Trentino: il popolo scomparso e la memoria ritrovata

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La Notificazione di Sua Maestà Imperiale e Regia Apostolica Imperatore d'Austria Francesco Giuseppe del 31 luglio 1914 arruolò 60mila Trentini nell'esercito austriaco. Furono spediti a combattere contro i Russi. Moltissimi i morti, i feriti, i prigionieri.

Allo scoppio della guerra con l'Italia, il 24 maggio 1915, il Trentino fu attraversato dal fronte e per tre anni sulle sue montagne si combatté la guerra bianca. Non tutti i trentini combatterono nelle file dell'esercito austriaco. Alcuni di loro, per le loro idee irredentiste, avevano disertato la leva ed erano fuggiti per arruolarsi come volontari nell'esercito italiano. Fra questi Cesare Battisti.

Con l'apertura del fronte italiano i paesi e le città che si trovavano a ridosso della linea del fuoco furono in pochi giorni evacuati: più di 30mila civili furono mandati verso l'Italia dall'esercito italiano, altri 70mila a nord, verso le province centrali dell'Impero, dispersi presso famiglie o concentrati nelle città di legno. In Austria, in Moravia, in Boemia.

1700 Trentini, sospettati di essere filoitaliani, furono rinchiusi nel campo di Katzenau. Per più di tre anni i profughi vissero in esilio, lontani dalla propria casa, spesso in drammatiche situazioni di povertà. Uno scritto dal campo: "ti scongiuro, mandami un pezzo di pane".

Il 3 novembre 1918 le truppe italiane entrarono a Trento: la guerra era finita e il Trentino, in seguito alla sconfitta austriaca, venne annesso al Regno d'Italia. Su una popolazione che superava di poco le 350mila unità, almeno 200mila persone dovettero abbandonare, in vario modo, il Trentino.

In quel periodo Rovereto veniva definita "la città mondo", perché i suoi cittadini si trovarono dispersi per il mondo. Spaesati. L'immagine si adatta perfettamente all'intero Trentino. Si pensi ai soldati che si trovarono da un giorno all'altro in Galizia (ora Polonia) o in Serbia, o in Romania. E poi prigionieri furono sbalzati nella taiga siberiana, o nei deserti della Tataria, o nelle miniere di sale del Caucaso. Per poi soggiornare in Manciura, a Pechino, o a Vladivostok. Ai profughi toccarono estensioni più europee: dalla Boemia alla Sicilia.

A Trento, oggi, si vuole fare memoria del passato per capire il presente e dare un futuro a questa terra. Come? Attraverso un grande progetto socio-culturale. Dove? Dentro un paio di gallerie dismesse. Trattasi di due canne lunghe trecento metri e larghe una decina. Dal 19 agosto sino a metà novembre nelle due 'gallerie della memoria' al Piedicastello di Trento si terrà la mostra-percorso della storia del "popolo scomparso" durante la Grande guerra.

Ritrovare il "popolo scomparso" significa soprattutto cercarlo nell'esodo, nelle terre foreste, ospitato, sopportato, tollerato o combattuto nelle comunità altrui.

Dunque, nella mostra, si metterà a fuoco in particolare il contatto tra i Trentini e gli altri, l'esperienza dei profughi come quella dei prigionieri, i viaggi, il confronto linguistico e culturale, gli usi e costumi, l'alimentazione, la religione. Noi e loro. In altri termini "il popolo ritrovato" ripropone una memoria esemplare che permette di utilizzare il passato in vista del presente, di approfittare delle lezioni, delle ingiustizie subite, di lasciare se stesso per andare verso l'Altro.

Significa riscoprirsi migranti. Parte di una nazione che fa corrispondere ad ogni italiano in Patria, un italiano all'estero: 60 milioni. Di concittadini su cinque continenti.

Il nostro esodo ci fa comprendere le fatiche di altri esodi. Fuggiaschi da guerre, fame, povertà, ideologie e tiranni che, al pari di Francesco Giuseppe del 1914, acquistano armi anziché farine a difesa del proprio potere. Gli attuali "Imperatori" arruolano i ragazzi sin dall'età scolare per inviarli al fronte in almeno dieci paesi asiatici ed altrettanti africani. "Solo Dio può spodestarmi" ha recentemente dichiarato l'Imperatore dello Zimbabwe facendo picchiare a morte ogni oppositore. Molti fuggono dalla disperazione; soprattutto chi ha un titolo di studio.

Anche in Trentino troviamo un lembo di umanità straniera ma non estranea. Trattasi di 33.333 "nuovi trentini" che rappresentano ad oggi il 6,6% della popolazione residente. Dall'Unione europea: 8,2%; Europa centro-orientale: 54,5%; Maghreb: 18,8%; Asia: 8,0%; America centro-meridionale: 7,6%; Altri: 2,9%. Li possiamo incontrare negli alberghi ad accogliere i turisti, nei cantieri a costruire il futuro e nelle abitazioni ad accudire gli anziani. Quasi tutti chiedono tre cose: casa, lavoro e pace. Come i Trentini emigrati all'estero. Fermi nei confronti di un'insignificante minoranza che delinqueva e che faceva equiparare tutti gli immigrati a dei delinquenti. Ieri come oggi. Importante è fare memoria. Aiuta a ritrovare la solidarietà, affatto scomparsa, del nostro popolo.

Fabio Pipinato

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