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Ciad: il dramma dei rifugiati sudanesi
Riconciliazione
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Foto: Unsplash.com
La guerra civile in Sudan, che vede protagonisti le RSF di Mohamed Hamdan Dagalo e le SAF del generale Abdul Fattah al-Burhan, è un conflitto che inevitabilmente influenza i Paesi circostanti. Fra questi è doveroso citare il Ciad: ospita il 47% del totale dei rifugiati sudanesi.
Nell'Est del Ciad, ovvero la zona confinante col Darfur, i campi profughi sono in uno stato di sofferenza totale. Malattie come la febbre gialla, meningite, colera e dengue hanno il sopravvento causando disordini e morti. Il sovraffollamento ha obbligato, coloro che scappano dalla guerra in Sudan, a costruirsi capanne e rifugi di fortuna instabili e non a norma.
Il Ciad è uno dei Paesi più poveri del mondo, oltre il 40% vive sotto la soglia di povertà e, di conseguenza, i residenti soffrono delle stesse necessità dei rifugiati: acqua, cibo e assistenza medica. La siccità e il clima estremamente ostile in questa zona geografica, non aiutano a colmare la sete d'acqua che sta colpendo i civili. Sono solo pochi i litri pro capite con i quali le persone devono soddisfare le esigenze quotidiane. Questo vuol dire che con lo stesso rifornimento i bisognosi devono bere, lavare e cucinare.
L'emergenza di chi scappa da questo conflitto sta influenzando, irrimediabilmente, anche l'istruzione. I bambini sudanesi (insieme anche alle donne) sono la maggioranza di questo movimento di massa che attraversa il confine. Oltre il 90% di questi bambini, in Sudan, andava regolarmente a scuola. Ora che la guerra civile ha costretto l'interruzione di questi percorsi, il Ciad si trova di fronte a difficoltà enormi per sopperire a questa mancanza: non ci sono abbastanza insegnanti, classi e strutture.
Se la priorità è, ovviamente, sfamare queste persone, soddisfando con beni di prima necessità, è altrettanto giusto e doveroso ridare dignità e garantire una educazione equa nonostante la gravità degli scontri in Sudan. Molte donne hanno subito violenze di genere e stupri. Questo sottintende un impegno da parte delle istituzioni come UNHCR e le varie ONG che operano sul posto, volto a supportare psicologicamente - oltre che logisticamente -, dei civili che hanno subito soprusi aberranti.
Il World Food Programme ha sospeso, a dicembre 2023, in gran parte, la distribuzione di cibo in tanti dei campi profughi sparsi per il Ciad a causa di una mancanza di fondi. Il Paese è circondato da nazioni che nel tempo, a momenti alterni, hanno dovuto subire gravi crisi interne: Libia, Niger, Camerun, Nigeria e Repubblica Centrafricana - e chiaramente Sudan. Questo numero esorbitante ha piazzato il Ciad al quinto posto nella classifica dei Paesi con più rifugiati al mondo.
A fine febbraio 2024 altri rifugiati provenienti dal Sudan sono stati registrati, il numero è in continuo aumento e ha superato i 500 Mila totali. Questa nuova ondata va ad esacerbare una situazione già compromessa. A questi si vanno ad aggiungere i ciadiani che abitavano in Sudan e che sono ritornati in patria.
UNHCR si è imposta come obiettivo principale quello di rilocalizzare i rifugiati lontano dal confine e dalle zone colpite verso aree ritenute più sicure. Circa 260 Mila persone sono state spostate in zone diverse, mentre circa 160 Mila sono in attesa. Le ondate future saranno sempre più difficili da gestire in quanto manca lo spazio, le strutture ma soprattutto mancano i fondi necessari per essere in grado di arginare l'emergenza.