Trivelle e petrolio, perché il governo ha paura dell’election day

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Anticipare i tempi del voto per ridurre al minimo quelli del confronto pubblico. È la mossa del governo nel tentativo di scongiurare a tutti i costi brutte sorprese al referendum anti trivelle. Il Consiglio dei Ministri ha quindi fissato per il 17 aprile la data del voto. Sbarrando la strada alle speranze di un election day chiesto dalle Regioni, dagli ambientalisti e dai comitati No Triv. E mandando in fumo circa 300 milioni di euro (tanto costa un giorno di voto).

Giochi chiusi? Forse non del tutto. L’ultima parola spetta al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che potrebbe non accettare la proposta del governo. Decidendo dunque di accorpare la consultazione referendaria alle prossime elezioni amministrative. E facendo risparmiare centinaia di milioni di euro allo Stato. Ipotesi considerata però remota da molti.

Il referendum anti trivelle spaventa il governo Renzi che ha puntato molto sul decreto cosiddetto Sblocca Italia e le estrazioni di idrocarburi come asset strategico nazionale. Anche se il gas contenuto sotto i nostri fondali marini coprirebbe solo sette settimane di fabbisogno energetico. Non molto, considerando che l’obbiettivo dichiarato è di garantire autonomia energetica al nostro Paese.

Il 17 aprile si voterà quindi per decidere se abrogare o meno l’articolo 6, comma 17, del codice dell’Ambiente che regola la durata delle autorizzazioni alle esplorazioni (ed estrazioni) già rilasciate. In breve, Regioni e i No Triv chiedono di limitare la durata delle concessioni esistenti prima di aver esaurito le riserve naturali di gas e petrolio.

Perché spremere i nostri fondali fino all’ultima goccia, rischiando danni ambientali ed economici incalcolabili? Se lo chiedono gli ambientalisti, ma anche le Regioni che puntano su pesca, turismo e attività lavorative legate al mare e al territorio. Per il presidente del Consiglio regionale della Basilicata in questo modo si finisce per mortificare la possibilità di partecipazione consapevole dei cittadini al referendum. “Due mesi non bastano nemmeno per aprire la discussione”, attacca.

Di “decisione antidemocratica e scellerata” e di “truffa pagata coi soldi degli italiani”, parla Andrea Boraschi di Greenpeace, secondo cui “Renzi sta giocando sporco, svilendo la democrazia a spese di tutti noi”. Mente per Greenpeace l’election day garantirebbe i tempi necessari per poter informare i cittadini, senza “moltiplicare inutilmente gli appuntamenti degli italiani alle urne”.

La partita, si è capito, è squisitamente politica. E il governo è intenzionato a giocare ogni carta per evitare che il referendum anti trivelle possa intralciare i suoi piani. Anticipandolo alla prima domenica utile nell’estremo tentativo di sabotare il voto.

Massimo Lauria da Remocontro.it

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