Forum: la nostra Africa con i produttori di cotone

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Tre giorni di lavori molti intensi, circa 5000 delegati ogni giorno a partecipare a eventi e seminari, un incrocio di lingue - tra inglese, francese, bambarà e il nostro italiano, tra le delegazioni europee più consistenti - ma anche di culture e costumi, con il blu delle vesti tuareg e le stampe coloratissime delle donne africane a catturare attenzione e suscitare energia. Il Forum sociale mondiale a Bamako ci ha aperto una nuova pista di lavoro: quella di ricondurre le riflessioni e i saperi del movimento altermondialista alle pratiche concrete che in questo continente prendono le braccia e i volti dei movimenti delle donne, delle reti contadine, dei produttori, degli artigiani che fronteggiano quotidianamente i propri governi e i nostri per garantire la sopravvivenza alle proprie comunità. Qui le lotte per un altro mondo possibile sembrano ancora più necessarie, le pratiche per un'altra economia cruciali quanto ancora allo stadio iniziale, le agende dei movimenti ancora più concrete e ambiziose. Esse guardano, infatti, a un aumento della produttività nei campi, alla crescita delle reti di consumo interno, almeno quanto a far crescere la propria presenza e pressione sulle agenzie Onu come Unctad e Fao, ma anche sulla Wto, la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale.

COTONE: UNA TRAPPOLA PER L'AFRICA?

"L'obiettivo, chiaro ed ambizioso, e' quello di raggiungere le persone dove vivono, costruendo assieme e dal basso un'agenda comune contro il neroliberismo. Bamako vuole essere il primo passo per radicare il Forum Sociale Mondiale in Africa e mobilitare persone, comunita', esperienze in tutto il continente". Aminata Traore' e' l'anima ispiratrice di questo Forum. Se il Consiglio Internazionale puo' essere considerato il luogo della programmazione, Aminata, gia' Ministro della cultura del Mali ora attivista sociale e scrittrice, rappresenta il collegamento diretto con l'Africa "il continente piu' duramente colpito dalla globalizzazione neoliberista".
Oltre quindici organizzazioni nazionali, dai sindacato alle organizzazioni contadine passando per studenti e movimenti femminili, piu' di diecimila accrediti ed oltre seicento iniziative. Una struttura cjhe ricorda nelle sue linee generali le precedenti versioni del WSF, ma che in Africa acquisisce una nuova connotazione, legata alle condizioni sociali (piu' dell'80% dei maliani non sa ne' leggere ne' scrivere) alla forte crisi dell'area rurale dovuta a scelte di politica economica troppo orientate all'aumento del PIL e poco al miglioramento reale delle condizioni di vita.

Una volta la ricetta era semplice: cotone, esportazione, valute estere. Oggi alla stessa ricetta i contadini africani rispondono duramente e non soltanto a livello locale, ma portando addirittura nelle segrete stanze della Wto, l'Organizzazione Mondiale del Commercio" la loro scomoda posizione. Scomoda per tutti, governi, grandi istituzioni internazionali e, perche' no, anche alcune Ong di sviluppo. Ibrahima Coulibaly e' un riferimento importante per i contadini africani, e' presidente della CNOP, il Coordinamento Nazionale delle Organizzazioni Contadine, legata a ROPPA e collegata a Via Campesina. "La questione cotone non puo' essere ridotta al semplice problema dei sussidi" racconta Ibrahima negli uffici della CNOP all'estrema periferia della capitale Bamako, "tutta la discussione rischia anzi di essere fortemente fuorviante, perche' la coltura del cotone in Mali e' una vera e propria trappola".

E' necessario un cambio di rotta evidente, la denuncia delle sovvenzioni alla produzione di cotone degli Usa (in particolare i sussidi interni, lasciati intoccati a Hong Kong, piu' che i sussidi all'export) e' fondamentale per porre nuovamente le questioni su un piano di giustizia, ma diventa rischiosa se non contestualizzata; "la progressiva privatizzazione della CMDT, la Compagnia tessile Maliana originariamente pubblica, ha portato ad un peggioramento delle condizioni dei contadini, che usano oramai la coltivazione di cotone per poter aver accesso al credito ed ai servizi come i fertilizzanti ed i pesticidi, risorse e sostanze che utilizzano in particolare per la coltivazione per alimentazione, fortemente penalizzata rispetto al cotone".

Le alternative? "Differenziazione rispetto al cotone e sviluppo di sistemi agricoli che si autosostengono - sostiene Coulibaly - basati su mercati locali e regionali e fortemente regolamentati". L'onda lunga dell'accordo di Hong Kong e' arrivata persino sulle rive del fiume Niger: non un Round per lo sviluppo, ma un Round per il libero commercio. Sara' il problema della sovranita' economica ed agricola, assieme all'immigrazione, uno dei temi centrali di questo assaggio di Forum africano.

Per approfondire: La via del cotone, Tradewatch - Osservatorio italiano sul commercio internazionale.

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