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L’Iran tra sanzioni, turismo e arte contemporanea
Giovani
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Foto: Unsplash.com
Mentre numerose crisi stanno suscitando grande preoccupazione, dalla Libia al confine tra India e Cina, e la pandemia non è affatto superata gli occhi del mondo hanno per il momento dimenticato un altro Paese fondamentale in questo turbolento periodo di trasformazione, ossia l’Iran. Intorno ad esso – e dentro di esso – si giocano partite che ci possono riguardare da vicino. Tutto sembra distinguerci dall’Iran eppure l’Italia è il primo partner economico europeo dello Stato persiano. Eppure sempre più turisti italiani vanno a visitare la sua archeologia, la sua cultura, la sua presente vitalità. Meglio dire: andavano. Fino al lockdown.
La situazione sembra in stallo. All’inizio dell’anno con l’uccisione del generale Qasem Soleimani sembrava che si fosse sull’orlo di una guerra ad ampio raggio: invece la tensione con gli USA è rimasta sicuramente alta ma tuttavia costante. Nei fatti le questioni rimangono tutte sul tappeto: la presenza iraniana in Siria, il programma nucleare, la guerra in Yemen, l’odio tra Iran e Arabia Saudita, il petrolio (recente è il caso delle 4 petroliere iraniane approdate in Venezuela); il tutto con una politica americana indecifrabile ed erratica, come testimonia l’invito di Trump a riprendere i negoziati.
Spesso però la nostra effettiva conoscenza dell’Iran, Paese grande per estensione, storia e importanza geopolitica, si limita a qualche titolo di giornale o a qualche notizia eclatante. Ci aiuta un recentissimo libro del viaggiatore Renzo Garrone, autore di numerosi reportage, scrittore e uno dei primi in Italia a praticare e far conoscere il “turismo responsabile”. Con questo approccio il viaggio diventa incrocio di biografie e di volti, lentezza, lontananza dai circuiti standard, a volte solitudine, sempre incontro con l’alterità. Con uno stile che ricorda il maestro dei narratori di viaggio, il polacco Ryszard Kapuściński, Garrone ci accompagna in lungo e in largo in Iran, tra città, deserti, paesi agricoli, povertà e voglia di uno stile di vita più libero. In epoca di Covid-19 un libro simile ci fa davvero viaggiare restando a casa nostra.
“Isolato ma accogliente” questo il titolo del volumetto, di cui l’autore ci ha già parlato in un articolo per Unimondo. Una parola che pervade le pagine è senza dubbio “sanzioni”, perché esse segnano la vita della gente ormai da decenni. Sono quelle americane, che da 40 anni colpiscono il regime degli ayatollah e che oggi sono ritornate violentissime dopo l’uscita degli USA dal trattato sul nucleare firmato anche da Russia, Cina e Paesi Europei. Le sanzioni mettono a dura prova soprattutto le persone, come sta accadendo in relazione alla risposta iraniana al virus, mentre il potere costituito – di cui Garrone rivela anche da particolari minuti l’oscurantismo, il militarismo e i metodi dittatoriali e oppressivi – regge e paradossalmente diventa più forte e arcigno. Quindi più pericoloso.
La discrepanza (a volte una silenziosa resistenza) tra il sentire della gente e il regime sovrastante è una dimensione tipica degli Stati non democratici. La realtà dell’Iran non è quella propagandata dai chierici che dovrebbero parlare a nome di Dio e della rivoluzione. Ma non è neppure quella, uguale e contraria, disegnata dagli stereotipi occidentali che lo dipingono come teocrazia fondamentalista.
Le persone incontrate da Garrone ci tengono a distanziarsi, magari sottovoce ma chiaramente, dal regime. Questo fenomeno è molto istruttivo. Più la democrazia è efficiente e matura, più il popolo si può rispecchiare nei suoi leader (di governo e di opposizione) e viceversa. Più i regimi sono autoritari più la gente dirà “non siamo come chi ci rappresenta”. Nel libro di Garrone lo si coglie già dalle bellissime immagini in bianco e nero che corredano i densi capitoli. Ci sono le gigantografie degli onnipresenti Khomeyni e Khamenei, più quelle di qualche martire caduto nelle guerre in Iraq, Siria, Libano, opposte alle foto di giovani orgogliosi e solari, di ragazze ridenti e fuggitive dietro ad un velo che le mostra i capelli, di anziani con le mani solcate dalla fatica. Il 60% della popolazione ha meno di 30 anni. Dietro di loro c’è la storia e la fierezza dei Persiani, degli Achemenidi (la dinastia di Ciro e di Dario), dei Parti, degli imperi che facevano cardine tra la Cina e l’Europa. Insomma non possono essere rinchiusi nella visione di Trump.
Una descrizione simile ce l’ha data Roberto Bongiorni sull’inserto della domenica del Sole 24 ore del 7 giugno scorso parlando delle mostre, delle sfilate di moda e degli eventi culturali presenti a Teheran: “Arte contemporanea nella Repubblica islamica dell’Iran e tecnologie digitali. Non è un connubio improprio, un paradosso. Agli occhi dei giovani iraniani… la rete e i social media sono sempre stati un punto di forza per bypassare le restrizioni alla vita sociale imposte dal regime. D’altronde Teheran è una pentola a pressione. Esploderebbe se non la si lasciasse sfiatare. Il regime lo ha compreso. E ha fatto suo quel pragmatismo persiano che permette, entro centro limiti, la convivenza di stili di vita apparentemente inconciliabili”.
Il virus sta colpendo duro l’Iran: i casi positivi hanno raggiunto quasi quota 200 mila con un incremento di circa 2500 casi al giorno. Il turismo si è bloccato. Anche perché nel Paese non si possono usare carte di credito o similari, causa embargo. Ma proprio in questo settore gli Iraniani si rivelano accoglienti, aprono le porte delle loro case, immaginano soluzioni nuove rinunciando al turismo di massa. Forse potremmo imparare qualcosa anche noi, al di là di qualsiasi pregiudizio.
Piergiorgio Cattani

Nato a Trento il 24 maggio 1976. Laureato in Lettere Moderne (1999) e poi in Filosofia e linguaggi della modernità (2005) presso l’Università degli studi di Trento, lavora come giornalista e libero professionista. Scrive su quotidiani e riviste locali e nazionali. Ha iniziato a collaborare con Fondazione Fontana Onlus nel 2010. Dal 2013 al 2020 è stato il direttore del portale Unimondo, un progetto editoriale di Fondazione Fontana. Attivo nel mondo del volontariato, della politica e della cultura è stato presidente di "Futura" e dell’ “Associazione Oscar Romero”. Ha scritto numerosi saggi su tematiche filosofiche, religiose, etiche e politiche ed è autore di libri inerenti ai suoi molti campi di interesse. Ci ha lasciati l'8 novembre 2020.