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Francisco Sagasti é il nuovo Presidente del Perú: il terzo in una settimana
Corruzione e denuncia
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Foto: Pixabay.com
Vent’anni fa fu la volta di Fujimori alias “El Chino”. Questa volta, in piena pandemia, é toccato a Martin Vizcarra, che guidava il paese dal 2018. Infatti, l’ultimo e unico precedente di destituzione presidenziale per “incapacitá morale” risale al 21 novembre 2000, quando un certo Alberto Fujimori fu costretto alla fuga in Giappone. Con quella mozione il congresso metteva fine ad una presidenza, poi sfociata in dittatura, durata oltre 10 anni (dal 1990 al 2000), legata alla figura di uno dei presidenti latinoamericani piú discussi: più di 20 processi aperti contro per corruzione, una moltitudine di denunce per violazioni dei diritti umani e varie stragi. Un surrogato dittatoriale che alla fine fu condannato a 32 anni di reclusione per 25 omicidi compiuti dai gruppi paramilitari che aveva spalleggiato durante la guerra civile, oltre a fenomeni di corruzione e uso illecito di fondi pubblici. Un bilancio che sta scontando tra carcere e ospedali, in realtá neanche lontanamente comparabile ai presunti casi di corruzione per appalti edili di Vizcarra, relativi al suo mandato da governatore della regione di Moquegua tra il 2014 e il 2016. Accuse che, peró, il 9 novembre hanno portato il congresso a decretarne la rimozione, attraverso una mozione di sfiducia che questa volta ha trovato l’appoggio di tutti i suoi oppositori, dopo un tentativo di impeachment fallito solo a settembre.
A Vizcarra é subentrato quasi immediatamente Manuel Marino, presidente del congresso della repubblica presidenziale, che il 10 novembre aveva giá prestato giuramento. Tuttavia, la sua fulminea presidenza é stata interrotta dal divampare delle forti proteste popolari, iniziate a Lima il 9 stesso, ma presto estese a tutto il paese. Scontri che hanno visto la polizia reagire con l’utilizzo di lacrimogeni e proiettili di gomma, e causare ferite a decine di persone, tra cui molti giornalisti, ricevendo accuse di violenze e abusi. Ed é probabilmente stata la morte di due giovani studenti universitari di 22 e 24 anni, colpiti da “pallottole vaganti”, che ha spinto dapprima 13 ministri del governo appena istituto a dimettersi, e poi anche Merino, domenica 15 novembre, a rinunciare dall’incarco, chiedendo “pace e unità per tutti i peruviani”. Al suo posto, per volere del congresso, Francisco Sagasti, 76 anni, ingegnere, di orientamento centrista. Il nuovo presidente ad interim ha preso poteri dopo quasi 24 ore in cui il Perú era rimasto senza Capo di Stato. Sagasti ha garantito di voler portare a compimento la legislatura al 28 luglio 2021, passando per un regolare svolgimento delle elezioni previste per il l'11 aprile 2021. Inoltre, nel suo discorso d’instaurazione ha voluto ricordare la morte dei due giovani durante i disordini degli utlimi giorni.
La peggior crisi politica e sociale da almeno 10 anni é arrivata in un paese letteralmente devastato dal Covid-19, con uno dei piú alti indici di contagi e morti per numero di abitanti al mondo: quasi un milione di contagiati e piú di 35 mila morti ufficiali. Martin Vizcarra ha dichiarato “che non esiste alcuna prova della flagranza di un crimine”, ma di fronte alla richiesta appoggiata da una larga maggioranza dal parlamento, ha accettato la decisione e non si é opposto. Tuttavia, la decisione non é stata digerita dall’opinione pubblica, che ha cominciato una protesta contro la sua destituzione. Il popolo peruviano sceso a manifestare in buona parte simpatizzava per Vizcarra (gli ultimi sondaggi gli davano tra il 60% e l’80% del consenso) e, ormai esasperato dalla persistente insabilitá politica, ha creduto infondate le accuse mosse e si é indignato di fronte a una cosí rapida risoluzione nei confronti del loro leader. Di fatto Vizcarra è stato rimosso dall'incarico con uno strumento costituzionale previsto per casi di grave e provata inadeguatezza del presidente: per ora le insinuazioni nei suoi confronti non sono nemmeno arrivate a un processo. Cosí le strade si sono riempite di persone, da Cajamarca ad Arequipa, al grido “Merino non é il mio presidente”.
Ma l’apparente facilitá con cui il congresso peruviano, da quest’estate a trazione fujimorista, mette all’angolo i propri presidenti desta comunque preoccupazione. Vizcarra era succeduto in qualitá di vice a Pedro Pablo Kuczynski, eletto presidente nel 2016 per la legislatura 2016-2021. Tuttavia, anche lui fu spinto alle dimissioni due anni dopo per un vortice di pesanti accuse di tangenti, all’interno dell'enorme scandalo Odebrecht - lo stesso che in Brasile aveva comportato l'impeachment di Dilma Rousseff e il coinvolgimento di alte cariche governative di 10 paesi Sudamericani. Attualmente Kuczynski si trova in carcere, in attesa di processo. Ma prima di lui, altri quattro presidenti erano saltati per scandali di corruzione e tangenti: dopo Fujimori nel 2000, anche Toledo (2006), García (2011) e Humala (2016). Insomma, una lunga tela imbevuta di corruzione che avvolge il paese, da destra a sinistra, implacabile e apparentemente impossibile da sfilacciare.
Verosimilmente, l’opinione pubblica peruviana vive ormai asservita dal gioco persistente di questa mano corrotta e invisibile che pervade i palazzi di Lima e muove le pedine presidenziali a suo interesse. Ma la corruzione non dilaga solo nei governi centrali, bensí a tutti i livelli della societá, dalle amministrazioni locali alle forze dell’ordine o alle guardie forestali. Ed é proprio questa disarmante tolleranza, “perché alla fine fa comodo a tutti”, che impedisce un capovolgimento di fronte, un radicale cambiamento di prioritá, a supporto di coloro – sfiniti, ma ci sono - che da tanti anni ne denunciano soprusi e lottano contro di essa.
Ora sará compito di Sagasti tenere ferme le redini del potere e le turbolenze sociali, per 8 lunghissimi mesi. Il nuovo Capo dello Stato, che ha lavorato per la Banca Mondiale, ha vinto la sfida dei voti rispetto alla favorita, Rocío Silva-Santisteban, candidata tra le fila della coalizione di sinistra del Fronte Amplio. Ma si trova davanti una sfida delicata. In piú, hanno dimostrato quanto la piazza giochi ancora un ruolo determinante negli equilibri politici dell’America Latina. "In Perú é piú facile liberarsi di un presidente che condannare un assassino” era una delle tante frasi ricorrenti durante le manifestazioni. In una situazione cosí drammatica e in un contesto politico cosí caotico e frammentato, puó anche darsi il nuovo assetto riveli un’apertura al cambiamento e una pulizia morale delle istituzioni, in un paese dove la distanza tra politica e cittadini é pericolosamente imponente.
Marco Grisenti

Laureato in Economia e Analisi Finanziaria, dal 2014 lavoro nel settore della finanza sostenibile con un occhio di riguardo per l'America Latina, che mi ha accolto per tanti anni. Ho collaborato con ONG attive nella microfinanza e nell’imprenditorialità sociale, ho spaziato in vari ruoli all'interno di società di consulenza e banche etiche, fino ad approdare a fondi d'investimento specializzati nell’impact investing. In una costante ricerca di risposte e soluzioni ai tanti problemi che affliggono il Sud del mondo, e non solo. Il viaggio - il partire senza sapere quando si torna, e verso quale nuova "casa" - è stato il fedele complice di anni tanto spensierati quanto impegnati, che mi hanno permesso di abbattere barriere fuori e dentro di me, assaporare panorami, odori e melodie di luoghi altrimenti ancora lontani, appagare una curiositá senza fine. Credo in un mondo più sano, equilibrato ed inclusivo, dove si possa valorizzare il diverso. Per Unimondo cerco di trasmettere, senza filtri, la veritá e la sensibilità che incontro e assimilo sul mio sentiero.