Egitto: bloccati gli attivisti della 'Marcia per Gaza', proteste anche in Italia

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Sono stati bloccati dalla polizia egiziana al Cairo prima ancora di potersi mettere in viaggio verso il Sinai i circa 1400 attivisti della ‘Gaza Freedom March’ che intendevano raggiungere la Striscia di Gaza per portare aiuti ai palestinesi e rompere l’assedio israeliano imposto da tre anni sul territorio. Tra loro anche 140 italiani della coalizione ‘Action for Peace’ che dopo aver protestato davanti all'ambasciata italiana si sono riuniti con gli altri partecipanti davanti alla sede dell'Onu al Cairo per protestare contro l’opposizione del governo egiziano all’iniziativa, organizzata dall’associazione americana ‘Pink code’.

Dopo aver inizialmente concesso il premesso per il transito verso il valico di Rafah, le autorità egiziane il 20 dicembre scorso hanno comunicato l’intenzione di vietare il corteo. "Qualsiasi tentativo di organizzare la Marcia sul suolo egiziano – si legge in una nota ufficiale inviata alle cancellerie di tutto il mondo – sarà considerata come una violazione di legge". Ciò nonostante, e anche nelle ultime ore, il comitato organizzatore internazionale ha ribadito l’intenzione di arrivare nella Striscia. Gli attivisti hanno chiesto la mediazione della Lega Araba e di diverse ambasciate straniere, tra cui quella italiana, e hanno presentato una richiesta diretta al presidente egiziano Hosni Mubarak.

Interpellata in proposito, la Farnesina ha fatto sapere che "L'Ambasciata d'Italia al Cairo ha fornito e fornirà ogni assistenza pratica e di carattere logistico" al gruppo "di italiani giunti al Cairo per partecipare alla manifestazione Gaza Freedom March". Nella nota si rammenta anche "l'atteggiamento molto fermo delle autorità egiziane che hanno proibito lo svolgimento della marcia per la sua natura politica e non intendono aprire il valico di Rafah per l'accesso alla Striscia di Gaza". Attraverso una petizione online, la coalizione italiana ‘Action for Peace’ chiede di far pressione sull'Ambasciata Egiziana in Italia per consentire il passaggio al valico di Rafah. Tra le associazioni italiane aderenti alla "Marcia per Gaza" vi sono oltre a Action for Peace, Arci, Associazione per la pace, Berretti Bianchi, Donne in nero, Fiom-Cgil, IPRI-Rete corpi civili di pace, Operazione Colomba, Rete Radié Resh e Un ponte per...

Sono state numerose in questi giorni le manifestazioni nel mondo per ricordare il primo anniversario dell'operazione militare israeliana su Gaza denominata “Piombo fuso” che ha visto 1400 vittime palestinesi, tra cui 300 bambini e 4.336 tra mutilati e feriti.

Un recente rapporto di Amnesty International affermache durante i 22 giorni del bombardamento su Gaza e nel sud d'Israele, le forze israeliane hanno ucciso centinaia di civili palestinesi disarmati e distrutto migliaia di abitazioni, "mediante attacchi che hanno violato le leggi di guerra". Amnesty International ha riscontrato come le vittime degli attacchi su cui ha condotto le indagini non siano rimaste uccise nel fuoco incrociato tra miliziani palestinesi e soldati israeliani e non stessero nascondendo miliziani o altri obiettivi militari.

"L'assenza di adeguate indagini sul comportamento delle proprie forze a Gaza, crimini di guerra inclusi, e il continuo rifiuto di cooperare con la missione di accertamento dei fatti dell'Onu, diretta da Richard Goldstone, sono la prova dell'intenzione da parte di Israele di evitare un confronto pubblico e di riconoscere le proprie responsabilità" - ha dichiarato Donatella Rovera, che ha guidato la missione di ricerca di Amnesty International a Gaza e nel sud d'Israele durante e dopo il conflitto. "La comunità internazionale, a partire dal Consiglio di sicurezza, deve esercitare tutta la sua influenza per ottenere che Israele cooperi pienamente con l'inchiesta di Goldstone, che risulta attualmente lo strumento migliore per stabilire la verità". Hamas e altri gruppi armati palestinesi hanno lanciato centinaia di razzi contro il sud d'Israele, uccidendo tre civili israeliani, ferendone decine e costringendo migliaia di persone a lasciare le proprie case. "Questi attacchi illegali costituiscono crimini di guerra e sono inaccettabili" - ha precisato l'esponente di Amnesty.

Lo scorso settembre il "Rapporto Goldestone", realizzato dalla missione di inchiesta creata dalle Nazioni Unite, giudata dal giurista sudafricano di discendenza ebraica Richard Goldstone, per far luce sull’operazione "Piombo Fuso" ha definito l’offensiva israeliana nella Striscia di Gaza "un attacco pianificato e deliberatamente sproporzionato, pensato per punire, umiliare e terrorizzare la popolazione civile, diminuire in maniera radicale la sua capacità economica di autosostentamento, costringerla a un crescente senso di dipendenza e vulnerabilità".

Il "Rapporto Goldestone", dal nome del capo della missione, accusa sia gli uomini di Hamas che quelli dell’esercito israeliano di aver commesso crimini di guerra, ma sottolinea le ben più gravi responsabilità israeliane, precisando che non è in alcun modo comparabile la posizione dell’esercito di Tel Aviv con quella dei palestinesi. Accolto con favore dai palestinesi e osteggiato da Tel Aviv, il rapporto Goldstone ha visto anche il voto contrario espresso dell'Italia, degli Stati Uniti e di pochi altri sulla risoluzione Onu scaturita dal rapporto che raccomandava, oltre alla fine dell’assedio israeliano su Gaza, la creazione di commissioni di inchiesta sui presunti crimini di guerra commessi nel corso di 22 giorni di offensiva armata sul territorio palestinese, già stremato da tre anni di blocco totale.

Secondo un'indagine dell’organizzazione non governativa israeliana B'Tselem, il Centro israeliano per i diritti umani nei Territori palestinesi, erano civili oltre la metà dei circa 1400 morti causati dall’operazione israeliana “Piombo fuso”. Nei mesi scorsi anche Amnesty International ha rivolto un appello al Consiglio di Sicurezza dell'Onu chiedendo di avviare un'inchiesta internazionale indipendente sui presunti crimini di guerra e sulle altre violazioni del diritto internazionale commessi da tutte le parti coinvolte nel conflitto. [GB]

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