www.unimondo.org/Guide/Diritti-umani/Popoli-minacciati/L-antropocene-energetica!-202708
L’antropocene energetica!
Popoli minacciati
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Foto: Unsplash.com
Ormai da un decennio si parla di antropocene come definizione dell’attuale epoca geologica e fioriscono le pubblicazioni scientifiche che mostrano quanto sia ingombrante la nostra “impronta ecologica” sul Pianeta anche dal punto di vista energetico. Un nuovo studio, nato del lavoro dell’Antropocene Working Group (AWG) coordinato da Jaia Syvitski, professoressa emerita dall’Università del Colorado e pubblicato il 16 ottobre su Nature Communications Earth and Environment, rende chiara la straordinaria velocità e portata dell’aumento dell’uso di energia, della popolazione globale: “Negli ultimi 70 anni, gli esseri umani hanno superato il consumo di energia degli 11.700 anni precedenti, in gran parte grazie alla combustione di combustibili fossili”. L’enorme aumento nel consumo di energia ha consentito uno strabiliante aumento della popolazione umana e dell’attività industriale, ma nel contempo ha prodotto inquinamento, degrado ambientale e cambiamento climatico. Cambiamenti a livello planetario che hanno “alterato gli oceani, i fiumi, i laghi, le coste, la vegetazione, il suolo, la chimica atmosferica e il clima”.
“Questa è la prima volta che gli scienziati hanno documentato l’impronta ecologica dell’umanità su una scala così completa in una singola pubblicazione”, ha spiegato la Syvitski, che per anni è stata anche direttore esecutivo del Community Surface Dynamics Modeling System, una comunità di esperti internazionali che studiano le interazioni tra la superficie della Terra, l'acqua e l'atmosfera. I 18 autori dello studio hanno evidenziato 16 principali impatti planetari causati dall’aumento del consumo di energia e da altre attività umane, che sono aumentati di importanza dopo il 1950. I principali tra il 1952 e il 1980, quando gli esseri umani hanno innescato più di 500 esplosioni termonucleari fuori terra come parte dei test globali sulle armi nucleari, lasciando una chiara firma di radionuclidi causati dall’uomo sulla o vicino alla superficie dell’intero pianeta. Sempre dal 1950 in poi, abbiamo raddoppiato la quantità di azoto fisso sul pianeta attraverso la produzione industriale per l'allevamento e l’agricoltura, creato un buco nello strato di ozono attraverso il rilascio su scala industriale di clorofluorocarburi (CFC), rilasciato abbastanza gas serra dai combustibili fossili da causare un cambiamento climatico planetario, creato decine di migliaia di composti simili a minerali sintetici in più rispetto a quelli che si trovano naturalmente sulla Terra e determinato che quasi un quinto dei sedimenti fluviali in tutto il mondo non raggiungesse più l’oceano a causa di dighe, bacini idrici e deviazioni. Non male vero?
Alla luce delle trasformazioni globali indotte dall’uomo, le prospettive ecologiche tratteggiate della Syvitski non sono rassicuranti: “Ci vuole molto per cambiare il sistema terrestre e se anche dovessimo sviluppare un mondo più verde in cui non bruciamo combustibili fossili, il principale colpevole dei gas serra, avremmo comunque toccato un record per via dell’enorme ed irreversibile cambiamento che abbiamo indotto sul nostro pianeta”. Che fare? Una sola è la soluzione, perché noi siamo il “diluvio” e noi siamo “l’Arca”, per questo “Noi esseri umani ci siamo messi collettivamente in questo pasticcio e dobbiamo lavorare insieme per invertire queste tendenze ambientali e tirarcene fuori. La società non dovrebbe sentirsi compiaciuta” ha concluso la Syvitski. Se vi state chiedendo da che parte cominciare o come migliorare il nostro personale stile di vita energetico, un suggerimento è arrivato in queste settimane dal report “I comportamenti energetici in ambito domestico – Dimensioni culturali, sociali ed individuali”, una ricerca interdisciplinare, che analizza i problemi ambientali alla luce della psicologia e delle scienze sociali applicate, approfondendo il rapporto tra culture e comportamenti energetici, con un focus sul contesto italiano e sull’uso domestico dell’energia.
Secondo il team di ricercatori dell’Università Statale di Milano e di Italia in Classe A (la campagna nazionale sull’efficienza energetica promossa dal Ministero dello sviluppo economico realizzata da ENEA) che hanno curato il report “Emerge una sostanziale contraddittorietà della situazione nazionale, caratterizzata da un lato da atteggiamenti vicini a quelli dei paesi più avanzati nell’ambito della sostenibilità (elevata percezione dei rischi del cambiamento climatico, fiducia nell’azione collettiva, ampia diffusione di alcune pratiche di sostenibilità), dall’altro da indicatori di segno opposto (individualismo, scarsa percezione di responsabilità individuale, rifiuto verso le politiche disincentivanti, diffusione poco sviluppata di alcuni comportamenti pro-ambiente)”. Inoltre nel contesto italiano le differenze su scala territoriale sono così significative da consigliare l’adozione di modalità d’intervento differenziate, puntando sui vantaggi ai quali gli italiani sono più sensibili: il risparmio economico e la riduzione dei rischi per la salute.
La ricerca evidenzia come “il riscaldamento domestico costituisce oggi la principale voce di spesa energetica per i cittadini e le ore di accensione invernali risultano, soprattutto nel Settentrione, sovradimensionate rispetto all’attuale situazione climatico-meteorologica”. Inoltre, “il dato urbano, dove non calano i consumi nonostante le temperature mediamente più alte a causa delle isole di calore, lascia presupporre che la dimensione psicologica abbia un impatto particolarmente significativo in quest’ambito”. Per Ilaria Bertini, direttrice del Dipartimento Unità Efficienza Energetica dell’ENEA, l’approfondimento delle dimensioni culturali e psico-sociali della sostenibilità ambientale è una necessità urgente nelle società contemporanee: “Nel corso dei prossimi decenni, attraverso la sostituzione dei sistemi energetici esistenti con modelli di produzione alternativa, assisteremo a una delle più importanti trasformazioni tecnologiche mai avvenute e questo cambiamento richiederà un forte impegno da parte del mondo delle istituzioni e della ricerca”. La sfida che gli autori del report lanciano ai decisori politici è quella di dare vita a nuove strategie di comunicazione e informazione in grado di suggerire comportamenti più virtuosi, capaci di accompagnare meglio i cambiamenti che la transizione energetica sta già mettendo in atto a livello globale, individuale e collettivo.
Alessandro Graziadei

Sono Alessandro, dal 1975 "sto" e "vado" come molti, ma attualmente "sto". Pubblicista, iscritto all'Ordine dei giornalisti dal 2009 e caporedattore per il portale Unimondo.org dal 2010, per anni andavo da Trento a Bologna, pendolare universitario, fino ad una laurea in storia contemporanea e da Trento a Rovereto, sempre a/r, dove imparavo la teoria della cooperazione allo sviluppo e della comunicazione con i corsi dell'Università della Pace e dei Popoli. Recidivo replicavo con un diploma in comunicazione e sviluppo del VIS tra Trento e Roma. In mezzo qualche esperienza di cooperazione internazionale e numerosi voli in America Latina. Ora a malincuore stanziale faccio viaggiare la mente aspettando le ferie per far muovere il resto di me. Sempre in lotta con la mia impronta ecologica, se posso vado a piedi (preferibilmente di corsa), vesto Patagonia, ”non mangio niente che abbia dei genitori", leggo e scrivo come molti soprattutto di ambiente, animali, diritti, doveri e “presunte sostenibilità”. Una mattina di maggio del 2015 mi hanno consegnato il premio giornalistico nazionale della Federazione Italiana Associazioni Donatori di Sangue “Isabella Sturvi” finalizzato alla promozione del giornalismo sociale.