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Scarpe che non lasciano impronte
Consumo critico
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Chi ha difficoltà a trovare il proprio numero lo sa: calzare le scarpe giuste non è una passeggiata. Ma oggi non parliamo di misure, parliamo di idee. Come ad esempio quella di produrre, vendere e indossare calzature vegan. Per essere cool, not cruel, come invita con un riuscito slogan un sito interessante (anche se non esattamente fluido nella navigazione) che punta proprio a sensibilizzare il consumatore sugli acquisti che esercita, suggerendo di prestare attenzione alla moda, ma senza trascurare la giusta sensibilità verso gli aspetti etici che caratterizzano il prodotto. E le scarpe, si sa, sono tra i prodotti più difficili da “convertire”. Nonostante l’ampia diffusione (tra l’altro in continuo aumento) di prodotti vegani nel campo dell’alimentazione, del vestiario e della cura di sé, pelle e cuoio la fanno da padroni nel mondo delle calzature e degli accessori correlati. Quale alternativa possiamo allora valutare, se cerchiamo calzature impermeabili, leggere ed ecosostenibili, ma anche esteticamente di nostro gradimento?
Vediamo qualche buon consiglio per l’acquisto di una scarpa che rispetti non solo la filiera produttiva, preferibilmente locale e corta, ma anche l’ambiente e, soprattutto, gli animali. E anche se i pionieri di questa nuova linea produttiva sono stati nell’ultimo decennio del secolo scorso i britannici di Vegetarian Shoes, occorre segnalare che proprio il made in Italy ha raccolto con entusiasmo la sfida. Come spesso accade la produzione nostrana si distingue per prodotti di qualità che valorizzano abilità ed esperienza di artigiani stimati nel mondo e anche questa volta non si è fatta da parte nell’intraprendere la strada delle calzature prive di derivati animali. Senza trascurare però l’aspetto estetico, che spesso scoraggia l’acquisto di una scarpa vegan perché considerata decisamente basic (e non sempre in senso positivo) e magari un po’ neo hippie. Con il moltiplicarsi delle opzioni possiamo ora attingere a una vasta gamma di scarpe etiche che siano anche lussuose, eleganti e raffinate.
Diamo per esempio un’occhiata a Opificio V o a Camminaleggero, aziende nate in Italia da donne con un forte spirito imprenditoriale messo al servizio dell’etica e degli ideali, premiate nelle loro scelte dal riconoscimento migliore: la costante crescita della produzione. La filosofia è quella di proporre scarpe “a km 0”, prodotte senza dispersioni di energie ambientali e lavorative, pensate per soddisfare le esigenze più ricercate e per proporre soluzioni spiritose e originali, al contempo garantendo la qualità dei materiali (anallergici ed etici). Sulla stessa lunghezza d’onda e a scommettere sulla qualità italiana troviamo anche Noah, Vegan Shoes e Le scarpe di Linus.
Se poi ci allontaniamo un po’ dai confini nazionali troviamo Nak Fashion, acronimo efficace di Not Animal Killed, nessun animale ucciso per la produzione di queste calzature. Lontani ma non troppo dall’Italia, perché pur essendo londinese di nascita, la start up si affida per la produzione a calzolai italiani, riconoscendoci una supremazia in questo caso del tutto meritata. Pochi modelli, classici (tutti in nero) e minimali, in microfibra di alta qualità, porosa, traspirante e impermeabile, con un’attenzione specifica alla qualità della filiera. Sempre in Europa (ma di facile reperibilità anche in Italia) troviamo la linea vegan della produzione El Naturalista, che utilizza bambù e fibre naturali o riciclate.
Anche andando ben più lontani, dagli australiani di Zette Shoes non lasciamo in ogni caso la penisola: made in Italy sono anche le loro calzature, in questo caso proposte in colori fluorescenti che non fanno certo passare inosservati/e e che ispirano le loro simpatiche linee ai gatti di famiglia.
Al di là però di qualche suggerimento per curiosare online e trovare la calzatura adatta a sé, la principale e più significativa indicazione che dobbiamo tenere presente è quella che riguarda il “dietro le quinte” dei prodotti che acquistiamo. Lode alle aziende che, a fronte di un periodo di crisi che pure coinvolge molte imprese, non si piegano al compromesso di una produzione a prezzi stracciati ma dai costi altissimi, che non delocalizzano e rispettano i diritti dei lavoratori, garantendo i necessari standard qualitativi ed etici. Lode alle aziende che producono scarpe riducendone notevolmente, è proprio il caso di dirlo, l’impronta ecologica.
Anna Molinari

Giornalista freelance e formatrice, laureata in Scienze filosofiche, collabora con diverse realtà sui temi della comunicazione ambientale. Gestisce il progetto indipendente www.ecoselvatica.it per la divulgazione filosofica in natura attraverso laboratori e approfondimenti. È istruttrice CSEN di Forest Bathing. Ha pubblicato i libri Ventodentro (2020) e Come perla in conchiglia (2024). Per la testata si occupa principalmente di tematiche legate a fauna selvatica, aree protette e tutela del territorio e delle comunità locali.