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Una folla green in piazza a Berlino
Bioagricoltura
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Maialini di peluche e circa 70 veri trattori (non riproduzioni in miniatura) hanno invaso il centro di Berlino il 18 gennaio scorso, allietati dal suono indiscreto di fischietti e di mestoli che percuotevano energicamente delle pentole. Non mancavano cartelli, striscioni e bandiere che hanno presto richiamato l’attenzione delle oltre 420 mila persone accorse nella capitale tedesca per l’annuale edizione della “Internationale Grüne Woche” (la “Settimana Verde Internazionale”), la fiera dell’agricoltura più grande del mondo. I numeri della manifestazione sono straordinari: 26 padiglioni di stand con i prodotti e tutte le novità più disparate in campo agricolo e biologico, 1600 espositori provenienti da 60 Paesi del globo, distribuiti su 115mila mq (pari a circa dieci campi da calcio). Prestigiosa per le sue dimensioni e per essere giunta alla sua 79° edizione (la prima ha avuto luogo nel lontano 1926), la fiera è anche un appuntamento politico ai più alti vertici della Germania, dei partner europei e dei funzionari di Bruxelles sul futuro della sicurezza degli alimenti, dello sviluppo rurale e dell’economia verde. Un summit internazionale in piena regola a cui non hanno mancato di partecipare il Commissario Europeo all’Agricoltura e Sviluppo Rurale, Dacian Ciolos, e il Ministro Federale agli Alimenti, Agricoltura e Protezione dei Consumatori della Germania, Ilse Aigner, la Cancelliera tedesca Angela Merkel e circa 70 Ministri e vice-Ministri internazionali dell’Agricoltura.
Tra gli altisonanti discorsi del vertice internazionale e le centinaia di migliaia di visitatori pronti a degustare pregiati whiskey scozzesi, spremute biologiche e miele dall’Estonia, grassi maialini alla brace provenienti dalla Polonia, dolci e cereali finlandesi, minestre di patate e formaggi dall’Austria, vino dalle valli della Mosella, e tante altre specialità frutto dei progetti selezionati, con l’intrattenimento di giovani acrobati tedeschi, di musica folk, di dimostrazioni culinarie e quiz, migliaia di contestatori si sono radunati nella capitale tedesca. Tra le 25 e le 30 mila persone si sono presentate ai cancelli della fiera per protestare contro gli allevamenti intensivi in Germania, chiedendo la chiusura e il ridimensionamento di un settore accusato dello sfruttamento eccessivo di piante, terreni ed animali. A essere presi di mira sono l’agricoltura industriale e transgenica, l’abuso di pesticidi, ma anche l’accordo transatlantico sul commercio: il cosiddetto TTIP, ovvero Transatlantic Trade and Investment Partnership, che rischierebbe di introdurre in Europa prodotti geneticamente modificati consentiti negli Stati Uniti. Seppure gli organismi dell’Unione Europea specifichino che “le leggi fondamentali, come quelle in materia di OGM o in difesa della vita e della salute umana, della salute e del benessere degli animali o dell’ambiente e degli interessi dei consumatori, non rientreranno nei negoziati”, la ricerca di uno snellimento delle procedure commerciali in materia potrebbe finire per toccare in definitiva i rispettivi sistemi di autorizzazione.
Le voci dei manifestanti introducono le diverse anime del settore “green”: ci si lamenta delle sovvenzioni all’agricoltura, più concentrate sui grandi che sui piccoli, e che favoriscono di fatto l’agricoltura industriale. Si collezionano storiche lotte contro lo sviluppo dell’energia nucleare, e l’inquinamento diffuso che distrugge delicati equilibri ambientali. O si evidenziano aspetti sottovalutati per un settore rilevante per l’economia tedesca quale quello dell’esportazione di capi di bestiame: la ong tedesca Bund, ad esempio, denuncia che il liquame prodotto dagli allevamenti fa salire il livello di azoto nelle falde acquifere, con notevoli rischi per la salute umana. Gli impressionanti numeri che inoltre tributano alla Germania il primato europeo per la macellazione della carne (ogni anno ben 58 milioni di suini, 630 milioni di polli e 3,2 milioni di bovini) includono tutta una serie di danni collaterali, quali scandali alimentari, abuso di antibiotici o residui di ormoni nella carne, come evidenziato nel dossier FleishAtlas 2014.
Le voci si uniscono in un coro quando si chiede al governo tedesco un maggiore impegno per avere cibo e prodotti agricoli sani, ponendo fine agli allevamenti intensivi, agli OGM e all’agricoltura industriale. Il grido “Wir haben es satt!” (“ne abbiamo avuto abbastanza”) si diffonde rapidamente fra i manifestanti di Potsdamer Platz, racchiudendo insieme parole di protesta e aspirazioni a una sterzata forte della politica, delle lobby e, perché no, dei consumatori, nella direzione che essi auspicano. “Se l’Europa perde i piccoli agricoltori e le sue famiglie di agricoltori”, ha arringato dal palco Carlo Petrini, il fondatore di Slow Food presente alla manifestazione, “perde la sua storia, la sua cultura e la sua identità e nulla esisterà più”. Una chiara e incontrovertibile richiesta di cambiamento ha preso il via a Berlino.
Ci si augura senz’altro che la Germania si faccia promotrice di questo cambiamento in seno all’Unione Europea, traghettando le sue politiche, gli investimenti e gli incentivi verso produzioni più sane e sostenibili. La cronaca giornalistica alla conclusione della straordinaria protesta riporta però solo la notizia della condivisione da parte del Ministro tedesco dell’Agricoltura, Ilse Aigner, della richiesta dei manifestanti di una totale trasparenza delle etichette dei prodotti. “Siamo di fronte a una svolta: i consumatori non guardano solo più al prezzo, ma anche alla qualità dei prodotti; è quindi importante che l’etichettatura di questi sia chiara”. Parole che ancora una volta evidenziano quel passo in più compiuto dalle persone-consumatori, che politica e lobby di sistema faticano a far entrare nelle redditizie dinamiche economiche che governano.