che ha impedito al Presidente di accettare il loro giuramento di fedelta alla Costituzione

Da allora nove Ministeri sono stati dati ad interim ad altri Ministri in carica, compreso quello dell’Interno, assunto direttamente da Hichem Mechichi.

Un “imbroglio” politico che ha pesato molto sul buon decorso delle differenti funzioni istituzionali, ed ha acuito un conflitto inter-istituzionale fra le tre più alte cariche dello Stato che si trascina da tempo.

 A questi problemi di governabilità si é aggiunta l’impopolarità dell’ARP a causa delle continue risse, verbali e fisiche, fra i rappresentanti del popolo sin dai primi mesi della loro elezione, nel 2019. Durante le manifestazioni sopracitate, numerosi slogans reclamavano la dissoluzione dell’ARP.

Il mosaico dei partiti che la compone ed il disaccordo intorno alla complessa personalità del suo Presidente Rached Ghannouchi, hanno accentuato i problemi in seno all’Assemblea.

Rached Ghanouchi ha subito qualificato di “colpo di stato” le decisioni di Kaïs Saïed. La sera stessa non ha potuto entrare nella sede assembleare, impedito dall’esercito, che ha anche dispiegato delle forze davanti la sede della televisione nazionale.

Malgrado le scene di giubilo nelle strade tunisine molte domande rimangono sul tappeto di quella notte teatrale, soprattutto sulla legittimità costituzionale dell’intervento del Presidente. 

Gli esperti divergono sull’interpretazione dell’art 80 della Costituzione tunisina. 

L’assenza di una Corte costituzionale é di fatto un grave vulnus per normale decorso democratico/istituzionale , tenendo anche conto che la Costituzione edita nel 2014 é frutto di forti compromessi fra la parte laica e quella religiosa della Tunisia, e lascia spazio ad ampie possibilità interpretative.

E’ comunque comune sentire nella maggioranza dei Tunisini, anche negli osservatori più attenti, che la legittimità politica dell’azione di Kaïs Saïed superi il dubbio sulla legittimità giuridica. E la contesa sfocia sempre fra una visione laica o confessionale del Paese.  

L’ex Ambasciatore italiano in Tunisia Armando Sanguini, sulle pagine del sito online dell’Istituto degli studi di politica internazionale (ISPI) ha scritto: “di fronte ad una crisi sociale, economica e sanitaria senza precedenti per il Paese, e una classe dirigente incapace di gestire i disastro imminente, il Presidente Kaïs Saïed ha preso una decisione tanto rischiosa quanto coraggiosa. E’ importante che ora questa decisione inneschi una catena di solidarietà, interna e internazionale, per rimettere in piedi il Paese...” 

E’ un auspicio condivisibile, anche se per ora solo la Germania e la Turchia hanno reso nota una posizione chiara e inequivocabile: la prima a favore delle decisioni del Capo di Stato tunisino, la seconda contro, in appoggio al partito Ennadha, suo sodale nella confraternita dei Fratelli musulmani. Gli altri Paesi, compresa l’Italia, a cui si é allineata l’UE, si sono accontentati, per ora, di dichiarazioni di rito auspicando un ritorno rapido alla normalità.

In Tunisia, più passano le ore, le differenti componenti della scena politica nazionale, compreso buona parte dei partiti, cominciano a dissipare i loro dubbi, e ad accettare meglio le decisioni presidenziali del 25 luglio.

Ma il cammino é ancora lungo e non sono ammessi né errori, né perdite di tempo in diatribe inutili: l’ombra di una ripresa del terrorismo e il rischio di una “libanizzazione“ del Paese, sono sempre dietro l’angolo.

Ferruccio Bellicini

Pensionato, da una quarantina d’anni vivo nei Paesi della sponda sud del Mediterraneo: Algeria, prima, Tunisia, ora. Dirigente di una multinazionale del settore farmaceutico, ho avuto la responsabilità rappresentativa/commerciale dei Paesi dell’area sud del Mediterraneo, dal Libano al Marocco e dell’Africa subsahariana francofona. Sono stato per oltre 15 anni, alternativamente, Vice-Presidente e Segretario Generale della Camera di commercio e industria tuniso-italiana (CTICI). Inoltre ho co-fondato, ricoprendo la funzione di Segretario Generale, la Camera di commercio per lo sviluppo delle relazioni euro-magrebine (CDREM). Attivo nel sociale ho fatto parte del Comitato degli Italiani all’estero (COMITES) di Algeri e Tunisi. Padre di Omar, giornalista, co-autore con Luigi Zoja del saggio “Nella mente di un terrorista (Einaudi 2017).

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