Rio +20: “Il futuro che vogliamo”

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“A vent’anni dalla conferenza di Rio del 1992 abbiamo assistito ad un peggioramento delle condizioni ambientali. Ad esempio nella contaminazione da sostanze chimiche o nello stato degli oceani. Inoltre, Agenda 21 [il programma per lo sviluppo sostenibile che era stato adottato dalle nazioni unite a Rio 92] è stato completamente riscritto dalla globalizzazione e dal WTO, che hanno introdotto un modello di sviluppo basato sulla liberalizzazione. Ma c’è una buona notizia: la crisi economica.”

Con queste parole Martin Khor, del III world network, introduce la sua analisi su “quello che Rio+20 dovrebbe fare per raggiungere il futuro che vogliamo”. Siamo a Rio Centro, enorme centro conferenze alla periferia della capitale brasiliana dove in questi giorni sta per tenersi la sessione ufficiale di Rio+20, la conferenza Onu sullo sviluppo sostenibile. Oggi siamo nel pieno dei tre giorni di Prep.Con., l´incontro di preparazione in cui i negoziatori proveranno a risolvere la maggior parte dei disaccordi sulla bozza di documento che dovrebbe uscire dal vertice. Il titolo è ambizioso. “The future we want”, “il futuro che vogliamo” e i contenuti non sono da meno: disegnare una strategia per una economia verde globale e la creazione di strumenti legislativi internazionali a favore dello sviluppo sostenibile.

“La crisi ha fatto perdere a molti paesi la fiducia nell’economia liberale - prosegue Martin Khor - e l’attenzione è su come prevenire ulteriori crisi. Questo dà più speranze al vertice.” Anche se non mancano le critiche ad un documento “centrato più sulla green economy che sullo sviluppo sostenibile”. “Quando parliamo di sviluppo sostenibile parliamo di creazione di posti di lavoro, di sicurezza sociale, di riduzione delle disuguaglianze sociali. Ma queste cose non sono implicitamente incluse nel concetto di green economy!”

“Esistono alcune questioni ancora aperte che dovranno essere risolte dai negoziatori e dai capi di stato” continua Vicente Yu, del Third world network, “nei 10 paragrafi collegati all’agricoltura non è ancora chiaro se si vuole promuovere o transitare verso delle coltivazioni sostenibili. Però ci sono anche dei punti positivi che vanno sottolineati, come la centralità del ruolo delle donne sulla tematica o l’introduzione del documento del «diritto al cibo»”.

Anche sul piano dei finanziamenti poi i dubbi sono numerosi: “c’è bisogno di finanziamenti ma gli stati hanno già speso molti soldi per salvare le banche dalla crisi economica.” dice Vicente Yu. Non è nemmeno chiaro come dovrebbe avvenire il trasferimento di tecnologie, per ora rimandato ad interventi delle singole aziende e non coordinato a livello politico.

Certo è che “non si risolvono i problemi ambientali se prima non si risolvono quelli politici”. E la scarsa partecipazione di Capi di Stato a questa conferenza è un indice del poco interesse che Europa e America stanno dando alla pianificazione ambientale.

Rischia di essere quindi un altro vertice fiacco con solo condivisione di intenti? “Può essere”, dice Khor, “ma queste cose funzionano come in una famiglia. Quando un bambino piccolo promette che non mangerà più cioccolata e che farà sempre i compiti sappiamo che probabilmente non sarà così. Ma é bene che continui a dirlo. Perché se un giorno quel bambino dicesse “lascio la scuola e mangio tutta la cioccolata che voglio” i rapporti con la famiglia sarebbero definitivamente rotti. Anche un documento di buone intenzioni ha la sua importanza.”

Da Rio de JaneiroAgenzia internazionale giovanile di stampa Rio+20

Grazie al contributo di:

Assessorato alla solidarietà internazionale della Provincia autonoma di Trento

Assessorato all’ambiente della Provincia autonoma di Trento

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