#terrealte | In alta montagna fa più caldo

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In montagna fa più caldo, e non è normale, lo intuiamo. Ma uno studio internazionale uscito su Nature Communications lo conferma con evidenze derivate dalla mappatura delle temperature in alta montagna in diverse zone del globo. Ebbene, il riscaldamento è stato molto più intenso in prossimità dei ghiacciai ed è stata rilevata anche una diminuzione della durata della stagione con neve al suolo. Sono le conseguenze del cambiamento climatico, quelle purtroppo sotto gli occhi di tutti, ma che non hanno ancora sufficiente urgenza nelle agende politiche internazionali. Anche perché le diverse aree del nostro Pianeta non si stanno riscaldando tutte alla stessa velocità e quindi… chi se ne importa delle aree di alta montagna? A chi interessa se è lì che si soffrono particolarmente gli effetti del riscaldamento globale? 

Fino a oggi mancavano dati che coprissero con elevato dettaglio in tutto il mondo queste aree così delicate, dati che ricercatrici e ricercatori dell’Università degli Studi di Milano e del CNR-IGG (dell’Istituto di geoscienze e georisorse del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa), in collaborazione con il MUSE - Museo delle Scienze di Trento e con la University of Texas - Austin, hanno provato a colmare. 

Centinaia di sensori sono stati installati in prossimità dei ghiacciai che si trovano in diverse aree del mondo, dalle Alpi alle Ande del Perù fino alle isole Svalbard (vicino al Polo Nord), con l’obiettivo di misurare la temperatura del suolo e produrre la carta più dettagliata ad oggi esistente della temperatura nelle aree di alta montagna, dove si rilevano differenze anche tra zone che si trovano a poche decine di metri di distanza. Analizzando gli ultimi 20 anni, ricercatrici e ricercatori si sono accorti che alcune aree di alta montagna si stanno riscaldando ancor più di quanto atteso dai modelli globali.

La situazione è particolarmente grave per le montagne delle aree tropicali e sub-tropicali e per le zone in prossimità dei ghiacciai. Il ritiro dei ghiacciai e la riduzione del manto nevoso stanno inoltre probabilmente amplificando il tasso di riscaldamento. La presenza di neve e ghiaccio, infatti, può tamponare l’aumento della temperatura, ma la loro scomparsa dalle aree di alta montagna in tutto il mondo sta cambiando questi ecosistemi importantissimi a una velocità senza precedenti: in tutte le fasce latitudinali, nell'ultimo ventennio, le aree prossime ai ghiacciai si sono scaldate circa il doppio di quelle situate a soli 3 km di distanza e la durata della stagione con neve al suolo è diminuita per anno di un range che va dalle da 2 settimane a un mese.

Mauro Gobbi, ricercatore dell’Ufficio Ricerca e Collezioni MUSE e coautore dello studio,  commenta come si tratti di “un lavoro di grande rilevanza del quale siamo molto orgogliosi. Grazie agli innumerevoli dati, raccolti anche dal MUSE in circa dieci anni di attività di ricerca sui ghiacciai dell'arco alpino italiano – in Trentino, per esempio, abbiamo investigato la Vedretta d’Agola nel gruppo del Brenta e d'Amola in Presanella – siamo riusciti a sviluppare modelli globali di temperatura funzionali a capire come varia la temperatura dei terreni liberati dai ghiacciai in ritiro alle varie latitudini. I risultati che abbiamo descritto nell’articolo ci aiutano a comprendere meglio come gli organismi animali e vegetali reagiscono ai cambiamenti climatici in alta quota e a capire quali sono le urgenze conservazionistiche delle quali ci dobbiamo occupare”.   E prosegue sottolineando i pericoli per la biodiversità sia vegetale che animale degli ambienti glaciali, dove certe zone e alcuni ghiacciai “stanno reagendo più velocemente di altri ai cambiamenti climatici e ciò può comportare il rischio di estinzione accelerato per alcune specie di piante e animali. Allo stesso tempo ci sono terreni limitrofi ai ghiacciai che stanno dimostrando una variabilità termica molto marcata anche a scala spaziale limitata (poche decine di metri di distanza)”.

Cosa vuol dire? In buona sostanza significa che per animali che hanno una buona mobilità (per esempio ragni e altri insetti) una porzione di terreno che riesce a mantenersi più fresca, soprattutto durante la stagione estiva, può fungere da area di rifugio per le specie adattate agli ambienti freddi. D’altro canto però, un generale riscaldamento così marcato del terreno nei pressi dei ghiacciai sta aumentando drammaticamente il rischio di estinzione della biodiversità esclusiva degli ambienti glaciali che, ricordiamo, è patrimonio naturalistico a livello globale.

Anna Molinari

Giornalista freelance e formatrice, laureata in Scienze filosofiche, collabora con diverse realtà sui temi della comunicazione ambientale. Gestisce il progetto indipendente www.ecoselvatica.it per la divulgazione filosofica in natura attraverso laboratori e approfondimenti. È istruttrice CSEN di Forest Bathing. Ha pubblicato i libri Ventodentro (2020) e Come perla in conchiglia (2024). Per la testata si occupa principalmente di tematiche legate a fauna selvatica, aree protette e tutela del territorio e delle comunità locali.

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