Burundi. No al terzo mandato

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C'è una cosa che accomuna il Presidente del Burundi Nkurunziza, il Presidente della Rep. Democratica del Congo Kabila e, in divenire nel 2017, quello del Rwanda Kagame. Ed è la volontà di rimanere al potere. Anche per il terzo mandato. Anche se le Costituzioni dei tre paesi lo vietano. Sì perché in Africa nonostante le tragedie di questi giorni non ci sono solo Kenya e Nigeria.

Ma concentriamoci su Bujumbura la capitale del Burundi. Lì, ad inizio settembre 2014, furono uccise tre suore italiane. S'affermò che fossero a conoscenza di traffici illeciti di medicinali e minerali. A nostro avviso avevano qualche informazione in più su traffici d'armi legati al clima di tensione che si respira oggi nel paese. Vediamo un po' difficile che tre ultaottantenni incrociassero nottetempo database su medicinali e coltan. La notizia della morte, infatti, riportò una nota interessante. Sono implicati i servizi segreti molto vicini al presidente Nkurunziza.

A proposito di suore, la chiesa cattolica s'è dimostrata molto preoccupata per questa volontà del presidente del Burundi di non passare la mano. Scrivono i vescovi burundesi: “Dopo un’analisi dell’Accordo di Arusha, in Tanzania e della Costituzione che ne è derivata, interrogando il nostro cuore di cittadini che amano il loro Paese e come pastori della Chiesa che non vogliono vedere il Burundi ricadere nelle divisioni, negli scontri o nella guerra, affermiamo che i burundesi hanno convenuto senza alcuna ambiguità che qualsiasi persona eletta per dirigere il Burundi non può andare oltre due mandati di cinque anni ciascuno”.

Anche l’ambasciatrice Americana presso le Nazioni Unite Samantha Power s’è detta preoccupata per la scelta del Presidente di far decidere la Corte Costituzionale sulla possibilità o meno del terzo mandato. In un mio viaggio in Burundi ho visto di persona come le commissioni sui diritti umani - nominate direttamente dal presidente - siano “imparziali” ed assolvano il Presidente da tutti i casi  di violazione dei diritti umani contestati da Amnesty International ed altre ong. La Corte Costituzionale ha, più o meno, la stessa libertà di scelta. Ma dovremmo stare attenti al paradosso del conflitto tra RD Congo e Burundi, dopo i fatti di febbraio 2015, ove sono state uccise 47 persone dai militari che provenivano oltre confine. Disordini ai confini avvantaggiano i presidenti in carica. Le rispettive popolazioni, infatti, per evitare il caos darebbero fiducia incondizionata ai propri presidenti in carica. Paradossalmente a chi il caos lo crea.

La preoccupazione per i futuri disordini sta salendo verso i piani alti del Palazzo di Vetro tant'è che il 27 marzo 2015 il Segretario Generale dell’ONU in persona telefonò al Presidente del Burundi raccomandandogli di rispettare lo spirito di Arusha (2 mandati e non 3). La telefonata fu particolarmente cordiale ed istituzionale ma il Segretario fece intravvedere come sia compito e responsabilità del Presidente garantire la pace e permettere le proteste pacifiche. Il segretario fu particolarmente preoccupato per il clima e le voci (many voices) che sono presenti nella capitale Burundese.

Nella Repubblica Democratica del Congo le elezioni sono previste il prossimo anno. Le Nazioni Unite hanno riconfermato il contingente Monusco per un altro anno anche a prevenzione di disordini pre-elettorali. Intuile dire che Kabila preferirebbe avere meno osservatori internazionali presenti in paese.

In Rwanda l'eccentrico Kagame si porrà il problema della sua successione solo nel 2017. Per ora non sta preparando persona alcuna a sostituirlo. La mossa recente “accoglienza migranti irregolari provenienti da Israele in cambio di denaro” dimostra quanto sia presente nello scacchiere internazionale. Qui in Rwanda sarà il popolo a non volerlo lasciare andare in pensione. Lo sviluppo incredibile di cui ha goduto il paese, a scapito del Congo ed al netto della violazione dei diritti umani, è lì a dimostrare i successi di una presidenza che è osannata in sede UA - Unione Africana. E guai a chi la pensa diversamente. 

Fabio Pipinato

Sono un fisioterapista laureato in scienze politiche. Ho cooperato in Rwanda e Kenya. Sono stato parte della segreteria organizzativa dell'Unip di Rovereto. Come primo direttore di Unimondo ho seguito la comunicazione della campagna Sdebitarsi e coniato il marchio “World Social Forum”. Già presidente di Mandacarù, di Ipsia del trentino (Istituto Pace Sviluppo Innovazione Acli) e CTA Trentino (Centro Turistico Acli) sono l'attuale presidente di AcliViaggi. Curo relazioni e piante. 

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