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La Tunisia e i tre Presidenti
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Foto : Unsplash.com
Tunisi 29 giugno 2020. L’estate si preannuncia calda in Tunisia e non solo dal punto di vista metereologico.
Centinaia di giovani disoccupati il 22 e 23 giugno sono tornati nelle strade di Tataouine, a circa 450 a sud di Tunisi, per protestare e chiedere al governo di mantenere le promesse fatte tre anni fa in merito a lavoro e sviluppo.
Disoccupazione e proteste riportano alla mente dicembre 2010 con l’inizio di quella che fu definita “la rivolta dei gelsomini”. Allora si associava anche l’anelito di libertà da una dittatura oramai non più sopportata. Oggi, a libertà democratica raggiunta, a disoccupazione e proteste si associa il termine dignità, che echeggia in ogni manifestazione.
A Parigi, sempre il 22 e 23 giugno, in concomitanza con la visita di lavoro del Presidente della Repubblica Tunisina, Kaïs Saïed, dove gruppi di tunisini originari del sud hanno manifestato contro l’uso della forza da parte della polizia nel disperdere i presidi di Tataouine.
A Sfax, il centro portuale del sud del Paese maghrebino dove l’Unione generale tunisina del lavoro (UGTT) ha organizzato ieri una manifestazione alla quale hanno partecipato oltre 7000 persone.
Si legge in un articolo della testata online Nigrizia: “I disoccupati tunisini chiedono lavoro, sviluppo e una redistribuzione dei proventi delle risorse naturali del Paese. Risorse che non mancano nella provincia di Tataouine che contribuisce al 40% della capacità petrolifera e al 20% dell’estrazione di gas a livello nazionale.”
Anche i gesti estremi come l’autoimmolazione fanno ormai parte dello scenario tunisino. L’ultimo quello di Hammadi Chalbi, 32 anni, disabile, disoccupato, la moglie in attesa di un bambino, che all’inizio di aprile in piena emergenza da Covid 19 si è dato fuoco davanti agli uffici del municipio di Maktar, una città di origine romana a sud ovest di Tunisi. Come scrive Giuliana Sgrena su Il Manifesto, “la disperazione era giunta al culmine di fronte all’ennesimo rifiuto delle autorità di concedere un permesso di vendita ambulante, l’unica possibilità viste le sue condizioni fisiche. È lo stesso motivo per cui, nel dicembre del 2010, Mohammed Bouazizi si era dato fuoco a Sidi Bouzid scatenando la Rivoluzione dei gelsomini.”
Corsi e ricorsi storici che si sono accompagnati a risposte di forza della polizia contro i manifestanti.
O di malcelato, e bizzarro, stupore del Primo ministro Elyes Fakhfakh che durante il discorso davanti all’Assemblea dei rappresentanti del popolo (ARP) per presentare il bilancio dei primi 100 giorni del suo mandato, si é detto “...rammaricato che quasi 1 milione di giovani di età compresa tra 15 e 29 anni (su una popolazione di quasi 12 milioni di abitanti) siano disoccupati.”
O il paterno invito del Presidente della Repubblica Kaïs Saïed che rivolgendosi ai giovani rivoltosi si é augurato che “essi stessi presentino a lui progetti di lavoro senza aspettare che il Governo risolva il loro problemi.”
Singolari posizioni dei due alti rappresentanti istituzionali del Paese che sono frutto di uno scontro politico in atto a Tunisi al quale si aggrega anche Rached Ghannouchi, Presidente dell’Assemblea dei rappresentanti del popolo (ARP).
I Tunisini, a ragione, sono orgogliosi della loro Costituzione, emanata nel 2014, sicuramente emancipata rispetto agli standard del mondo arabo, ma comunque anch’essa frutto di compromessi fra le diverse sensibilità, laica e confessionale, e dal timore di dare troppo potere a una istituzione o all’altra. Ne é uscita una Costituzione ne troppo presidenziale ne troppo parlamentare, lasciando spazio ai differenti attori del momento, presenti sulla scena politica, per interpretazioni di gestione del potere “ pro domo sua”.
I tre Presidenti si contendono la guida del gioco politico.
Kaïs Saïed, 62 anni, l’ascetico, il moralista, il portavoce di una democrazia diretta, insofferente alla partitocrazia, eletto Presidente della Repubblica il 13 ottobre 2019, inaspettatamente, ma con circa il 74% dei voti.
Rached Ghannouchi, 79 anni, veccchia volpe della politica, islamista, a capo di Ennadha, partito di maggioranza relativa, vicino da sempre all’organizzazione dei Fratelli musulmani, eletto Presidente dell’Assemblea dei rappresentanti del popolo il 13 novembre 2019, grazie anche ai voti del suo maggior avversario politico, il magnate dei media, sconfitto alle Presidenziali dell’ottobre 2019, Nabil Karoui.
Elyes Fakhfakh, 48 anni, ingegnere e uomo d’affari, prestato alla politica dal 2011, eletto Presidente del consiglio dei ministri il 20 febbraio scorso da un’ampia coalizione dopo un lunga crisi politica, per evitare il rischio di un’inopinata fine di una legislatura da poco nata.
Un sondaggio di Tunisia survey dello scorso 1 giugno dà Elyès Fakhfakh con un livello di fiducia popolare al 49%, seguito da Kaïs Saïed al 46% e, distanziato, Rached Ghannouchi al 18%.
Il Presidente della ARP é sicuramente impopolare ma sa manovrare molto bene gli ingranaggi della politica e, dopo aver abilmente esautorato tutti coloro che gli facevano ombra nel partito, si é mosso su scala internazionale inviando messaggi di solidarietà e di riconoscimento al Presidente libico Fayez Sarraj e incontrando ufficialmente il Presidente turco Tayyip Erdoğan, suo sodale nel movimento dei Fratelli musulmani.
Questo dinamismo é stato giudicato inopportuno dal Presidente Kaïs Saïed che in una intervista alla televisione francese ha detto senza mezzi termini che ”non si farà pestare i piedi”, un linguaggio a lui poco consono che ben illustra il grado della sua irritazione.
Per completezza di informazione ricordiamo che costituzionalmente la politica estera, cosi’ come la sicurezza interna, sono di competenza del Presidente della Repubblica, di concerto con il Governo.
Il numero uno dell’ARP, Rached Ghannouchi porta avanti una guerra di logoramento, sino ad oggi infruttuosa, contro il Presidente della repubblica ma deve anche ripararsi da attacchi portati avanti dalla Presidente del blocco parlamentare libero desturiano ( nostalgico del passato regime) Abir Moussi a suon di richieste di audizione e di mozioni di sfiducia, fino ad oggi senza esito, anche per l’ennesimo salvataggio del suo ex nemico Nabil Karoui. Senza contare attacchi interni del suo partito, con la ripetuta richiesta di alcuni alti dignitari che sia garantita l’alternanza nella gestione del movimento.
Fra i due litiganti si é inserito il capo dell’esecutivo Elyes Fakhfakh che gode, si fa per dire, dei maggiori poteri avuti, a pochi giorni dal suo insediamento, a causa del Covid19.
Anche lui ha comunque le sue gatte da pelare, che non sono solo una catastrofica situazione economica ingigantita dalla pandemia, ma anche un’accusa di “ conflitto di interesse ”, per una sua società che avrebbe ricevuto ordini da organismi statali, ora sotto la lente della giustizia.
A maggioranza gli ambienti politici e giornalistici ritengono che comunque nessuno voglia far terminare questa legislatura, che non ha ancora un anno di vita, soprattutto nel bel mezzo di una crisi economica senza precedenti.
I tre Presidenti si sono riuniti più volte negli ultimi mesi, l’ultima attorno a un tavolo per l’Iftar, alla rottura del digiuno dell’ultimo giorno di Ramadan, presso il Palazzo di Cartagine, in un'iniziativa per ripulire il clima politico generale nel Paese e, in particolare, per ridurre la tensione che governa la relazione tra le tre presidenze.
Questo incontro a cena aveva suscitato speranze in molti, ma non essendoci stato nessun comunicato ufficiale al termine, ha consolidato la sensazione che le divergenze siano rimaste tali. Gli sgambetti che sono proseguiti dal dopocena in poi ne sono una prova.
Ferruccio Bellicini

Pensionato, da una quarantina d’anni vivo nei Paesi della sponda sud del Mediterraneo: Algeria, prima, Tunisia, ora. Dirigente di una multinazionale del settore farmaceutico, ho avuto la responsabilità rappresentativa/commerciale dei Paesi dell’area sud del Mediterraneo, dal Libano al Marocco e dell’Africa subsahariana francofona. Sono stato per oltre 15 anni, alternativamente, Vice-Presidente e Segretario Generale della Camera di commercio e industria tuniso-italiana (CTICI). Inoltre ho co-fondato, ricoprendo la funzione di Segretario Generale, la Camera di commercio per lo sviluppo delle relazioni euro-magrebine (CDREM). Attivo nel sociale ho fatto parte del Comitato degli Italiani all’estero (COMITES) di Algeri e Tunisi. Padre di Omar, giornalista, co-autore con Luigi Zoja del saggio “Nella mente di un terrorista (Einaudi 2017).