Il catastrofico sistema pensionistico cileno verso una riforma?

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In Cile si sta da alcuni mesi assistendo ad una vasta mobilitazione da parte di vari settori trasversali della società civile che stanno chiedendo una riforma del sistema pensionistico. Quest'ultimo si basa infatti sulle AFP, Administradoras de Fondos de Pensiones, un sistema che risale agli anni della dittatura di Pinochet (più precisamente al 1981), e che fino ad oggi non ha subito grosse modifiche. Il sistema è infatti interamente privato, basato sulla capitalizzazione individuale da parte di ciascun lavoratore o lavoratrice: in questa logica prettamente neoliberista, ognuno è responsabile di se stesso nel garantirsi una vecchiaia decente. Pertanto ogni lavoratore è proprietario di un conto individuale unico di risparmio dove si trasferiscono in forma forzosa i contributi, pari ad almeno il 10% del salario, che andranno a costituire la pensione. Tali contributi sono capitalizzati e forniscono un rendimento variabile a seconda del fondo che li amministra e degli andamenti del mercato. La pensione che riceverà il lavoratore dipende dai risparmi accumulati nel suo conto di AFP nel corso di tutta la vita lavorativa, più le variazioni date dal mercato dove queste organizzazioni collocano i fondi in forma di azioni. E’ interessante sottolineare come in Cile il salario minimo sia attualmente pari a 257.500 pesos, circa 380 dollari, e come circa il 50% dei lavoratori guadagni meno di 305.000 pesos mensili. Tali cifre sono assolutamente inadeguate a coprire i bisogni primari in un paese dove il costo della vita è paragonabile per certi versi a quello italiano e dove non esiste un sistema di welfare pubblico. Questi pochi dati spiegano in maniera eloquente il perché 11 milioni di cileni (su una popolazione complessiva di 17 milioni di abitanti) siano indebitati e, di questi, 4 milioni siano morosi.

Le AFP sono imprese multinazionali e, secondo i numerosi oppositori a questo sistema, hanno permesso che i versamenti da parte dei lavoratori abbiano generato una capitalizzazione feroce a beneficio esclusivo di coloro i quali controllano le AFP. Allo stesso tempo l’accusa è che le perdite siano socializzate, a svantaggio della grande maggioranza dei contribuenti. I risparmi dei lavoratori e lavoratrici, più di 10 milioni di persone, che contribuiscono alle AFP superano i 171 miliardi di dollari ed il 75% di questi fondi è in mano a tre imprese statunitensi: Prudential, Metlife e Principal Financial Group. Le AFP non stanno garantendo l’obiettivo principale che qualunque sistema pensionistico dovrebbe perseguire: quello di pagare pensioni decenti che permettano di vivere la terza età in maniera dignitosa. Questo avviene nonostante I fondi raccolti ogni mese dalle AFP siano 2,5 volte maggiori rispetto a quanto destinato al pagamento delle pensioni. Attualmente le AFP investono inoltre più di 31 milardi di dollari in 10 banche operanti in Cile. In questo modo, con il denaro frutto del proprio lavoro, il popolo cileno finisce inconsapevolmente per finanziare le banche dei grandi gruppi economici e finanziari cileni ed internazionali.

La grande mobilitazione del 21 agosto, ultima in ordine di tempo, ha assunto dimensioni colossali: si è manifestato in 250 dei 334 comuni presenti nel paese. La marcia più imponente si è tenuta naturalmente nella capitale, dove si calcola siano scese in strada quasi un milione di persone. Viste le dimensioni della protesta si è cominciata a delineare anche la possibilità di uno sciopero generale a novembre convocato dalla CUT (Central Unitaria de Trabajadores), la principale organizzazione sindacale del paese.

Secondo un sondaggio realizzato dall'Università di Santiago e reso noto proprio il giorno delle ultime manifestazioni, il 61% dei cileni si dichiara contrario alle AFP e desidererebbe un ritorno ad un sistema redistributivo pubblico basato sulla solidarietà intergenerazionale. L'opposizione all'attuale sistema pensionistico ha avuto due precedenti importanti che hanno funto da detonatori: il 15 giugno è stata annunciata una diminuzione delle pensioni a partire dallo scorso luglio pari al 2%, giustificata con l'aumento generale dell'aspettativa di vita. Due giorni dopo l’annuncio, una pensionata di 82 anni si è incatenata all'ufficio delle AFP della città di Concepción, denunciando il "furto" da parte del sistema pensionistico: la protesta, sebbene solitaria, è riuscita ad attirare l’attenzione e la solidarietà di molti altri contribuenti a questo iniquo sistema.

Il 5 luglio, poi, un’altra notizia ha destato sdegno nell’opinione pubblica: la giornalista 59enne Myriam Olate, che aveva esercitato la sua professione presso la Gendarmería, il corpo di polizia penitenziaria, è risultata percepire una pensione pari a 8mila dollari mensili. Il fatto che Olate sia sposata con l’attuale presidente della camera dei deputati, nonché ex-presidente del partito socialista cileno Osvaldo Andrade, ha fatto sorgere sospetti sulla trasparenza in merito a tale questione. Gli illustri coniugi hanno rigettato ogni possibile accusa, dichiarando che tutto era regolare ed in linea con i contributi versati, ma ciò non è servito a frenare il montare dell’indignazione. Basti pensare che l’ammontare medio delle pensioni cilene è pari ad appena 310 dollari statunitensi.

La presidenta Michelle Bachelet ha reagito alle proteste proponendo una serie di misure, tra le quali una AFP pubblica che si sommerebbe alle private già esistenti. Anche questa proposta lascia insoddisfatta gran parte della cittadinanza, che vede questa di Bachelet più che altro come una mossa atta a non perdere ulteriori consensi. La società civile continua invece a chiamare a gran voce l’eliminazione delle AFP come unica soluzione per una gestione delle pensioni più equa e basata sulla solidarietà intergenerazionale. Sarà difficile che i grandi gruppi economici e finanziari cileni rinuncino ai loro privilegi, e questo è ancora più vero se si pensa che 12 ex-ministri del dittatore Pinochet hanno occupato alte cariche nelle AFP. Lo stesso avviene per quanto riguarda vari politici professionisti della Concertación, la coalizione di cui Bachelet fa parte, nonché dell’opposizione, che sono o sono stati ai vertici delle AFP negli ultimi 25 anni. Visti questi intrecci tra politica ed interessi economici, appare dunque poco probabile che una soluzione ai problemi della cittadinanza possa arrivare spontaneamente da parte delle istituzioni. Saranno lavoratori e lavoratrici, anziani che percepiscono pensioni da fame e giovani futuri lavoratori i veri protagonisti di questa nuova stagione di lotte, che dimostrerà come solo la solidarietà tra individui e generazioni può spianare la strada verso un futuro più equo. 

Michela Giovannini

Dottoressa di ricerca in sviluppo locale, è appassionata di America Latina, popoli indigeni, autogestione, lotte e resistenze politiche e sociali. Ha trascorso periodi di studio e ricerca sul campo in vari paesi. Messico e Cile sono i principali contesti in cui si sono svolte le sue ricerche, dedicate principalmente a varie tipologie di organizzazioni dell'economia sociale e solidale.

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