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Bolivia: sciopero, tra lotte e 'golpe' per il gas
Corruzione e denuncia
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Ieri la Bolivia è rimasta paralizzata dallo sciopero indetto dagli autotrasportatori pubblici per protestare contro la misura del governo che ha sbloccato il prezzo del combustibile, fino a pochi giorni fa 'congelato' per ragioni d'ordine sociale. Allo sciopero dei trasportatori si sono sommati, in molte città, i cortei di protesta dei piccoli negozianti e degli ambulanti oltre che degli studenti universitari; i primi sono scesi in strada per chiedere l'annullamento di una nuova tassa prevista dall'esecutivo, i secondi per chiedere lo stanziamento di più risorse a favore dell'istruzione superiore. "Non capiscono che il grande problema risiede nelle tremende restrizioni di cui soffre lo Stato per rispondere alle richieste di tutti i settori" ha lamentato il ministro dell'Interno, Alfonso Ferrufino.
Da ricordare che ad ottobre il nuovo presidente Carlos Mesa ha promesso, per pacificare la mobilitazione popolare e la sua "guerra del gas", di indire un referendum sul tema di una possibile esportazione di gas in Cile e verso altri mercati, precisamente quello messicano e quello statunitense. Andato a monte il progetto con la Pacific Lng, Mesa non ha certo nascosto di voler mantenere in vita il piano di vendita del tesoro boliviano, il gas appunto, unica speranza di riassestare le casse dello stato. Dello stesso suo avviso le multinazionali Enron, Repsol e BG, la vecchia British Gas che controllano gia saldamente il mercato del gas, dalla ricerca al trasporto, in Bolivia, Argentina, Cile e Uruguay. Se non bastasse ci sono secondo cui l'intelligence statunitense stia lavorando in accordo con quella cilena e israeliana per destabilizzare il governo di Carlos Mesa allo scopo di impedire il referendum, l'attivazione della Assemblea Costituente e, soprattutto, il varo di una nuova legge sugli Idrocarburi, legge già presentata da Mesa ma non approvata da quasi l'intero Parlamento, che permetta l'esportazione del gas al Cile.
Dopo aver appreso la notizia che Carlos Mesa, presidente della repubblica di Bolivia e Néstor Kirchner, presidente dell'Argentina, hanno firmato il 22 aprile l'accordo per la compravendita del gas naturale boliviano, Oscar Olivera, dirigente sindacale della Coordinadora de Defensa del Gas, ha chiamato a raccolta le organizzazioni sociali e la popolazione intera a una "resistenza civile". I dirigenti sindacali e una folta rappresentanza della Coordinadora, pubblicamente e come inequivocabile segno di rifiuto, hanno bruciato la proposta resa pubblica dal governo in merito ad una possibile modifica della legge sugli Idrocarburi. "Noi dirigenti siamo pronti alla resistenza civile, non possiamo sopportare una scelta simile, di questa portata, resisteremo tutti insieme con il popolo, e se sarà necessario metteremo in gioco anche le nostre vite" - ha detto Olivera che ha aggiunto: "Ci stiamo accorgendo che l'ambasciata statunitense e le forze armate cilene sembrano molto interessate alla possibilità di occupare il paese, proprio come è successo ad Haiti; ma noi siamo pronti alla resistenza civile per difendere la democrazia". [AT]
Altre fonti: Alainet