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Abuso di alcol in Italia e in Africa: nasce la campagna AlcolOltre
Consumo critico
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Manuel, 31 anni, ha iniziato ad avere problemi con l’alcol quand’era appena diciasettenne. È arrivato a bere anche 4-5 bottiglie di Jagermeister al giorno, fino a che non ha toccato il fondo, finendo in psichiatria per abuso di alcol e psicofarmaci assieme. “Sono rimasto legato al letto dell’ospedale per parecchi giorni”, racconta. Uno spavento che l’ha scosso nel profondo, ma che l’ha portato infine ad accettare la mano tesa offertagli e ad entrare in comunità, dove ha iniziato pian piano la risalita. Oggi, insieme ad altri che come lui ce l’hanno fatta, ha messo la sua storia ed esperienza al servizio della campagna AlcolOltre, presentata il 31 gennaio alla Camera dalla onlus “Impegnarsi serve” e dai Missionari della Consolata (Imc). L’obiettivo: sensibilizzare l’opinione pubblica contro l’abuso di alcol, soprattutto tra i giovani. Con una particolarità: la campagna, infatti, che avrà la durata iniziale di due anni e mezzo, è diretta non solo agli italiani ma si rivolge anche ai paesi africani in cui i Missionari della Consolata operano e hanno potuto toccare con mano le dimensioni del problema, in particolare Swaziland, Kenya e Congo.
“Europa ed Africa sono due continenti accomunati da questa stessa schiavitù, che colpisce trasversalmente qualsiasi fascia di età, ma che per i giovani può rappresentare l’inizio di un degrado profondo, l’ingresso in un labirinto in cui diventa difficile districarsi” spiega il responsabile della campagna, padre Giordano Rigamonti (Imc) –. Con AlcolOltre ci impegniamo a promuovere una serie di iniziative a favore di una cultura per la vita, lanciando una sfida per sostituire a quei vuoti un ‘pieno’”.
Per quanto riguarda l’Italia, la campagna coinvolgerà Lazio, Piemonte e Lombardia, con tre grandi progetti: nel primo, dedicato alle scuole medie e superiori, ai ragazzi verrà proposto un percorso educativo interculturale che, tramite testimonianze, film e incontri con esperti, avrà come obiettivo far conoscere i problemi causati dall’alcol, far riconoscere i comportamenti che possono indurre alla dipendenza e offrire strumenti finalizzati ad una scelta consapevole. Il secondo progetto sarà invece incentrato sul “teatro live”, che avrà lo scopo di rappresentare i due mondi, l’Italia e l’Africa, attraverso figure narranti che racconteranno storie di dipendenza dall’alcol o di liberazione. Infine, per giovani e adulti sono previsti convegni, seminari e tavole rotonde con il contributo di esperti, medici, psicologi, missionari ed educatori.
“L’abuso di alcol è un problema diffuso, globale, per il quale si fa troppo poco, mentre la situazione sta peggiorando” ha commentato il presidente della commissione Affari sociali della Camera, Mario Marazziti, durante la presentazione della campagna. Marazziti parla di uso di alcol fra i giovani che nel nostro paese comincerebbe molto presto, fra i 10 e gli 11 anni. “Se si prendono in considerazione i ragazzi fra i 15 e i 17 anni – spiega – uno su sei ha comportamenti di consumo a rischio (una su cinque le ragazze). Circa 800mila italiani fra i 18 e i 24 anni sono binge drinker, ovvero sono soliti alle ‘abbuffate alcoliche’ con serie conseguenze sulla salute”.
Nonostante in Italia sia vietata vendita e somministrazione di alcolici al di sotto dei 18 anni di età, il 17% circa di tutte le intossicazioni alcoliche giunte all’osservazione clinica in un pronto soccorso è registrata tra i ragazzi e le ragazze al di sotto dei 14 anni. “Nelle città metropolitane la percentuale sale e il punto di riferimento di questo tipo di esperienza è il gruppo. Le motivazioni addotte dai giovani al bere alcolici sono: per divertirsi, per adeguarsi al gruppo, per darsi delle arie, per dimenticare i problemi, per trasgredire” spiega ancora padre Giordano Rigamonti. Proprio per questo la campagna AlcolOltre punterà anche sulla dimensione “attrattiva” per i giovani: non a caso, tra i testimonial della campagna è stato scelto anche il calciatore Andrea Belotti, attaccante del Torino e della Nazionale italiana.
E in Africa? Qui la campagna prevede diverse tipologie di interventi: da una serie di studi statistici sulla diffusione del fenomeno, a progetti di solidarietà “atti a favorire la presa di coscienza del problema alcol” attraverso “programmi educativi, sanitari e di reinserimento sociale”. Troppo spesso, infatti, i missionari della Consolata hanno assistito impotenti alle conseguenze dell’alcolismo nei paesi in cui operano. In Swaziland, ad esempio, piccolo Stato dell’Africa del Sud con un contesto sociale di estrema povertà, l’alcol costituisce un grave problema che si tenta di arginare in vari modi, ad esempio con la pubblicazione giornaliera dei nomi di quanti sono stati fermati dalla polizia per guida in stato di ebbrezza. In Kenya, uno dei problemi principali è costituito dagli alcolici prodotti a livello casalingo, tanto che nel 2015 la BBC parlava di “alcol assassino”, causa di morte per un gran numero di persone a causa dell’alto grado di metanolo. Mentre il Congo, paese ricchissimo di minerali e risorse naturali, è uno dei paesi col PIL più basso in assoluto: “Qui mangiare non è scontato ed in media si muore a 48 anni” raccontano i Missionari della Consolata, e parlano della precarietà di massa, del rassegnato fatalismo e del pessimismo, che tolgono ogni speranza in una possibilità di riscatto e che portano a cercare rifugio in soluzioni provvisorie: sniffare la colla, bere alcol di qualsiasi tipo compresi – di nuovo – gli alcolici autoprodotti.
“Con la campagna AlcolOltre presentiamo storie di uomini, donne e ragazzi vittime dell’alcol, così come quelle di persone che invece hanno vinto la dipendenza – spiega padre Giordano Rigamonti – Alcuni sono africani. Altri italiani. Facendo davvero rete, con coraggio e ostinazione, crediamo che qualcosa possa cambiare: in Italia come nelle nazioni africane”.
Anna Toro

Laureata in filosofia e giornalista professionista dal 2008, divide attualmente le sue attività giornalistiche tra Unimondo (con cui collabora dal 2012) e la redazione di Osservatorio Iraq, dove si occupa di Afghanistan, Golfo, musica e Med Generation. In passato ha lavorato per diverse testate locali nella sua Sardegna, occupandosi di cronaca, con una pausa di un anno a Londra dove ha conseguito un diploma postlaurea, sempre in giornalismo. Nel 2010 si trasferisce definitivamente a Roma, città che adora, pur col suo caos e le sue contraddizioni. Proprio dalla Capitale trae la maggior parte degli spunti per i suoi articoli su Unimondo, principalmente su tematiche sociali, ambientali e di genere.