A Milano si pedala verso il futuro

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Foto: Unsplash.com

Strade aperte: un’idea che ha destato l’attenzione, peraltro su questi temi sempre alta, non solo di The Guardian ma anche del team di Greta Thunberg, che con un tweet ha elogiato l’ambizioso piano presentato dalla città di Milano per la mobilità attiva. Ma di cosa si tratta?

Durante la recente quarantena in molti hanno auspicato quel cambio di rotta indicato come necessario già da tempo. La brusca e forzata interruzione di tante attività, tralasciando in questa sede le pesanti conseguenze economiche di una condizione diffusa che non è stata progettata con lungimiranza ma subita nell’arco di un tempo brevissimo, ha indubbiamente messo in luce gli innumerevoli lati positivi di una presenza umana caratterizzata da attività meno invadenti, più sostenibili, più pulite. Soprattutto per quanto riguarda la riduzione del traffico sulle strade e il potenziamento dell’utilizzo di mezzi di spostamento più leggeri e meno inquinanti, come per esempio la bicicletta.

Ecco quindi le condizioni da cui prende avvio il progetto Strade aperte, che ha l’obiettivo di ridurre, in una delle città più inquinate d’Europa e più trafficate d’Italia (oltre un milione di auto in entrata ogni giorno), l’utilizzo dell’automobile, attraverso la riconversione entro l’estate di 35 chilometri di rete stradale in rete ciclabile e aree pedonali. Primo traguardo: evitare che nella cosiddetta “fase 2” della ripresa post quarantena l’automobile diventi, per ragioni di sicurezza personale e di sfiducia verso le possibili condizioni igieniche di altre forme di mobilità, come i trasporti pubblici e il car sharing, il mezzo principale per gli spostamenti dei cittadini, in un contesto dove, in condizioni normali, più del 55% dei cittadini utilizza i mezzi pubblici per spostarsi. Utilizzare quindi la macchina come luogo privato e più sicuro sarebbe una scelta che, è evidente, andrebbe a peggiorare notevolmente la qualità dell’aria – e di vita – dei milanesi e di chi in città vive o lavora.

Janette Sadik-Khan, ex commissaria per i trasporti di New York, guarda all’idea di Milano come a un piano di mobilità decisamente attuabile, e nei suoi tweet ribadisce l’importanza di provvedimenti visionari e orientati alla sostenibilità: Non si tratta della morte della macchina, quando della rinascita della città. Quando le persone hanno la possibilità di scegliere, acquisiscono indipendenza nella scelta dei mezzi di trasporto”. E rinforza: “La sfida che affrontiamo non è se le città sopravviveranno o meno. La questione sta piuttosto nel capire se abbiamo l’immaginazione e la visione necessarie per trasformare le strade in luoghi più sicuri e accessibili, per costruire le città resilienti di cui abbiamo bisogno”.

Ancora una volta dobbiamo riconoscere che nelle crisi si nascondono opportunità, si tratta “solo” (perché lo sappiamo, non è facile, non è scontato, non è indolore né a costo zero) di saperle riconoscere con coraggio e lungimiranza: ripensare il tessuto urbano delle nostre città è un’occasione irripetibile da cogliere al volo per migliorarle non solo da un punto di vista ambientale (qualità dell’aria, sostenibilità), ma anche da un punto di vista di vivibilità sociale (sicurezza, salute). E anche se nella “fase 2” molte città puntano a contenere l’uso dell’automobile (Brighton, Londra, Dublino solo per citarne alcune), è proprio la scelta di ripensarne la viabilità sul medio-lungo periodo che può fare la differenza per il domani.

Marco Granelli, assessore Mobilità e lavori pubblici di Milano, pur confermando che il piano è in lavorazione, lo annuncia come un progetto realizzabile in poco tempo e a basso costo, che comprende la realizzazione di piste anche temporanee, la riduzione del limite di velocità per le auto a 30 km orari in molte strade carrabili, l’ampliamento o la realizzazione di nuovi marciapiedi e in generale la creazione di aree e piste dedicate alla mobilità attiva e alla micromobilità: lavori che si orientano a far fronte a una situazione che potrebbe durare mesi e che, come già sta accadendo, sta diventando una nuova normalità per tutti.

Sono provvedimenti che necessitano anche di un ripensamento dell’intermodalità e di incentivi che, come già avviato in alcune regioni, prevedano contributi a fondo perduto per l’acquisto di e-bike e per i servizi di bike sharing, atti a valorizzare spostamenti più leggeri, come pochi giorni fa richiesto al Governo anche da Fiab (Federazione italiana ambiente e bicicletta) e da altre associazioni ambientaliste. Con la speranza che si moltiplichino con urgenza anche in altre città proposte concrete per una mobilità alternativa, che non sia solo una temporanea soluzione di tamponamento, ma appunto una prospettiva di lunga durata per le nostre città. Ormai l’abbiamo capito: possiamo abituarci a tutto, ma alle cose belle ci abituiamo più volentieri e più in fretta.

Anna Molinari

Giornalista freelance e formatrice, laureata in Scienze filosofiche, collabora con diverse realtà sui temi della comunicazione ambientale. Gestisce il progetto indipendente www.ecoselvatica.it per la divulgazione filosofica in natura attraverso laboratori e approfondimenti. È istruttrice CSEN di Forest Bathing. Ha pubblicato i libri Ventodentro (2020) e Come perla in conchiglia (2024). Per la testata si occupa principalmente di tematiche legate a fauna selvatica, aree protette e tutela del territorio e delle comunità locali.

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