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EuropAfrica: l'agricoltura salvata dalle donne
Bioagricoltura
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Raccontare e condividere il valore dell'agricoltura familiare nel Nord come nel Sud del mondo, nell'ambito del Mese di attività per la sovranità alimentare lanciato in occasione dello Special Forum Fao sull'alimentazione di fine ottobre. Promuovere solidarietà ai piccoli produttori del sud e del nord del mondo. Necessità di un'azione di lobby congiunta sui bilanci pubblici e sulle istituzioni internazionali perché sia data la priorità al sostegno delle produzioni locali, biologiche, di qualità e al ruolo multifunzionale dell'agricoltura familiare e di piccola dimensione.
L'incontro 'Globalizzazione e Sovranita' Alimentare - dalle politiche alle pratiche' organizzato ieri alla FAO dalle ong Terra Nuova, Crocevia, la federazione Cipsi, Chiama l'Africa e da organizzazioni contadine come Coldiretti, ARI e AIAB per la campagna "EuropAfrica-Terre Contadine", con la partecipazione del Forum delle donne per l'agricoltura, ha messo a confronto produttrici africane e italiane sugli stessi problemi: terre accaparrate dalle monoculture, desertificazione, defezione dei giovani dall'agricoltura, scarso accesso al credito, mercati controllati dalla grande distribuzione, insufficiente considerazione del ruolo essenziale delle donne e delle loro esigenze.
Ann Naanyu Kilele, contadina keniota, responsabile per le donne nella Federazione keniota di produttori agricoli, ha raccontato la sua esperienza: "Le donne sono le principali attrici dell'agricoltura, sono coloro che svolgono le attività produttive ma anche coloro che vendono, comprano e rimodellano il prodotto trasformandolo nel pasto quotidiano. Sono anche le portavoci dei diritti violati. Eppure non hanno accesso al credito, non possono possedere i terreni, non hanno liberamente accesso alle risorse come l'acqua e l'energia e non hanno accesso all'istruzione. Conseguenza del fatto che non sono affatto rappresentate politicamente".
E le proposte sono state convergenti: progetti di scambio e di cooperazione tecnica tra organizzazioni contadine del Nord e del sud, "politiche internazionali ma anche europee che non finanzino piu' per l'80% le coltivazioni intensive e l'agrobusiness", ha chiesto Ann Naanyu Kilele della piattaforma contadina del Kenya. Si ragioni anche "dell'immagine della donna contadina - raccomanda Josephine Atagana del Cameroun - che ha bisogno di ispirarsi a storie di altre produttrici che sono riuscite con successo ad organizzarsi, a ottenere il credito ed accedere alla terra che in molti Paesi africani ancora non può possedere legalmente ma della quale è la principale forza lavoro".
Ma la prima richiesta è quella di fare lobby comune perché non soltanto si promuova un'assistenza tecnica diversa sul campo, che punti alla valorizzazione dei prodotti, allo sviluppo di abilità nella trasformazione, nella negoziazione dei prezzi, nel marketing, ma si punti a modificare le politiche generali perché diventino un volano dello sviluppo rurale: da accordi Wto che escludano l'agricoltura e le cose viventi dai negoziati sugli scambi a una moratoria degli accordi bilaterali come i Negoziati di Partenariato Economico (APE) che l'Europa sta negoziando con le sue ex-colonie.
Ma le donne sono protagoniste delle possibili risposte alla crisi: "nell'organizzazione di rete, nella filiera corta, nelle colture tradizionali e biologiche - ha spiegato Viola Conti del Forum delle donne per l'agricoltura - uno strumento per la lotta alla fame in Africa e nuova occupazione nel rispetto dell'ecosistema nel nostro Paese". L'agricoltura globalizzata anche in Italia soffre "di nuovo latifondo, provocato - ha raccontato Antonella Bellanca, produttrice di kiwi attiva nella Cia - dall'accentramento delle terre comprate in blocco ai piccoli produttori da parte dei grandi gruppi della distribuzione, capaci di produrre, movimentare e dettare prezzi e condizioni". L'azienda di Costanza Ferrini, legata all'Aiab, che produce olio d'oliva bio in Umbria ma ospita anche esibizioni d'arte, ricorda al convegno che "1000 dei 1500 germoplasma olivicoli, ma il mercato non li premia".
E Tecla Fontana, che ha un'azienda in Veneto associata ad Ari, ha chiarito che "se scegli l'azienda modello, multifunzionale, dovresti poter contare, come chiedono ai loro governi le nostre amiche africani, su investimenti pubblici che anche in Europa, grazie ai fondi PAC, premiano per l'80%le grandi imprese e il commercio, non l'agricoltura contadina, di qualità". Le produttrici africane e italiane si sono confrontate a Roma intorno a una proposta politica e di solidarietà: l'assessore all'agricoltura della Regione Lazio Daniela Valentini, ad esempio, in un messaggio inviato al convegno ha annunciato la costruzione, insieme a EuropAfrica, di un progetto di partnership tra le produttrici del latte del Mali e realta' zootecniche della Regione.
"Un progetto pilota di cooperazione su colture locali che abbiamo proposto anche ad altre Regioni - spiega Nora McKeon di EuropAfrica - come, ad esempio, il riso che vede in partnership Piemonte e Burkina Faso, frutta e verdura per Liguria e Togo, ma anche Toscana e Niger. Nuovi partenariati nei quali, a partire da una coltura tipica comune, i mondi agricoli dei due territori, in Italia e in Africa si mettono al lavoro per scambiare esperienze ed espertise, e per difendere insieme un modello condiviso di agricoltura familiare e di rapporti tra produttori e consumatori.
Prossimo appuntamento per approfondire il dialogo al Forum sociale mondiale di Nairobi, dove le produttrici del Kenia daranno il benvenuto alle loro co-produttrici dell'Italia e delle altre regioni africane.