Amazzonia: siccità per deforestazione e Co2

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La foresta dell'Amazzonia è colpita da una devastante siccità, la peggiore degli ultimi 40 anni, tanto che il 15 ottobre lo stato federale dell'Amazonas ha dichiarato lo stato d'emergenza. Con l'ausilio degli elicotteri l'esercito tenta di rifornire i villaggi lungo i fiumi con acqua potabile e generi alimentari, ma non ci sono garanzie per quanto riguarda il rifornimento in tempi utili di tutti i villaggi più isolati e lontani. L'immediato futuro di circa 700.000 indigeni amazzonici si presenta più che difficile poiché i meteorologi prevedono per i prossimi tre mesi un perdurare delle temperature eccezionalmente alte con piogge particolarmente scarse.

La sopravvivenza di decine di migliaia di indigeni brasiliani delle regioni amazzoniche è drammaticamente minacciata la moria dei pesci negli affluenti del Rio delle Amazzoni. L'acqua potabile di oltre 170.000 persone di 1.200 villaggi è contaminata da milioni di pesci morti che marciscono nei letti dei fiumi ormai secchi. Le autorità temono l'insorgere di epidemie dovute al fatto che molti non hanno altra scelta se non quella di bere comunque l'acqua contaminata con il rischio concreto della dissenteria e del colera. L'alimentazione di almeno 8.000 indigeni dipende inoltre direttamente dalla pesca e ora iniziano a mancano anche i generi alimentari.

La siccità è da ricondurre al progressivo disboscamento della foresta e al cambio climatico. Il Brasile fa parte dei quattro paesi che maggiormente liberano gas serra ritenuti responsabili del cambio climatico. Gli enormi incendi boschivi e disboscamenti dell'Amazzonia causano il 75% delle emissioni di gas serra del Brasile. Una ricerca pubblicata ieri e realizzata da scienziati americani e brasiliani paragona l'Amazzonia brasiliana a un "formaggio svizzero", disseminato di buchi. L'area tropicale ormai distrutta o danneggiata è grande il doppio di quanto si pensasse finora. Con la distruzione della foresta amazzonica si distrugge anche la base vitale di migliaia di indigeni.

"Il Brasile è uno dei paesi più vulnerabili al mondo ai cambiamenti climatici a causa della sua ricchissima biodiversità. Se l'Amazzonia perdesse più del 40% delle sue foreste, raggiungeremmo un punto di non ritorno oltre il quale la foresta più vasta della Terra diventerebbe molto simile ad una savana" ha dichiarato Carlos Nobre, dell'INPE, Istituto nazionale brasiliano per la ricerca spaziale e Presidente del Programma internazionale per la Biosfera. "Questa siccità e i suoi effetti sono davvero impressionanti. Nelle città mancano cibo, medicine e carburante perchè le imbarcazioni non possono risalire i fiumi" ha detto Carlos Rittl, di Greenpeace. "Se il paesaggio che ho visto questa settimana è un segno di quello che ci aspetta, siamo davvero nei guai. Rischiamo di perdere la più vasta foresta pluviale al mondo, la rete dei fiumi e le inestimabili forme di vita che protegge, molte delle quali non ancora non conosciamo

Greenpeace chiede ai governi di agire con urgenza per porre fine alla deforestazione e impegnarsi a ridurre significativamente le emissioni di anidride carbonica, un passo necessario per proteggere la biodiversità della Terra e i milioni di persone che rischiano di soffrire le conseguenze dell'impatto dei cambiamenti climatici e della deforestazione. Ma l'Italia che fa? Il nostro paese importa l'80% del legname impiegato dalla propria industria e nei paesi esportatori l'erosione delle foreste si traduce in un rapido declino della biodiversità, soprattutto perché grandi quantità di legno provengono da taglio illegale. Per questo Greenpeace propone al Governo e alle amministrazioni locali di dotarsi di strumenti che fermino questo traffico. Tra i cosumi di legno e carta gli acquisti pubblici rappresentano circa il 14% del mercato europeo. La campagna "Città amiche delle foreste" propone di far pressione sul proprio Comune affinchè approvi una mozione che chieda il l'uso di prodotti certificati Fsf, per un uso responsabile delle foreste. [AT]

Altra fonte: Associazione per i popoli minacciati

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