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Fondazione Banca Etica: nel mirino Eni e Enel per le controllate nei paradisi fiscali
Consumo critico
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Continua l'attività di azionariato critico nei confronti di Eni e Enel promossa dalla Fondazione Culturale Responsabilità Etica per portare nelle assemblee dei due colossi energetici italiani le posizioni e le richieste della società civile. Dopo che lo scorso anno, per la prima volta, la Fondazione Culturale, costituita nel 2003 da Banca Etica, ha avviato su proposta della CRBM e di Greenpeace Italia un'attività di "azionariato critico" acquistando alcune azioni di Eni e Enel anche quest'anno la Fondazione ha sollevato diversi critiche nelle assemblee delle due società che si sono da poco concluse a Roma.
Per quanto riguarda l'Eni, la Fondazione Culturale di Banca Etica ha in primo luogo ribadito (si veda il pdf) le criticità relative all'operato in Kazakistan e Nigeria chiedendo "una maggiore trasparenza e informazione da parte della compagnia nella gestione dei progetti, nel rispetto delle migliori pratiche internazionali".
Inoltre, in merito agli accordi firmati nel maggio dello scorso anno dall'Eni con il governo della Repubblica del Congo (RdC) per investire circa 3 miliardi di dollari in progetti energetici nel periodo 2008-2012 che ricoprono esplorazione di sabbie bituminose, produzione di olio di palma per alimentazione e biodiesel, e la costruzione di un impianto a gas per la produzione di energia elettrica, la Fondazione Culturale ha richiesto informazioni sugli "studi di fattibilità economica, sulle valutazioni di impatto ambientale e sociale inclusa la documentazione relativa alle consultazioni pubbliche con le comunità locali ed al calandario di realizzazione dei diversi progetti". Ha inviato quindi gli azionisti "a proporre una moratoria sugli investimenti relativi allo sfruttamento delle sabbie bituminose e delle piantaggioni di palma da olio fin tanto che i potenziali rischi economici, sociali, ambientali non vengano accuratamente valutati ed un piano di gestione dei rischi debitamente redatto ed approvato".
Nell'intervento all'assemblea dell'Enel (in .pdf) , la Fondazione Culturale di Banca Etica ha sollevato il tema cruciale dei costi e degli impatti economici degli investimenti nel nucleare. "É ironico che una delle soluzioni individuate da Enel per finanziare i propri piani (nel nucleare - ndr) sia la vendita di quote nella divisione a maggiore redditività, Enel Green Power. Gli azionisti di Enel dovrebbero chiedere al Consiglio di Amministrazione perché Enel non stia concentrando i propri investimenti proprio nel settore delle energie rinnovabili, piuttosto di investire in un settore ad elevato rischio, quale è il nucleare" - segnala la nota della Fondazione (in pdf).
La Fondazione Culturale di Banca Etica ha inoltre esposto all'assemblea degli azionisti Enel "gravi preoccupazioni" in merito all'intenzione della dita di proseguire nei piani di realizzazione dell'HidroAysèn, il progetto del costo di 4 miliardi di dollari che prevede la costruzione di cinque grandi dighe sui fiumi Baker e Pascua nella Patagonia cilena, nonostante la maggioranza della popolazione cilena sia contraria al progetto e nonostante le critiche sollevate da ben 32 responsabili di autorità pubbliche cilene. Una preoccupazione supportata da uno studio del Massachusetts Institute of Technology (MIT) di Boston che ha analizzato il rischio di rottura o scavallamento di una diga pianificata sul fiume Pascua in seguito a eventi glaciali. Due di tali eventi, ossia il distacco di imponenti masse di ghiaccio nei fiumi, sono già avvenuti nel 2008 generando delle enormi onde la cui grandezza era imprevedibile.
Ma soprattutto la Fondazione Culturale ha posto all'attenzione la "struttura societaria complessa dei due giganti energetici italiani che conta troppe società controllate in paesi a tassazione agevolata", cioè nei "paradisi fiscali".
Scorrendo il bilancio dell'Eni del 2008, si scoprono moltissime compagnie che vedono una partecipazione di maggioranza, o addirittura del 100% della stessa Eni (in .pdf) in paesi quali le Bahamas, le Bermuda, il Lussemburgo, la Svizzera, il Principato di Monaco le Isole del Canale (Saint Helier, a Jersey), le Isole Vergini Britanniche, Cipro e altri ancora. "E' poi ancora più sorprendente che la stessa Eni, nel suo patinato Bilancio Sociale, riporti l'elenco dei Paesi in cui è attiva. In questo elenco non figurano le Bahamas, le Bermuda, o altri Paesi in cui l'impresa ha delle società controllate. In questa situazione, risulta legittimo chiedersi quale sia la funzione di tali società controllate. Cosa significa avere delle società controllate in giurisdizioni in cui non si opera?" - riporta il comunicato della Fondazione Culturale
Per quanto riguarda ENEL, scorrendo il bilancio 2008, si trovano moltissime compagnie che vedono una partecipazione di maggioranza, o addirittura del 100% della stessa Enel in paesi quali il Delaware, Panama, Lussemburgo, le Isole Cayman e altri. In particolare, sono decine le società registrate a Wilmington, nel Delaware, considerato un vero e proprio paradiso fiscale nel cuore degli Stati Uniti.
Come esempio è riportata la Sheldon Springs Hydro Associates LP (Delaware) che è controllata al 100% dalla Sheldon Vermont Hydro Company Inc. (Delaware), che è controllata a sua volta al 100% dalla Boot Sheldon Holdings Llc (Delaware), di proprietà al 100% della Hydro Finance Holding Company Inc. (Delaware), che è controllata al 100% dalla Enel North America Inc. (Delaware), controllata a sua volta al 100% dalla Enel Green Power International SA, (una holding di partecipazioni con sede in Lussemburgo), a sua volta controllata da Enel Produzione spa e Enel Investment Holding BV (altra holding di partecipazioni, registrata in Olanda). Entrambe queste imprese fanno finalmente riferimento all’impresa madre, la Enel spa. "Risulta lecito domandarsi se per vendere energia sia necessaria questa incredibile serie di scatole cinesi societarie" - sottolinea la nota della Fondazione Culturale di Banca Etica.
"Il ministro dell'Economia e delle Finanze Tremonti ha di recente messo in questione la moralità degli aiuti pubblici diretti a imprese che operano nei paradisi fiscali – ha commentato Andrea Baranes, che ha curato gli interventi della Fondazione. In misura ancora più elementare, risulta naturale domandarsi quale sia la moralità di imprese sotto controllo pubblico, o comunque a forte partecipazione pubblica, che operano nei paradisi fiscali. Questo è ancora più evidente nel caso in cui – come per ENI ed ENEL - l'azionista sia lo stesso ministero dell'Economia e delle Finanze che ha tra i suoi principali obiettivi proprio la lotta contro i paradisi fiscali, l'elusione e l'evasione fiscale". [GB]