Sri Lanka tra “baby farming” e “child labour”

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Rivolgendosi al Parlamento dello Sri Lanka lo scorso mese, la Ministra per le donne e l'infanzia Geetha Kumarasinghe ha affermato di essere stata informata di un particolare caso di traffico di esseri umani che ha coinvolto bambini sotto i 18 anni, una sorta di racket specializzato nel traffico di bambini dall'Isola: “Ho incaricato il segretario del Ministero - ha detto la Kumarasinghe - di avviare un'indagine su questo fenomeno scioccante". In novembre, infatti, l’ente di controllo dell’immigrazione e dell’emigrazione dello Sri Lanka ha presentato una denuncia formale al Dipartimento investigativo penale (Cid) riguardo ad un presunto “cartello” specializzato nel traffico di minori, per lo più giovani cittadini tamil provenienti dalle aree settentrionali e orientali. Una volta fatti espatriare “regolarmente” in Malaysia, spesso accompagnati dai genitori, i bambini vittime di questa tratta verrebbero comprati dai trafficanti, i quali fornirebbero loro passaporti falsi e documenti di viaggio contraffatti, con cui verrebbero poi venduti in altri Paesi, tra cui, pare, anche paesi come Francia e Regno Unito. Possibile?

Secondo gli alti funzionari di polizia singalesi sì! Quest'anno sono stati già accertati 13 casi di minori mandati in Malaysia con questo sistema, ma potrebbero essere molti di più quelli transitati per Kuala Lumpur e poi successivamente rivenduti anche fuori dall'Asia. Al momento la polizia di Colombo è stata in grado di identificare e fermare un intermediario, mentre sono ancora in corso le indagini per arrestare altri sospettati e provare a ritrovare alcuni di questi minori trafficati all’estero. Alti funzionari del Ministero per le donne e l'infanzia hanno rivelato ad AsiaNews che le istituzioni “Si stanno attualmente consultando con le agenzie delle forze dell’ordine coinvolte per intraprendere azioni a livello ministeriale in merito al presunto racket del traffico di bambini segnalato”, mentre l'Autorità nazionale per la protezione dell'infanzia (NCPA) sta monitorando le indagini in corso. Per il presidente dell'Autorità nazionale per la protezione dell'infanzia, Udayakumara Amarasinghe, è possibile che questi bambini siano andati in Malaysia con i loro genitori o tutori legali: “A volte ai genitori o ai tutori viene offerta somma di denaro, commettendo così un reato penale”, successivamente “Da lì in poi subentra il gruppo criminale che li manda in Europa e non solo”.

Un fenomeno raro, ma che secondo fonti della polizia dello Sri Lanka, già nel 2020, aveva registrato la tratta di altri 30 bambini venduti per denaro dalle famiglie, attraverso un racket noto come “baby farming”. Un problema di criminalitàpovertà e controlli poco scrupolosi dei funzionari pubblici visto che per l’avvocato e attivista per i diritti civili Sahan Senanayake “Il Dipartimento per l’immigrazione e l’emigrazione dovrebbe essere più attento quando rilascia passaporti ai bambini, anche se la richiesta viene avanzata dai loro stessi genitori”. Le donne delle fasce più fragili della popolazione è possibile siano attirate col denaro offerto in cambio dei loro bambini, venduti poi all'estero con la rassicurazione di poter dare loro un futuro migliore. Sì, perché il presente e il futuro di molti bambini in Sri Lanka è oggi legato allo sfruttamento e al lavoro minorile, un fenomeno ampiamente nascosto. Se i dati ufficiali dicono che appena l’1% dei bambini tra i 5 e i 17 anni è impegnato in attività lavorative, questa fotografia sembra sottostimare ampiamente il contributo dei bambini alle attività economiche dell'Isola. Nonostante il Paese abbia sulla carta leggi e politiche molto rigorose contro il lavoro minorile, “A causa delle differenze nelle definizioni legali internazionali e nazionali di lavoro minorile - ha spiegato Buddhini Withana, consulente per la protezione dell'infanzia e i diritti dei minori di Save the Children - un numero significativo di minori dello Sri Lanka, in particolare quelli che lavorano meno di 25 ore a settimana e quelli che soffrono di alcune delle peggiori forme di lavoro minorile (come il lavoro forzato e lo sfruttamento sessuale), sono esclusi dalle statistiche e quindi invisibili".

Questo quadro si sta ulteriormente aggravando a causa della profonda e progressiva crisi economico-sociale che ha investito negli ultimi anni il Paese. “Non ci sono stati molti tentativi di comprendere questo fenomeno nello Sri Lanka - ha continuato la Withana - ma le ricerche realizzate dalle organizzazioni della società civile all'inizio del 2022 indicano come i bambini siano stati spinti verso il lavoro, a volte con rischi enormi per la loro salute e sicurezza, a causa delle vulnerabilità economiche derivanti dal Covid-19, insieme alla chiusura delle scuole e alle interruzioni dell'istruzione, con alcuni bambini che hanno iniziato a lavorare a tempo pieno già all'età di 11 anni". Senza soluzioni tampone per rimettere in piedi l'economia dello Sri Lanka, un aumento ulteriore della povertà generale nei prossimi mesi porterà quasi sicuramente un maggior numero di bambini ad abbandonare la scuola e ad iniziare a lavorare molto prima del dovuto, “E in quelle famiglie che già durante la pandemia hanno dovuto mandare i figli a lavorare per sbarcare il lunario, la speranza di far tornare i bambini a scuola potrebbe rimanere solo una speranza” ha precisato l'attivista.

È sempre più chiaro che, nel contesto attuale, la maggior parte dei bambini inizia a lavorare principalmente per sopravvivere e non servirebbe a molto aumentare le pene e la criminalizzazione del fenomeno. Che fare? Nello Sri Lanka servono migliori strategie di protezione sociale: “I difetti del programma di protezione sociale, sono ampiamente riconosciuti - ha concluso la Withana - come i fattori sociopolitici discriminatori che determinano l'erogazione dei sussidi. In più nella situazione attuale lo Stato non è in grado di onorare molti dei suoi impegni finanziari ed è estremamente improbabile che le misure di protezione sociale diventino una priorità nel prossimo futuro”. Di qui l’urgenza di un’altra strada. Serve "Rafforzare le famiglie e costruire la loro resilienza attraverso un approccio integrato di sostegno finanziario mirato alla sicurezza alimentare e sostegno psicosociale che affronti le loro vulnerabilità, i rischi e le esigenze di protezione”. Solo così sarà possibile garantire il benessere delle famiglie e di conseguenza dei bambini singalesi proteggendoli da ogni forma di sfruttamento e tratta.

Alessandro Graziadei

Sono Alessandro, dal 1975 "sto" e "vado" come molti, ma attualmente "sto". Pubblicista, iscritto all'Ordine dei giornalisti dal 2009 e caporedattore per il portale Unimondo.org dal 2010, per anni andavo da Trento a Bologna, pendolare universitario, fino ad una laurea in storia contemporanea e da Trento a Rovereto, sempre a/r, dove imparavo la teoria della cooperazione allo sviluppo e della comunicazione con i corsi dell'Università della Pace e dei Popoli. Recidivo replicavo con un diploma in comunicazione e sviluppo del VIS tra Trento e Roma. In mezzo qualche esperienza di cooperazione internazionale e numerosi voli in America Latina. Ora a malincuore stanziale faccio viaggiare la mente aspettando le ferie per far muovere il resto di me. Sempre in lotta con la mia impronta ecologica, se posso vado a piedi (preferibilmente di corsa), vesto Patagonia, ”non mangio niente che abbia dei genitori", leggo e scrivo come molti soprattutto di ambiente, animali, diritti, doveri e “presunte sostenibilità”. Una mattina di maggio del 2015 mi hanno consegnato il premio giornalistico nazionale della Federazione Italiana Associazioni Donatori di Sangue “Isabella Sturvi” finalizzato alla promozione del giornalismo sociale.

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