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Terra Futura: dal Pil alla decrescita per sviluppo e benessere
Consumo critico
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"Bisogna smettere di conferire al Pil (Prodotto interno lordo) valenze che non gli appartengono: si tratta di un indicatore nato per misurare la produzione e l'efficienza di mercato. Esistono altri indicatori per misurare il benessere e la qualità della vita: usiamoli!". E' la dura critica che il presidente dell'Istat Luigi Biggeri ha rivolto oggi a economisti, sociologi e politici nell'ambito del convegno "Liberiamoci dal PIL" articolatosi lungo l'intera giornata di oggi a Terra Futura 2008, la mostra convegno delle buone pratiche di sostenibilità ambientale, economica e sociale in corso alla Fortezza da Basso (Firenze) da ieri sino a domenica 25 maggio. "Ci sono numerosissimi indici proprio perché molti sono gli aspetti che si vogliono misurare. In più, Paesi diversi si sentono rappresentati da indicatori diversi, a iniziare da quelli in via di sviluppo: anche a livello internazionale noi statisti ci scontriamo contro muri e ostacoli, ed è questa oggi la sfida: arrivare ad indicatori condivisi, in cui la gente si riconosca" - ha continuato il presidente dell'Istat.
"Mercoledì prossimo presenterò come tutti gli anni la "Relazione sulla situazione economica del Paese" alla Camera dei Deputati - ha annunciato Biggeri - dove ripeterò quello che ho detto altre volte. Nel corso delle diverse legislazioni ho già richiamato all'attenzione dei Governi la povertà relativa: se ne è discusso un po' e poi il silenzio. Ho portato all'attenzione i "jobless", perché ci sono quasi 700 mila famiglie in Italia senza nessun occupato; ho portato all'attenzione il problema della casa per i giovani, che se vanno in affitto pagano anche 700 euro in media al mese. Mercoledì prossimo evidenzierò ancora una volta il problema dell'emigrazione: dall'analisi dei dati individuali su coloro che hanno chiesto il permesso di soggiorno, risulta che è molto alta la percentuale di quanti si sono ormai stabilizzati in Italia, con la famiglia, con il lavoro. I dati cioè dimostrano che se la società prende in considerazione azioni che possono servire per migliorare la situazione dei poveri e di chi si trova in situazioni di disagio, può rendere la nostra vita migliore. E io spero che questo avvenga anche con il contributo della statistica" - ha concluso Biggeri.
Sul bisogno di un sistema coerente di misurazione sono ritornati anche Mani Tese e la Coalizione Italiana Social Watch - organizzatori del convegno -, secondo i quali il ritardo dei Paesi (Italia in primis) nel raggiungimento degli Obiettivi della Campagna del Millennio dell'ONU dipende fra le altre cose dal fatto che non sappiamo misurare bene il benessere, che ogni Paese lo identifica in maniera diversa, e che tale valutazione dipende anche da chi la fa: economisti, statisti, sociologi. "Il rallentamento rispetto agli obiettivi osservato dall'Onu nel 2005 conferma quanto abbiamo sempre sostenuto - precisa Mariarosa Cutillo di Mani Tese/Social Watch - cioè che si deve riservare più attenzione ai diritti umani e alle politiche sociali, e questo riporta alla necessità di adottare gli indicatori che proponiamo ormai da anni".
Il Pil, inoltre, non fornisce alcuna indicazione rispetto alla distribuzione interna del reddito: questo l'aspetto sottolineato da Sabina Siniscalchi della Fondazione Culturale Responsabilità Etica. "Si sta ampliando il gap fra ricchissimi e poverissimi in Italia, con il quinto più abbiente del Paese che detiene il 39,1% della ricchezza, e il quinto più povero il 7,8%. Una situazione che, accanto alla riflessione sulla scarsità delle risorse, ci impone anche di continuare a fare pressione sulle istituzioni politiche per una più equa redistribuzione delle stesse".
Una parzialità, quella del Pil, che diviene evidente quando si usano altri indici di sviluppo, e allora le mappe del benessere dei Paesi vanno riscritte in maniera drastica: lo dimostra ad esempio il Quars (indice di qualità regionale dello sviluppo) elaborato da Lunaria, uno dei principali promotori della Campagna "Sbilanciamoci". "Il Quars - spiega Tommaso Rondinella di Lunaria - valuta lo sviluppo di un territorio su misuratori altri: partecipazione democratica, salute, istruzione, educazione, qualità dell'occupazione e non più solo tasso di impiego, partecipazione democratica".
Secondo Maurizio Pallante del Movimento Decrescita Felice, l'idea di sviluppo passa anche attraverso il concetto di decrescita economica quale chiave della felicità e si realizza innanzitutto con "tecnologie che accrescano l'efficienza delle risorse diminuendo l'uso di materie prime, dunque efficienza energetica, riduzione dei rifiuti, coibentazione degli edifici. La seconda area di azione - prosegue - riguarda gli stili di vita, dunque le scelte di sobrietà, autoproduzione e riduzione degli scambi commerciali a parità dei servizi. Infine, fondamentale è il ruolo del governo locale, che deve agire attraverso delibere e atti dei consigli comunali, piani regolatori e energetici, ristrutturazione di edifici pubblici, regolamenti urbanistici".
Tutti d'accordo quindi che il Pil sia stato usato indebitamente, tanto da diventare l'indicatore di riferimento che è oggi. Un problema dai contorni culturali, che chiama in causa la coscienza della società, cui spetta l'attività di pressione sulle istituzioni affinché si riapproprino di una capacità di analisi che vada oltre il Pil come unica misura di sviluppo e crescita complessiva dei Paesi. Al convegno di oggi, inoltre, presenti anche Victoria Johnson di NEF/Happy planet index, Roberto Lorusso della Campagna "DePILiamoci", Stefano Bartolini dell'Università di Siena, Leonardo Becchetti dell'Università di Tor Vergata/Presidente Comitato etico di Banca Etica, Nello De Padova del Movimento Decrescita Felice.