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La Corea, ed il suo mosaico di quotidianità legata all’ambiente
Codici di condotta
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Negozio di animali - Foto N. Benedetti ®
Quando si parla di ambiente non mi vengono in mente le grandi conferenze con i potenti della Terra: piuttosto, mi escono tanti tasselli di pensieri legati alla quotidianità. È ciò che mi è capitato mentre osservavo e vivevo la Corea: le piccole cose sono quelle che mi hanno colpita di più. Ad esempio, agli incroci delle strade, dove i pedoni potrebbero fermarsi a sostare in attesa del semaforo verde, spesso ci sono delle strutture per proteggersi dalla pioggia e dal sole. Il traffico è intenso, ed i coreani ricorrono al clacson con abbastanza frequenza: immagino che lo zen sia riservato ad altre attività. Per strada mi piace prestare attenzione alla diversità che (non) vedo: pochi i giovani, poche le persone di colore, quasi nessuno con disabilità. Anche persone a spasso con il cane ne vedo poche: se ce ne sono, spesso sono barboncini di razza. Chiedo un po’ in giro e faccio ricerche, e scopro che in Corea gli animali domestici sono un trend che in aumento, e che fino a qualche anno fa non era comune averne. Tant’è, uno dei piatti della tradizione prevede carne di cane: questa non è né esplicitamente permessa, né esplicitamente vietata. Nel novembre del 2021 è iniziato un dibattito per renderla illegale. Nel 2023 la legge è stata proposta in parlamento, ma non è stata approvata. Allevatori e contadini che vendono cani come bene alimentare non erano favorevoli a questa legge, e questa non è una sorpresa. Ciò che sorprende è che sono consapevoli che arriverà il momento in cui si smetterà del tutto di consumare carne di cane, e sperano solo di ritardarlo per arrivarci in modo graduale e preparati (fonte: AP News). Già questo offre degli indizi rispetto alla pochissima resistenza al cambiamento presente nel Paese.
Tornando agli animali, non si vedono randagi per strada: così faccio qualche domanda rispetto a canili e gattili per capire come funzionano. Scopro che su dieci animali adottati o acquistati, nove verranno abbandonati: la voglia di avere animali in casa c’è, quello che manca – forse – è la consapevolezza di quanto questo possa essere impegnativo. I dati parlano di circa 130.000 animali abbandonati ogni anno: approssimativamente la metà di loro finiscono nelle strutture gestite dallo stato o subappaltate ad organizzazioni terze. Se dopo un mese l’animale non viene adottato, si può procedere alla sua soppressione (fonte: Korea Herald): solo nel 2020 è stata la sorte toccata a 27.100 animali. Per fortuna stanno nascendo strutture definite “kill-free”, dove gli animali non vengono uccisi ma anzi, vengono seguiti ed aiutati: è il caso di “The Bom”. Purtroppo troppo spesso nella cultura coreana se un animale è in canile si pensa che sia “difettoso”, e quindi piuttosto che adottarlo si va a comprarne uno “nuovo”.
Tornando alle strade, all’aperto spesso si usa la mascherina – non per il Covid, ma perché la qualità dell’aria è pessima. Talmente pessima che ricevo i messaggi sulla mia e Sim coreana (in coreano) da parte della municipalità, che mi avvisa di fare attenzione. Ovviamente io ricevo questi messaggi senza capire niente, mi regolo guardando le persone per strada. L’inquinamento – mi è stato riportato – per molto tempo è stato in parte sottovalutato, in parte si diceva dipendesse dalla stagione, ed in parte si è data la colpa alla Cina. Poi studi recenti hanno dimostrato che la Cina è sì responsabile dell’inquinamento atmosferico presente in Corea, ma solo in parte: in parte l’inquinamento dell’aria è anche una responsabilità coreana. Le mascherine ed i consigli alle persone vulnerabili (anziani, bambini) di non uscire fanno parte delle misure adottate per gestire il pericolo immediato. Poi ce ne sono state altre: come anche in Europa, il governo sta incentivando l’acquisto di auto elettriche, che sembra stiano diventando popolari nella fascia di adulti cinquantenni (fonte: Korea Herald); si è portata avanti la discussione sulle energie rinnovabili, cercando di diminuire il consumo dei combustibili fossili a favore di altre fonti. Il dibattito sulle centrali nucleari tutt’ora presenti nel Paese mi dicono essere ancora aperto: secondo l’AIEA (Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica) nel 2022 il governo ha annunciato la costruzione di quattro nuovi impianti nucleari entro il 2025 per raggiungere gli obiettivi di neutralità carbonica. Con la guerra in Ucraina, la situazione si è ulteriormente modificata: le dichiarazioni del governo aggiornate parlano di costruire ed attivare altre sei centrali nucleari entro il 2036 (ad oggi ce ne sono 24 in totale sparse per il Paese). Attualmente l’energia nucleare copre circa il 27 % del fabbisogno; si vuole arrivare al 33 % entro il 2033 (fonte: Reuters). Cosa ne pensano i coreani? La maggior parte sembra essere favorevole: un sondaggio su un campione di mille persone condotto nel 2022 ha rilevato che il 39 % supporta l’aumento delle centrali nucleari, il 30 % lo vorrebbe mantenere così com’è, e solo il 19 % ne vorrebbe una riduzione.
Potremmo guardare poi al cambiamento climatico: ci saranno stati i Fridays for Future in Corea? Ci sono stati, ma realizzando varie ricerche e chiedendo in giro, parrebbero non aver riscosso grande successo: il profilo Instagram conta 121 follower e 4 post, decisamente pochi. Credo che questo sia accaduto in parte anche per motivi prettamente culturali: avere una Greta Thunberg qui sarebbe impossibile. I ragazzi e le ragazze fino alla fine delle superiori studiano e basta. Non fanno proteste, non organizzano autogestioni, non esiste l’occupazione. A partire dall’università il quadro cambia, ma solo parzialmente. La consapevolezza ambientale sta comunque aumentando: ad esempio iniziano a prendere piede i “beach cleaning”, ovvero gruppi di persone che si trovano, a titolo volontario, a pulire la spiaggia dalla spazzatura: è successo soprattutto all’indomani di un tifone che aveva colpito Busan, nel sud del Paese, nel 2022. Un Paese in constante cambiamento, con vari interrogativi aperti: vedremo il futuro cosa porterà.
Novella Benedetti

Giornalista pubblicista; appassionata di lingue e linguistica; attualmente dottoranda in traduzione, genere, e studi culturali presso UVic-UCC. Lavora come consulente linguistica collaborando con varie realtà del pubblico e del privato (corsi classici, percorsi di coaching linguistico, valutazioni di livello) e nel tempo libero ha creato Yoga Hub Trento – una piattaforma che riunisce varie professionalità legate al benessere personale. È insegnante certificata di yoga.