Un social cafè pro migranti

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Aiutarli a casa loro o aiutarci a casa nostra? Vi sono ong che si limitano al “casa loro” e altre che coniugano l'uno con l'altro. Al fine di abitare al meglio l'interdipendenza i donatori pubblici dovrebbero “costringere” le ong a operare anche sotto casa: qui e ora.

Non sono infrequenti, infatti, anche nel mondo delle ong, episodi di “paternalismo” oltremare che si coniugano con altrettanto “menefreghismo” in patria.

Tra le tante ong che solcano i mari o percorrono a ritroso la rotta balcanica andiamo a conoscerne una che ha, come caratteristica, di occuparsi di tutt'altro dall'emergenza e, quindi, da cibo, vestiti, tetto o coperta. Eh, si; perchè lo sfollato (colui che migra senza passare i confini) o il rifugiato (colui che oltrepassa il limes) necessita anche di relazioni e, quindi, di spazi ove bere un caffè, scambiare informazioni, sedersi al caldo, avere i propri bambini occupati in un'attività ricreativa, fare comunità. Insomma, una pausa nel lungo cammino verso la speranza.

Ipsia (Istituto Pace Sviluppo Innovazione de le Acli) ha curato progetti in Libano, ai confini con la Serbia, lungo tutta l'attraversata balcanica Grecia, Serbia, Bosnia) e in Italia, attraverso i corridoi umanitari.

Il Libano, ove nacque mitologicamente la principessa Europa, è il paese al mondo con il maggior numero di rifugiati rispetto alla popolazione autoctona (25%): quasi tutti siriani; le tensioni non mancano. Ipsia lavora con Caritas Internationalis (organizzazione fondata da Mons. Giovanni Nervo, primo garante con il prof. Ardigò di Unimondo) al fine di fornire una prima accoglienza; una prima comunità d'accoglienza che non siano solo code, divieto di lavorare e ozio forzato. Poi, forte di un'esperienza che risale dalla guerra dei balcani '91-'95 sta operando lungo la rotta, dopo gli accordi del 2016 tra UE e Turchia. Accordi che tentarono di bloccare la rotta balcanica. D'ingabbiare i migranti.

Parole di un volontario Ipsia in loco: “Ecco, a chi mi chiede cosa faccio io oggi in Serbia (ma potrei essere in Grecia, come in Libano o chissà dove altro nel mondo), rispondo che giochiamo a pallavolo, a calcio e anche a rugby, che facciamo disegnare i bambini, che chiacchieriamo con le persone del più e del meno, che facciamo corsi di inglese e serbo, balliamo, cantiamo …Noi, semplicemente, rompiamo. La monotonia, la solitudine, la noia. Rompiamo le sbarre invisibili delle gabbie. O almeno, ci proviamo”. Il circo umanitario è l'altra faccia del razzismo; in comune hanno uno sguardo dall'alto. La mano che dona è come la mano che bastona; sta in alto e, umilmente, noi cerchiamo di ridurre al minimo quest'assimetria.

Ipsia ha come fiore all'occhiello il progetto “Terre e libertà” che fa proprio questo con i bambini: animazione, so-stare con... Aderiscono ogni anno centinaia di giovani e decine di animatori italiani che incontrano altrettanti gruppi di giovanissimi attraverso un campo di animazione in Albania, due in Kossovo e due in Bosnia.

L'ultima inaugurazione di Ipsia, e arriviamo finalmente alla notizia, è stata l'apertura di un social caffè non lontano da Belgrado. A Bovadja. Trattasi del primo spazio di socialità ed educazione non formale per i profughi. Mauro Montalbetti, presidente di Ipsia: «Vuole essere uno spazio di aggregazione e di informalità, di rottura dalla routine quotidiana, dal trascorrere del tempo sempre uguale a se stesso». «Va oltre la risposta all'emergenza, il social café permette il riconoscimento della persona nella sua dignità, attraverso la valorizzazione delle proprie capacità e competenze», aggiunge Sergio Malacrida, responsabile per l’Europa orientale di Caritas ambrosiana, che si trovò la scorsa settimana in Serbia per partecipare al taglio del nastro.

Di social caffè Ipsia ne è esperta in quanto ne ha aperto uno proprio a Milano con il circolo Terre e Libertà a dimostrazione che ciò che si realizza al di là dell'Adriatico vale anche al di qua.

Infine in Italia, con la Comunità sant'Egidio, l'ONG accoglie delle famiglie siriane che scappano dalla guerra. Anche e soprattutto qui cura molto le relazioni con le comunità ospitanti al fine di accompagnare l'accoglienza. Tra i diversi territori v'è anche il Trentino ove arrivò una giovane famiglia con 5 figli dei quali gli ultimi 2 nacquero in Libano, nel campo profughi ove operavamo. Assieme all'amministrazione comunale di Caderzone preparammo nei minimi particolari la comunità che si adoperò molto per l'interazione e l'integrazione nonostante un italiano da subito appreso dai bambini e assai stentato dai genitori.

A proposito di social caffè, il primo caffè che ci preparò la famiglia siriana fu fatto con polvere Nescafè dentro la moka: terribile. Passammo subito all'erba mate portata in abbondanza dalla Siria. I bambini frequentarono il Grest estivo con i loro coetanei ma, non sapendo come pagare la retta. Il secondo giorno il gruppo di mamme si autotassarono per permettere ai propri figli di condividere con i piccoli siriani l'esperienza mondo. E' stato sufficiente un sms. Il vicesindaco portò in cantiere il capofamiglia; anche lui edile mentre l'assessora ha compilato una carriola di carte giusto per ricordarci che siamo in Italia. La mamma frequentava la famiglia cooperativa e veniva aiutata a scegliere prodotti a lei sconosciuti. Ora la famiglia è in Germania – il sogno di tutti i siriani – ove ha raggiunto il suo clan ed è sostituita da una famiglia afgana. Purtroppo le guerre forniscono sempre occasioni di nuovo impegno.  

Fabio Pipinato

Sono un fisioterapista laureato in scienze politiche. Ho cooperato in Rwanda e Kenya. Sono stato parte della segreteria organizzativa dell'Unip di Rovereto. Come primo direttore di Unimondo ho seguito la comunicazione della campagna Sdebitarsi e coniato il marchio “World Social Forum”. Già presidente di Mandacarù, di Ipsia del trentino (Istituto Pace Sviluppo Innovazione Acli) e CTA Trentino (Centro Turistico Acli) sono l'attuale presidente di AcliViaggi. Curo relazioni e piante. 

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