L’accoglienza in Italia? Un rebus. Ma forse esiste una soluzione

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Le fase storiche del mondo cambiano significato alle parole e lo fanno a tal punto che sembra impossibile, oggi, parlare di accoglienza con accezione gioiosa, di apertura, di disponibilità.

Sembra assurdo ma l’accoglienza oggi divide. Divide in Europa dove il vecchio continente osserva praticamente impotente migliaia di persone perdere la speranza e la vita ogni giorno nel breve ma lunghissimo tratto di mare che divide l’Africa occidentale dalle coste di Sicilia. E divide - ma poteva essere altrimenti in quel Paese delle contraddizioni conosciuto anche come Italia? - a casa nostra, dove fioriscono modi di affrontare la questione, a qualsiasi latitudine dello stivale, diversi e a volte diametralmente opposti.

Sembra di guardare una partita di ping – pong con Europa e Africa a fare da racchette e i profughi a fare la parte dell’insignificante e maltrattata pallina. Ma la vita è una cosa seria, unica e preziosa, e non può essere ridotta al gioco, purché ipocritamente aulico, della diplomazia e della burocrazia.

E’ recentissima la notizia proveniente da Padova di una signora che, probabilmente impressionata dalla querelle Morandi-Salvini sulla destinazione da dare ai migranti ha scelto infine di ascoltare quest’ultimo e concedere in usufrutto gratuito a sei ragazzi un appartamento di sua proprietà. Apriti cielo! il caso umanitario è diventato immediatamente politico con l’assessore comunale leghista Fabrizio Boron capace in pochi giorni di organizzare la raccolta di oltre 3.000 firme contro l’accoglienza degli africani nel quartiere al grido di “e chi ci garantisce che non sono terroristi?”. La questione è degenerata in fretta e la signora, spaventata, ha deciso di abbandonare per qualche giorno la città lasciando il compito al fratello di mandare via gli scomodi inquilini.

Il sindaco Massimo Bitonci, sempre della lega nord, si è affacciato al balcone del suo nordico paese e ha sentenziato "mettere dei clandestini in case private è una scelta estremamente sbagliata. I cittadini mi hanno chiesto di intervenire perché questa situazione è intollerabile". Tale dichiarazione ha notevolmente aumentato la tensione e la protesta si è allargata a macchia d’olio estendendosi a tutti i circa 500 migranti stanziati attualmente in città, contro i quali si è appena tenuta una fiaccolata.

Torniamo sulla terra e ad essere esseri umani” ha replicato con forza don Albino Bizzotto, prete di quartiere che, incarnando e dando seguito alla posizione assunta dalla Curia padovana e appoggiato da tanta gente, sta portando avanti uno sciopero della fame per spiegare che il problema non sono assolutamente i profughi, ma il modo di affrontare le problematiche che li vede tristi e involontari protagonisti.

E mentre Salvini ripete che presto andrà in Nigeria per cercare di aiutare quei poveretti a casa loro, chiosando però che prima ci sono gli italiani (certo, una volta “prima c’era il Nord!” ma la volontà di diventare il nuovo leader della – estrema - destra orfana di Berlusconi fa in modo che i meridionali tornino buoni per candidare nelle liste Noi con Salvini e portare voti al carroccio mentre i nuovi “terroni” sono i “negri e terroristi” poiché cambiano i bersagli ma il vocabolario e il programma politico restano forbiti come sempre, padanica noblesse oblige), l’Europa, quella delle istituzioni, introduce quote per distribuire i tanti disperati provenienti da parti di mondi dilaniate da guerre e faide, spesso causate, supportate e favorite dallo stesso occidente affamato di materie prime, petrolio e territori militarmente strategici, e cerca di tamponare alla bell’ e meglio un’emergenza umanitaria di dimensioni globali con, ad esempio, un milione di libici e tre milioni e mezzo di Siriani già considerati pronti da più di un osservatorio internazionale a lanciarsi in una disperata diaspora in ogni direzione nel tentativo di sopravvivere.

E se la Presidente della Camera Boldrini romanticamente spiega che "L'idea di introdurre un sistema di ripartizione delle quote ci porta verso un sistema di asilo comune, un progetto di cui si parla da anni, unificando quindi l'Europa anche su questo tema. Significa avere centri di accoglienza nei Paesi di ingresso, team di esperti che selezionano i rifugiati, avere gli stessi standard”, il Direttore del consiglio italiano per i rifugiati  Christopher Hein ribadisce che “è stato fatto un primo passo, ma il sistema delle quote rischia di fallire se non supportato da un piano di integrazione nelle nazioni ospitanti”.

Senza integrazione non può esistere soluzione” rincara “in quanto difficilmente un migrante portato in Slovacchia o Lituania rimarrà su quei territori se abbandonato a se stesso e senza prospettive”. In tutto questo marasma affiora la speranza e si susseguono notizie di rifugiati che, in varie parti d’Italia e con l’aiuto di semplici cittadini, associazioni e istituzioni partecipano alla vita della comunità che li ospita, pulendo strade e rendendosi utili come possono.

Succede a San Miniato in Toscana, a Castelli in provincia di Teramo, a Piacenza e in tantissimi altri luoghi della Penisola, dove, evidentemente, le grida di Salvini e gli strali contro “lo straniero” non arrivano. O forse arrivano più forti i sentimenti di umanità e accoglienza vera, senza distinguo di colore, sesso, idee politiche e religione. Chissà…

Fabio Pizzi

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