Pesca: l'Italia chiede deroghe all'Ue e fa razzia di novellame

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Alcuni Paesi mediterranei, tra cui l'Italia, da diversi anni reclamano deroghe e proroghe delle disposizioni comunitarie (quelle del Regolamento CE 1626/94) che prevedevano l'entrata in vigore del divieto di pesca al novellame di Sardina (c.d. "bianchetti"), e del Rossetto (quest'ultimo pesce adulto ma di piccole dimensioni). Come l'anno scorso, anche nel 2005 il Ministero delle Politiche Agricole ha sponsorizzato in sede UE la solita richiesta di tipo lobbistico di alcune categorie interessate, con l'ambigua motivazione, citata nel Decreto italiano, "dei risultati conseguiti nel corso delle ultime campagne di pesca del novellame da consumo e del Rossetto".

Ancora per il 2006, quindi, l'Italia ha strappato al Commissario UE per la pesca la proposta di prorogare la pesca a bianchetti e rossetti in attesa del varo della riforma comunitaria sulle misure tecniche per il Mediterraneo, il cui accordo dovrebbe essere raggiunto - appunto - il prossimo anno. LAC e LAV denunciano che "di proroga in proroga, la pesca al novellame, nata come deroga sperimentale, sta diventando la norma perpetua, e l''appetito vien mangiando' (o meglio⅀ depauperando!). Una pesca antieconomica, a livello di programmazione a lungo termine, ma a quanto pare gradita a chi vuole monetizzare nell'immediato l'annientamento delle popolazioni ittiche costiere, alla faccia del destino della pesca delle future generazioni".

LAC e LAV ricordano che questa forma di pesca sconvolge gli equilibri esistenti facendo scomparire quel primo anello della catena alimentare marittima costituita dal bianchetto. Infatti il bianchetto (novellame composto da sarde, alici e alaccie) da sempre ha costituito la base della catena biologica. Il numero crescente di imbarcazioni, gli strumenti sempre più sofisticati che localizzano esattamente i banchi di minutaglia più consistenti, le maglie delle reti al di sotto dei 5 mm. consentiti dalla legge, i bassi fondali su cui le imbarcazioni operano, consentono lo sfruttamento sistematico di questo fondamentale bene biologico marino. Le autorizzazioni vengono concesse dal Ministero delle Politiche Agricole.

Queste "sperimentazioni" avrebbero dovuto terminare il 31 maggio del 1997 ma - senza giustificate motivazioni - si è sentita l'opportunità di prorogare e ampliare il regime sperimentale a tutt'oggi, nonostante la netta contrarietà anche di numerosi esperti di gestione degli stocks ittici e di parte dello stesso mondo della pesca marittima. Si continua a sottoporre gran parte delle coste italiane ad uno sforzo di pesca inusuale e sovradimensionato rispetto alle normali possibilità di autorigenerazione. Una situazione di "non ritorno" insomma, che non soltanto gli ambientalisti e gli animalisti, ma specialmente i pianificatori più responsabili dell'economia della pesca , non dovrebbero più tollerare.

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